martedì, 26 Novembre 2024
Gli Usa ai suoi: «Lasciate la Russia». Il mondo a “Defcon 3″
«I cittadini americani non devono recarsi in Russia, e chi già vi si trova in viaggio o è residente dovrebbe partire immediatamente, mentre rimangono disponibili limitate opzioni di voli commerciali».
È questo il contenuto choc del cosiddetto security alert pubblicato oggi sul sito dell’ambasciata di Washington a Mosca. Un messaggio che a una prima lettura è assai poco rassicurante, e che ha comprensibilmente agitato i cittadini americani all’estero non meno che le cancellerie europee.
Specie perché l’allerta arriva dopo le ripetute minacce russe di un possibile uso dell’arma nucleare da parte loro. Nonché dopo l’atto di sabotaggio del gasdotto Nord Stream nel Mar Baltico (le cui misteriose esplosioni sono ancora da attribuire a un colpevole preciso), e dopo che Mosca ha richiamato in servizio 300 mila riservisti per proseguire la guerra contro l’Ucraina.
Uno degli ultimi messaggi del governo Usa di questo tenore erano stati diramati lo scorso 14 luglio, quando l’ambasciata americana a Kiev aveva chiesto ai suoi cittadini in Ucraina di «lasciare immediatamente» e consigliava di evitare «assembramenti ed eventi organizzati che potrebbero essere considerati degli obiettivi da parte della Russia».
E ancor prima agli inizi di febbraio, a due settimane dall’inizio dell’invasione: in quel caso era stato lo stesso presidente Biden a esortare i cittadini americani affinché «lascino subito il Paese, perché le cose potrebbero andare fuori controllo rapidamente». L’avviso era apparso sul sito del dipartimento di Stato, e aveva segnalato la quasi certezza di una drammatica escalation della situazione al confine tra Ucraina e Russia.
Parole profetiche, visto che puntualmente sono state seguite dai fatti: il 24 febbraio, come noto, Mosca ha iniziato l’invasione via terra del territorio ucraino. Ecco perché l’allerta odierna ha subito fatto pensare a un avvertimento simile, dai possibili significati occulti.
Il rischio esclataion
Che cosa si sta preparando nell’Est Europa? Siamo forse all’alba di un attacco russo con armi non convenzionali? Gli Stati Uniti si preparano a entrare in guerra? Cosa sta succedendo esattamente? Le motivazioni possono essere molte. La prima è letterale, e si riferisce a ciò che recita la seconda parte dell’avviso: «Il governo russo ha iniziato a mobilitare i suoi cittadini nell’esercito a sostegno dell’invasione in Ucraina, la Russia potrebbe rifiutarsi di riconoscere la doppia cittadinanza per americani, negare loro accesso all’assistenza consolare, impedire loro di lasciare la Russia e arruolare cittadini con doppia cittadinanza».
In questo senso, si colgono i timori di Washington circa una sostanziale chiusura radicale dei confini russi e la possibilità che Mosca voglia «fare prigionieri». Ma vi è anche una seconda spiegazione, che attiene alle reali possibilità del Dipartimento di Stato nel gestire la logistica e nell’assicurare assistenza ai propri cittadini: «L’ambasciata Usa ha gravi limitazioni nell’assistenza dei cittadini e la situazione, comprese le possibilità di viaggi, potrebbe improvvisamente diventare più limitata».
Ed è proprio quel termine, «improvvisamente», che lascia sgomenti. A cosa si riferisce l’ambasciata? Cosa hanno osservato le antenne statunitensi e alleate che si trovano sul posto che non sappiamo? C’è già chi specula affermando che si tratta solo di una mossa volta ad alzare la tensione internazionale, in vista delle elezioni di midterm il prossimo novembre. Dunque, a fini politici interni americani.
Ma tale interpretazione appare troppo semplicistica e, per quanto possa essere corretta, non basta da sola a spiegare l’allarme. Anche perché il messaggio diramato da Washington segue di venti minuti esatti una dichiarazione del portavoce del Cremlino Dmitri Peskov russo, che alle 12:30 di questa mattina ha affermato: «La parte americana sta entrando sempre più in questo conflitto de facto, si sta avvicinando sempre più a diventare una parte di questo conflitto, il che è estremamente pericoloso».
