Rula Jebreal è si, una vittima, ma solo di se stessa

La triste vicenda di Rula Jebreal è la perfetta dimostrazione del fatto che i mali più devastanti di questo Paese sono due. Primo, l’incapacità di scusarsi per i propri errori. Secondo, il ricorso automatico al vittimismo, esasperato da dosi poderose di politicamente corretto.

Per chi non lo sapesse, la giornalista italo-palestinese Rula Jebreal ha ripreso sui social la notizia rilanciata dalla stampa spagnola della condanna per droga del padre della leader di Fratelli d’Italia. Un uomo che ha abbandonato la figlia quando lei aveva un anno, e con cui non ha mai avuto rapporti. «Durante la sua campagna elettorale – scrive Jebreal – la nuova premier italiana ha diffuso un video di stupro insinuando che i richiedenti asilo siano criminali che vogliono sostituire i cristiani bianchi. Ironicamente, il padre della Meloni è un noto trafficante di droga». Una dichiarazione di una tale bassezza, di una tale illogica sconclusionatezza, che Giorgia Meloni ha ricevuto la solidarietà da tutto il mondo politico. Fare propaganda tirando in ballo i parenti è come scavare nel pozzo della meschinità. Ciò nonostante, Jebreal avrebbe potuto rimediare chiedendo scusa, ammettendo che nessuno è perfetto: ma no, sarebbe stato troppo facile, il suo ego ne sarebbe uscito ammaccato. Dunque, tornando sull’argomento, ha peggiorato la sua posizione: “La Meloni non è colpevole dei crimini commessi da suo padre, ma spesso sfrutta i reati commessi da alcuni stranieri, per criminalizzare tutti gli immigrati, descrivendoli minaccia alla sicurezza”. L’incapacità, per orgoglio, di ammettere i propri errori, fa sì che gli errori si ingigantiscano, come avvenuto in questo caso.

Dopo simili indegnità, un minimo senso del pudore avrebbe richiesto perlomeno la compostezza del silenzio. E invece no. E qui entra in gioco il secondo stratagemma, la scorciatoia più battuta, la garanzia di immunità per tutte le castronerie: il vittimismo. Tradotto: mi contestano perché ce l’hanno con me. “Il giorno dopo che Meloni ha minacciato di farmi causa per un tweet, i media hanno lanciato un assalto razzista, islamofobo e misogino”, scrive la permalosissima giornalista. Che evidentemente non solo si considera infallibile, ma anche intoccabile. Ovviamente nessuno si è permesso di inserire nella polemica la sua razza o i suoi convincimenti religiosi: semplicemente qualcuno ha osato criticare le sue parole sghangherate. Ed è sempre in questi momenti, quando Rula non sa dove voltarsi per giustificare le sue scempiaggini, che si fa ricorso all’apporto salvifico dell’attacco razzistico-femminista. “Mi attaccano perché sono palestinese. Mi attaccano perché sono donna. Mi attaccano perché sono islamica”. No, signora Jebreal: la attaccano perché ancora una volta ha esagerato. Non è razzismo: è libera critica in libero stato. Ognuno si prenda le sue responsabilità: chi parla a sproposito, e non ha il coraggio di fare retromarcia, si carica il rischio di essere criticata. E’ un principio cardine di ogni società democratica. Vale per tutti, a quanto pare, tranne che per lei.

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