Brutte notizie. Il clima sulla Terra sta peggiorando

Senza esitare si potrebbe dire che per il pianeta Terra le cose non migliorano affatto. Nell’ultima conferenza sul clima di Glasgow a fine 2021 non eravamo riusciti a raggiungere l’obiettivo di limitare l’aumento delle temperature medie a 1,5 gradi. Tuttavia la decisione dei Paesi in via di sviluppo di porre un limite alle proprie emissioni aveva rappresentato una svolta storica. Permaneva dunque un filo di speranza per uno sforzo condiviso che ora si sta affievolendo sempre più.

Prima di tutto, è arrivata la guerra in Ucraina con tutte le sue conseguenze, tra le quali il ritorno a fonti di energia più inquinanti e il rilascio della nube di metano dal gasdotto Nord Stream. Come gas serra il metano è 30 volte peggiore dell’anidride carbonica in un arco di cento anni e 20 volte in un arco di venti anni. Tanto che sulla rivista Nature diversi scienziati hanno fatto notare che, se per assurdo uno avesse dato fuoco a tutto il metano fuoriuscito, la Terra ne avrebbe giovato. Finora la quantità di metano sprigionata ammonterebbe a più di 115mila tonnellate corrispondente allo 0,14 per cento delle emissioni di metano in un anno.

Ci sono poi notizie dal mondo della ricerca poco confortanti. L’Eurac Research’s Institute con sede a Bolzano, combinando una serie di dati satellitari ha concluso che nelle aree montane ci sono in media 15 giorni in meno di copertura nevosa all’anno rispetto al 1982, con picchi di 20 o perfino 30 giorni nelle province occidentali del Canada. La quantità di neve al suolo è diminuita in media per un totale del 4 per cento.

La copertura nevosa e i ghiacciai sono cruciali per l’esistenza dei fiumi, a sua volta all’origine di ogni civiltà. L’anno scorso uno studio di Nature calcolava che, negli ultimi venti anni, la neve che sciogliendosi alimenta i maggiori fiumi dell’Asia si è ridotta del 16 per cento. Con un aumento delle temperature limitato al grado e mezzo ci sarà un’ulteriore diminuzione del 6 per cento, altrimenti la riduzione potrebbe raggiungere il 40 per cento. Gli effetti si vedono nel bacino dell’Indo che nasce nel Tibet, attraversa il Kashmir e scorre nel Pakistan per poi sfociare nel Mar Arabico. Rappresentando l’unica fonte di acqua dolce per un territorio arido, il controllo delle acque di questo fiume è all’origine dei conflitti per il controllo del Kashmir tra India e Pakistan.

Un altro studio del National Institute for Space Research in Brasile ha scoperto che le emissioni di anidride carbonica nella regione amazzonica sono più che raddoppiate, se si fa un paragone tra gli ultimi due anni e i precedenti otto anni. Le cause di questo brusco aumento sono la deforestazione per l’agricoltura e gli incendi che trasformano in anidride carbonica l’energia che gli alberi hanno accumulato sotto forma di legno nel corso di centinaia di anni. Alcuni dati suggeriscono che la parte orientale della foresta amazzonica viene attualmente tagliata ad un ritmo tale da rilasciare più anidride carbonica di quella assorbita.

Notizie come queste danno la misura di come mai, secondo uno studio dell’università di Exeter, la Terra avrebbe già raggiunto alcuni punti critici (“tipping points”), cioè avrebbe superato alcuni livelli soglia oltre i quali certi cambiamenti divengono ormai inarrestabili. Tra questi, lo scioglimento della copertura ghiacciata dell’Antartide Occidentale, lo scioglimento del permafrost nella zona subartica con rilascio di anidride carbonica e metano e lo sbiancamento delle barriere coralline.

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