mercoledì, 27 Novembre 2024
La triste storia del braccialetto elettronico che non usiamo ma paghiamo
Quante donne vittime di femminicidio si sarebbero potute salvare se ai loro assassini avessero messo i braccialetti elettronici? Donne private della libertà e della vita che non hanno avuto scampo perché chi le perseguitava e poi le ha uccise non è stato controllato nonostante sia previsto dal codice penale. Infatti la legge n. 119 del 15 ottobre 2013 per il contrasto della violenza di genere ha ampliato le possibilità di applicazione del braccialetto elettronico con i risultati che sono sotto gli occhi di tutti.
Basti pensare che in un anno ci sono state 125 vittime di femminicidio (dati Viminale)e in nessuno dei casi si è parlato di braccialetto elettronico. Ma se l’applicazione dei dispositivi nei casi di codice rosso è rimasta a lettera morta anche come misura alternativa al carcere non è andata meglio. Secondo i dati disponibili, il monitoraggio elettronico previsto per reati non superiore ai tre anni (in via facoltativa tra tre e cinque anni) è stato applicato pochissimo dall’autorità giudiziaria. Eppure doveva servire per combattere il sovraffollamento degli istituti penitenziari ed abbattere i costi dei controlli che invece sono aumentati a dismisura per l’acquisto di braccialetti che in pratica nessuno utilizza. Un fatto denunciato anche in una relazione della Corte dei Conti dove si segnala che dal 2001 al 2014 sarebbero stati usati 14 braccialetti con “Una reiterata spesa anti-economica e inefficace” di circa 81 milioni di euro. Mentre secondo il report di Antigone dal 2014 al 2021 ne sono stati usati complessivamente 5.625 con un picco nel 2020 ma di questi il Ministero dell’Interno non ha voluto fornire dati specifici scrive l’associazione che si occupa dei diritti e le garanzie nel sistema penale:
«Non è affatto facile intravedere un legame tra i dati richiesti e i motivi di sicurezza addotti. Una risposta dunque del tutto non convincente, che sembra configurare solamente un’inutile mancanza di trasparenza»
A cosa serve il braccialetto elettronico?
Il braccialetto da la possibilità di controllare a distanza il soggetto arrestato o detenuto nel domicilio, attraverso la sua applicazione al polso o alla caviglia mentre nei casi previsti dal Codice Rosso si potrebbe usare per controllare che il divieto di avvicinamento sia rispettato. C’è inoltre da considerare che in Europa l’uso dei braccialetti nei casi di Codice Rosso sembrerebbe essere molto efficace e la donna dispone inoltre di un’applicazione sul telefono che l’avverte se la persona denunciata si avvicina».
Quanto sono costati i braccialetti elettronici?
Dopo una prima sperimentazione in 5 città italiane iniziata nel 2001 la Telecom S.p.a. nel 2003 si è aggiudicata il servizio con un costo del sistema di dieci milioni annui, per un totale di euro 81.305.000,00 milioni di euro. Trascorso questo tempo il 31 dicembre 2011 allo scadere della convenzione, viene rinnovata nuovamente la Telecom con trattativa diretta (bando?) che si aggiudica un contratto dal 2012 al 2018 per la fornitura di altri 2000 apparecchi. “Dopo alcune traversie iniziali con Telecom e costi elevatissimi nel 2018 a seguito di una procedura di gara europea Fastweb si è aggiudicato l’appalto per fornire nel triennio 2018-2021 circa 1.000 braccialetti al mese per una cifra di circa 23 milioni di euro complessivi. In realtà le attivazioni sono state ben inferiori, ma ciò sarebbe dipeso dalle decisioni delle autorità giurisdizionali competenti» -scrive nella sua relazione l’associazione Antigone. Infine ad aprile 2022 è stato pubblicato un nuovo bando da 31.012.400,00 milioni di euro:
“Affidamento di un servizio di monitoraggio di soggetti con l’utilizzo di strumenti di sorveglianza elettronici (c.d. “braccialetto elettronico)” per gli anni 2023, 2024, 2025 e 2026 e ad oggi non è ancora stato aggiudicato.
In merito abbiamo chiesto all’avvocato Perla Arianna Allegri dell’associazione Antigone maggiori dettagli
Come mai i braccialetti elettronici vengono acquistati e non utilizzati?
«Le attivazioni sono aumentate nel corso del 2020 grazie al Cura Italia, ma permane una certa ritrosia da parte della magistratura nell’applicare i braccialetti. Quando il numero dei dispositivi era ridotto molti giudici non li applicavano perché mancava materialmente la disponibilità degli stessi, ora che Fastweb si è detta disponibile a produrne fino a mille al mese andrebbero forse utilizzati in misura maggiore».
Nella vostra relazione avete scritto che il il Ministero dell’iInterno non pubblica i dati sui dispositivi elettronici. Che dati avete richiesto?
«Il Ministero dell’Interno, Direzione Centrale dei Servizi Tecnico-Logistici e della Gestione Patrimoniale non ha fornito le informazioni richieste di fronte ad una nostra domanda di accesso civico generalizzato promossa. La domanda chiedeva numeri rispetto al numero di dispositivi elettronici attualmente a disposizione dell’Autorità giudiziaria, il numero di quelli attualmente utilizzati per provvedimenti di arresti domiciliari e di detenzioni domiciliari, il numero di dispositivi non funzionanti, eventuali manomissioni o trasgressioni della misura del braccialetto elettronico, il numero di braccialetti elettronici utilizzati per il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa (quelli cd. relativi al Codice rosso). La risposta del Ministero è stata quella di negare le informazioni adducendo che la pubblicazione delle stesse avrebbe configurato un “pregiudizio concreto alla tutela degli interessi-limite inerenti alla sicurezza pubblica e all’ordine pubblico tutelati dall’articolo 5-bis, comma 1, lettera a) del ‘decreto trasparenza».
Cosa dice la norma del Codice rosso sui braccialetti elettronici?
«Con l’introduzione del Codice Rosso il giudice può di fatto, per la prima volta, disporre il divieto di avvicinamento, imponendo all’imputato di non avvicinarsi a luoghi abitualmente frequentati dalla persona offesa e di mantenere una determinata distanza dalla stessa, anche disponendo l’applicazione delle particolari modalità di controllo elettronico. Qualora sussistano ulteriori esigenze di tutela, il giudice può prescrivere all’imputato di non avvicinarsi a luoghi determinati abitualmente frequentati da prossimi congiunti della persona offesa o da persone con questa conviventi o comunque legate da relazione affettiva ovvero di mantenere una determinata distanza da tali luoghi o da tali persone.
L’utilizzo di un dispositivo elettronico dotato di gps permetterebbe pertanto di monitorare in tempo reale gli spostamenti dell’imputato e potrebbe rivelarsi una misura efficace nel coadiuvare l’attività delle forze dell’ordine»