Mahsa, la rivolta, l’ipocrisia e la speranza

Mahsa, nuovo simbolo della violenza contro le donne, camminava per le vie di Teheran.

Era serena come non poteva essere altrimenti per una ragazza di poco più di vent’anni, con la spensieratezza tipica di quell’età, consacrata da una giornata di shopping nella capitale assieme ai parenti, probabilmente un’occasione sognata da tanto tempo visto che lei, curda, abitava in una regione dove anche Teheran pare Manhattan a confronto del poco che il suo luogo natio offriva.

Possiamo immaginarla truccata e vestita con accuratezza, indossando il velo islamico con studiata negligenza, forse esponendo volontariamente qualche ciocca della sua bella chioma corvina, un vezzo malizioso di una ragazza bella e consapevole di esserlo, ma forse più un inno alla giovinezza e alla libertà, una tacita ribellione all’oscurantismo del regime iraniano che mortifica le donne anche nella manifestazione esteriore del loro essere.

Ma ecco che due sgherri della Polizia della Moralità, una branca della Forze dell’Ordine preposta a garantire il rispetto dei sacri ‘costumi’, emblema di un medioevo declinato al XXI secolo, la bloccano.

Mahsa viene condotta al commissariato di zona e di lei non si saprà più nulla fino al tragico epilogo.

Sta di fatto che devono averla malmenata a tal punto che, ricoverata in ospedale, dopo una breve agonia muore.

Le Autorità hanno subito dichiarato che si sia trattato di un malore, una crisi cardiaca – esclusa dalla famiglia e improbabile vista l’età – quando dallo stesso nosocomio è trapelata una diagnosi diversa, una commozione cerebrale post-traumatica.

In pratica è stata ammazzata.

Morale: se in Iran esponi una ciocca di capelli rischi di morire pestata a morte.

E’ stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso in uno degli Stati islamici più popolati al mondo, regno degli Ayatollah e della fatwa a Rushdie, stato ‘canaglia’ per definizione nord-americana e regime liberticida che aveva già sopito nel sangue la rivoluzione ‘verde’ del 2009.

Le proteste e la rabbia, sopite con il sangue dalla polizia che ha innescato una guerriglia urbana sparando e uccidendo decine di manifestanti, non mostrano segni di cedimento e ogni ulteriore morte o arresto di eminenti personaggi (gente comune, sportivi, giornalisti, icone pubbliche) che si sono schierate con Mahsa non fa altro che rinfocolare una rivoluzione in nome della libertà, uno dei diritti fondamentali dell’uomo.

Il resto è cronaca di questi giorni e questo non è un articolo di cronaca ma di vicinanza, solidarietà, indignazione più veemente verso chi vuole tarpare le ali alla libertà, che è la conquista primigenia di ogni civiltà.

E’ scendere in strada al fianco delle donne iraniane, è tagliarsi la chioma in segno di protesta, è l’insulto a tutti coloro che in occidente tacciono, comprese quelle femministe cui la povera Mahsa sta complicando l’agenda.

Già perché dover abbracciare la causa di questa giovane ragazza scombussola i loro piani, i loro girotondini, le loro proteste per la vittoria di Giorgia Meloni e della destra, marchiata fascista: più comodo programmare manifestazioni retoriche contro il ritorno del Ventennio che schierarsi per una giusta causa a favore di una donna come loro, brutalizzata da un vero regime.

Alle manifestazioni spontanee nelle principali città italiane e mondiali partecipano quasi solo esuli iraniani che issano cartelli, che si recidono le chiome, che recitano slogan in persiano: ma dove sono le femministe e la sinistra che riempiva le piazze sotto le insegne di improbabili sardine?

Questa è l’ipocrisia con la ‘i’ maiuscola, tanto più eclatante in Italia alla luce dei risultati delle ultime elezioni che hanno gettato un pezzo d’ Italia nello sconforto, facendo perdere di vista le vere ingiustizie del mondo, le vere atrocità, le vere battaglie da combattere, quelle per cui vale la pena di lottare.

Mahsa, ovunque tu sia, in qualunque paradiso la tua fede ti abbia condotto, sappi che io sono con te, che il mio cuore sanguina per ciò che ti hanno fatto e che hanno fatto a chi ha avuto il coraggio di lottare per te e per un futuro migliore, libero, responsabile, svincolato dai bavagli e da quegli orribili veli che mortificano la carne e l’anima.

Avevi appena ventidue anni, ma la tua morte ha avuto l’effetto di uno tzunami dove l’acqua è talmente impetuosa che potrebbe spazzare via le dighe costruite dai vecchi residui di un bigottismo retrogrado che vuole imporre la fede con la violenza.

Mahsa ha tracciato il solco, che l’acqua in esso scorra impetuosa e devastante.

Info: missagliadevellis.com

Leggi su panorama.it