Il nodo del nucleare
Il nodo della questione allora è presto chiarito: alla luce dell’esito dei referendum per l’adesione alla Federazione Russa che si sono tenuti nelle regioni ucraine occupate di Donetsk, Luhansk, Kherson e Zaporizhzhia, il Cremlino considera ormai quelle zone territorio nazionale ed è pronta a difenderle «anche con l’arma nucleare», secondo quanto affermato dall’ex presidente e falco di Mosca, Dmitri Medvedev. E la Casa Bianca gli crede.
Se è vero che il Pentagono ritiene «non ancora probabile» che il presidente russo Vladimir Putin ordini un attacco con un’arma nucleare tattica, tuttavia la comunità dell’intelligence statunitense è in pre allarme. Langley, ovvero la Cia, sta osservando da vicino eventuali segnali di una fase preparatoria in tal senso, e vuole vederci chiaro. Di certo, gli analisti ritengono che i piani di Putin sono ormai mutati e un’escalation è sul piatto.
Tale minaccia è attualmente classificata come «elevata» rispetto non solo all’inizio dell’anno ma rispetto anche a un mese fa. Negli ultimi mesi, diplomatici degli Stati Uniti in Russia hanno avvertito in via privata il Cremlino di non compiere un passo così catastrofico, perché una risposta non potrebbe che arrivare in tutta la sua potenza. Ed è ciò che si discute in queste ore al Pentagono, dove si ha la certezza che gli Stati Uniti siano in grado rilevare il movimento anche di testate tattiche più piccole in ogni momento. Ma questa è l’unica notizia rassicurante di oggi.
Livello di allerta a DEFCON 3
Per il resto, vale la pena ricordare che attualmente si ritiene che siamo al livello di sicurezza DEFCON 3 su una scala da 5 a 1. Si ritiene perché, comprensibilmente, per ragioni di sicurezza non c’è alcuna ufficialità e il Pentagono si guarda bene dal comunicarlo al mondo. Cosa significa in ogni caso? Il termine indica la «DEFense readiness CONdition» ovvero la prontezza di risposta della Difesa americana a una minaccia.
DEFCON 5 è la condizione normale in tempo di pace: un «allarme blu» per la sicurezza, che indica come non vi siano minacce imminenti in nessuna operazione in corso. DEFCON 4 è la condizione di rischio generale: un «allarme verde» che scatta in tempo di pace, con misure di sicurezza e allerta per i servizi segreti aumentati.
DEFCON 3 – ossia quella in teoria attuale – è la condizione da «allarme giallo». Ovvero rischio aumentato, sia pur ancora in tempo di pace. La sicurezza e la vigilanza vengono aumentate a causa di un elevato rischio di attacco su qualche operazione in corso. Non ci sono rischi imminenti ma il pericolo è «elevato, presente e attuale» e le forze armate sono in pre-allerta (successe, ad esempio, durante la Guerra del Kippur del 1973, quando Nixon attivò la marina e l’aviazione nel Mediterraneo).
Infine, DEFCON 2 o «allarme arancione», definisce una condizione di rischio elevatissimo: è il tempo di guerra. In questo caso, il Comando Strategico Americano inoltra per via gerarchica a tutti i comandanti l’ordine di attivare le difese strategiche e di posizione. Di solito, in questi casi il presidente è tenuto a fare un discorso alla Nazione, avvisando tutti che sta per entrare in guerra, in modo che la popolazione e gli alleati si preparino in tempo. Il caso classico che si cita per DEFCON 2 è la crisi dei missili di Cuba. DEFCON 2 contempla anche una possibile minaccia nucleare.
Non vogliamo neanche citare il caso DEFCON 1, che definisce un «allarme rosso» e significa che un attacco nucleare è in corso. Sinora, non è mai accaduto.