domenica, 24 Novembre 2024
La moda esce all’aperto
La voglia di vivere all’aperto diventa sempre più un’esigenza pressante. Evadere dal contesto urbano, così come concedersi una pausa dalla quotidianità praticando sport o semplici attività ludiche, è diventato un’esigenza fondamentale, un metodo sano per ristabilire l’equilibrio fisico e migliorare la propria qualità di vita. Una tendenza comportamentale iniziata già molti anni fa e in costante evoluzione, lo raccontano i dati e le statistiche, lo raccontano le aziende di marketing che sempre più scelgono progetti di comunicazione ambientati in location affascinanti e paesaggi naturali, per non parlare dell’aumento di pubblicità da parte delle Regioni o dei tour operator. Ad incrementare questa nuova voglia di evasione il periodo pandemico che (finalmente) ci stiamo lasciando alle spalle. La reclusione domestica forzata dal Covid ha confermato nella maggior parte della popolazione la necessità di crearsi nuovi stili di vita, nuove abitudini e nuovi contesti in cui vivere. Un articolo pubblicato su ilsole24ore.com già nel luglio 2020 riportava un’analisi del mercato immobiliare italiano con dati significativi di questo fenomeno, un aumento del 70% di richieste di case con giardino, attici o appartamenti con terrazze.
Evasione, avventura, scoperta di nuovi luoghi, benessere sono quindi le parole chiave, le nuove priorità di una società meno consumistica e che per migliorare la propria qualità di vita preferisce rinunciare a qualche bene materiale a favore di viaggi, attività sportive o spirituali, weekend e gite fuori porta.
A questo punto entra in ballo la moda che, assecondando questa tendenza, rielabora parte delle proprie collezioni per meglio rispondere alle richieste del mercato. La maggior parte delle collezioni estive non a caso sono state ambientate in contesti naturali come giardini, boschi (Burberry, Ermenegildo Zegna), deserti (Yves Saint Laurent) o addirittura campi di grano (Jaquemus). Ma al di là della semplice scelta estetica o di comunicazione la vera evoluzione riguarda la creatività e la volontà di definire uno stile più informale e più casual. Creare un corretto abbigliamento per il tempo libero, per il weekend, per le escursioni, più in generale un abbigliamento outdoor, significa creare capi che si basano sull’estetica, sulla funzionalità, sulla praticità, attraverso le forme, i materiali, i dettagli e gli accessori. Non è un caso che da molte stagioni si parla di contaminazioni sport e dello stile athleisure wear. Molti brand che hanno capito l’importanza di questo fenomeno e l’incidenza che ha sul mercato hanno perfino creato delle label ad hoc, come Asos Activewear o Woolrich Outdoor. Pitti Immagine Uomo, fiera di riferimento dell’abbigliamento maschile, ha appena presentato il programma della prossima edizione (fisica) che si terrà dal 30 giugno al 2 luglio annunciando, tra le altre cose, che uno dei 3 padiglioni tematici sarà Dynamic Attitude ed ospiterà tutte le aziende legate all’abbigliamento sportivo e outdoor. Il comparto tessile risente anch’esso di questo trend e obbliga le aziende produttrici ad una continua ricerca di materie nuove, performanti, alla sperimentazione di nuove mischie di filati per arrivare a progettare tessuti di alta qualità e che rispondano alle esigenze di leggerezza, idrorepellenza, protezione, comfort e resistenza.
Anche gli accessori subiscono l’influenza del mondo Outdoor diventando sempre più funzionali senza tralasciare un alto livello di design. Sulle passerelle internazionali che hanno ospitato le collezioni primavera estate 2021 gli accessori più frequenti sono stati zaini, marsupi di nuova generazione, tracolle e utility bag, mentre ai piedi la maggior parte delle scarpe riportavano dettagli ispirati al trekking e all’hiking.
C.P. Company. Il brand che ha rivoluzionato lo sportswear compie 50 anni
Un anno importante, questo 2021. Un anno di rinascita per tutti e un anno di riconferme per C.P. Company che celebra i suoi primi 50 anni. L’azienda, fondata dal giovane graphic designer di Bologna Massimo Osti, detto anche «il padrino dello sportswear», diventa presto celebre per le sue t-shirt stampate. A sette anni dalla nascita, il brand Chester Perry cambia poi nome in C.P. Company, dando vita a una vera e propria rivoluzione nella storia dello sportswear.
Negli ultimi decenni il marchio si è imposto come precursore di un’estetica che combina la funzionalità dello stile militare con la continua ricerca nell’innovazione dei tessuti, che trova il suo apice nella tintura in capo; tecnica creata dall’azienda stessa a metà degli anni Settanta. Il mix tra abbigliamento funzionale maschile, l’innovazione dei tessuti e in know-how italiano, è all’origine del brand e rimane ancora oggi la base di ogni capo C.P. Company.
Per celebrare questi 50 anni, C.P Company ha deciso di lanciare ogni mese un capo speciale. Ogni prodotto vuole rappresentare un aspetto del DNA del marchio e un passo avanti nello sviluppo dell’abbigliamento sportivo italiano, il genere di abbigliamento innovativo di cui il brand è stato pioniere. A inaugurare questa iniziativa, una collezione composta da cinque t-shirt a manica corta e una a manica lunga con grafiche originali d’archivio, immagini e nuovi artwork che rendono omaggio al genio artistico di Lucio Dalla, grande amico di Massimo Osti. Nel periodo in cui Bologna era il centro della cultura italiana, in grande fermento, con artisti, designer, filosofi, cantanti e poeti, Lucio e Massimo hanno stretto una grande amicizia, basata sul rispetto reciproco e sul riconoscere il genio creativo uno dell’altro e che spesso li ha portati a collaborare a diversi progetti: Osti disegnava le copertine degli album di Lucio e Dalla indossava sul palco gli abiti su misura di C.P. Company.
Per il terzo capitolo di questo anniversario, C.P Company ha invece stretto una collaborazione con il marchio olandese Patta, con cui Osti aveva già lavorato nel 2019. Nella capsule collection – in vendita dallo scorso 21 maggio online e nei flagship del brand – vediamo rivivere un processo di progettazione praticamente perfetto caratterizzato ancora una volta da una sinergia unica e totale rispetto da entrambe le parti – una vera collaborazione tra due partner uguali, se non spiriti affini. L’iconica tuta Patta prende così “in prestito” la distintiva tasca della Signature Mille Goggle Jacket di C.P. Company, «perché la cultura della strada è così legata allo sportwear».
Ma C.P. Company non si ferma qui. «Natural Mutation» è infatti il titolo della nuova collezione Primavera-Estate. Visualizzata come una serie di “scambi” tra tessuti naturali e sintetici, il team creativo ha pensato a una linea che fosse anche una sfida.
Come può un tessuto sintetico assumere la tattilità di un tessuto naturale pur mantenendo le sue qualità leggere e idrofile? Come adattare i tessuti naturali alla versatilità ultraleggera della vita urbana contemporanea? Dalle risposte a queste domande nascono il British Ventile, reinterpretato e potenziato nelle iconiche giacche Goggle ed Explorer; un nuovo tessuto denim italiano spalmato e sovra tinto in poliuretano; Memri e Dyshell, tessuti sintetici che, tramite l’utilizzo di una gamma di tecniche di lavorazione diverse imitano le caratteristiche dei tessuti naturali, ma senza gli svantaggi di performance. Inoltre, i tessuti core di C.P. Company come Chrome, C.P Shell e Nycra sono stati tutti aggiornati e sono ora realizzati esclusivamente con fibre riciclate.
Parola d’ordine “innovazione” anche per quanto riguarda le grafiche, create attraverso lo sviluppo di modelli camouflage completamente nuovi e innovativi. Nella serie «Tracery», ad esempio, le giacche vengono sovrastampate utilizzando un processo di sublimazione, mentre l’iconico tessuto 50 Fili di C.P. Company si rinnova, stampato con un nuovo motivo di tintura camouflage derivato, non da una fonte strettamente organica, come nel caso dei mimetici tradizionali, ma da fotografie topografiche di vasti tratti di paesaggio ricoperti da serre agricole, paesaggi dove la mutazione della natura da parte dell’uomo è particolarmente estrema.
Una sperimentazione grafica e tessile resa in una palate di colori naturali, abbinate a un insieme di dettagli tecnici più sottilmente stilizzati e a tessuti più pesanti, militari e da lavoro, è quella della qualità, della longevità e del comfort protettivo.
Un libro per celebrare i 50 anni di C.P. Company
C.P. Company 971 – 021. An informal history of Italian sportwear è la prima monografia dedicata al brand, che quest’anno compie 50 anni. Il volume, a cura di Lodovico Pignatti Morano, con il contributo fotografico di Neil Bedford, ripercorre la storia dell’azienda vista attraverso le storie personali di 50 personaggi fortemente legati a C.P. Company dagli storici designer come Moreno Ferrari, Paul Harvey e Alessandro Pungetti, alla famiglia di Massimo Osti, agli amici più stretti, fino a fan e collezionisti di diverse generazioni e parti del mondo.
Come spiega Andrew Groves: «Nella struttura militare, una compagnia è composta da un massimo di 250 soldati, composta da tre a sei plotoni, ciascuno si essi composto da circa 50 uomini. Pertanto, ciò che vedrete in questo libro, rappresenterà solo un plotone di C.P. Company. Liberamente reclutati da varie professioni include lavavetri, rockstar, tatuatori, stilisti, imprenditori, graffitari, editori, insegnanti, designer, H.R, manager, curator, negozianti, fotografi, rapper, impiegati pubblici, registi e postini».
«Ognuno dei 50 personaggi è “Self-styled”, cioè ha scelto autonomamente cosa indossare e come, quasi sempre totalmente dal proprio guardaroba» ha spiegato Lodovico Pignatti Morano. Ma non si parla di soli ritratti. Il volume funge anche da glossario con le principali tecniche di progettazione e produzione di C.P. Company, evidenziando momenti, innovazioni, tecniche e tessuti che esprimono lo spirito del marchio parlando della sua rilevanza fashion system.
Secondo Lorenzo Osti, «la capacità di comprendere il presente e interpretarlo… è in qualche modo questo il senso di questo libro: una galleria di ritratti di persone reali, tutte davvero diverse tra loro, alcune famose, alcune no, alcune giovani, alcune anziane, tutte unite dalla loro profonda relazione con il brand. Queste sono persone per le quali C.P. Company ha rappresentato molto di più di un semplice marchio di abbigliamento da indossare. Per loro è diventata un’idea, qualcosa che ha segnato momenti importanti delle loro vite, e con cui hanno creato un rapporto empatico».
crediti: Neil Bedford
L’estetica senza tempo di Baracuta. Che sedusse anche Sinatra e Presley
«La moda passa, lo stile resta» sosteneva Gabrielle Chanel che già a suo tempo aveva compreso come il valore qualitativo di ogni capo di moda fosse decisamente più importante dell’aspetto puramente estetico. Capi che durano nel tempo, non solo perché indistruttibili ma perché capaci di superare le barriere effimere delle estetiche stagionali, diventando degli evergreen. Baracuta è un esempio lampante di questa linea teorica, un’azienda storica che è riuscita a fare di un nome una leggenda, di un capo d’abbigliamento un’icona di stile. Con un solo modello iniziale, il mitico G9, i fratelli Miller iniziarono questa avventura nel lontano 1937 in quel di Manchester e ancora oggi quel Baracuta G9 risulta uno dei modelli più venduti in tutto il mondo. Il vero successo arriva negli anni Cinquanta quando, distribuito anche sul mercato americano, il G9 viene notato e indossato da celebrità del calibro di James Dean e Frank Sinatra, Elvis Presley e Steve McQueen, sia per la sua estetica che per la sua praticità. Anche Ryan O’Neal lo sceglie per interpretare il personaggio di Rodney Harrington nel film di successo I peccati di Peyton Place. Da questo momento in poi il modello G9 verrà anche conosciuto al mondo come il modello Harrington di Baracuta. Negli anni seguenti il valore estetico e funzionale del Baracuta verrà riconosciuto anche dalle subculture giovanili come Mods, Skinheads e Rockers entrando così per sempre nella “hall of fame”.
Ancora oggi il G9, insieme agli sviluppi nati nel corso degli anni come il G4 e il G10, restano capi iconici, padroni di un’estetica senza tempo. Lo dimostra la collezione estiva 2021 che ancora una volta non altera le caratteristiche di base del capo ma lavora soprattutto sulla scelta cromatica e su quella dei tessuti e dei materiali, grazie anche alla collaborazione con l’agenzia Engineered Garments di New York, uno studio creativo che rifiuta di definirsi “designer studio” ma che vanta collaborazioni con Sebago e K-Way. Da questa collaborazione nascono anche una serie di capi trasversali, una serie di blazer decostruiti fedeli all’estetica tipica di Daiki Sukuki (mente creativa dello Studio Engineered Garments) ma fedeli all’iconografia Baracuta e ai suoi dettagli distintivi. Le punte di diamante della collezione rimangono comunque i modelli G9 reinterpretati in nuovi materiali inaspettati e di alto livello qualitativo. La versione in tessuto da camicia è interpretata da uno Chambray giapponese premium, lo stesso modello nella versione suede super soft sceglie colori originali, freschi ed estivi come verde menta e rosa cipria. Quest’estate, infine, la collezione si arricchisce di articoli complementari del guardaroba come T-shirt e polo in cotone, rigorosamente in versione maglia super sottile.