L’utopia combattiva di Citto Maselli ritrova la sala

(ANSA) – ROMA, 09 OTT – Arriva il 10 ottobre nelle sale
grazie alla coraggiosa distribuzione di Cineclub Internazionale
il film-documento di Daniele Ceccarini CITTO, racconto corale e
solo parzialmente in prima persona, su vita e opere di Francesco
Maselli, classe 1930, professione regista militante e, a tempo
perso, fotografo, inventore, artista. La vita dell’autore
romano, precocissimo in tutto (partigiano a 13 anni, militante
comunista a 16, diplomato al Centro sperimentale a 19, vincitore
a Cannes per un “corto” a 22, debuttante nel lungometraggio a
25), è di per sé un romanzo.
    Cresciuto in un ambiente intellettuale e antifascista,
Maselli abbraccia il cinema e la politica quasi
contemporaneamente a guerra appena finita e appare già allora
(come ricorda la sua compagna di scuola Luciana Castellina) “un
adulto che impartiva lezioni di serietà morale e professionale”.
    È Luigi Charini a portarlo per primo su un set, incoraggiando il
talento che già si vedeva nei primi tentativi del ragazzo, ma è
Michelangelo Antonioni a farne il suo “aiuto” e sodale fin da “L’amorosa menzogna” del 1948. In coppia i due fanno furore tra
infuocate discussioni, film non convenzionali, belle donne,
macchine rombanti e notti brave. Ma Citto comincia presto anche
a frequentare un “maestro” del tutto diverso come Luchino
Visconti che con lui condivide la passione per la politica e il
rigore estetico. Sarà proprio Visconti a spingerlo al debutto
nel lungometraggio con il folgorante “Gli sbandati” che vale a
Maselli un premio alla Mostra di Venezia nel 1955.
    Benché i suoi film non siano molti, si può dire che molte
delle opere di Maselli hanno segnato i passaggi cruciali della
cultura italiana del ‘900: da “Gli indifferenti” tratto dal
capolavoro di Moravia a “Lettera aperta a un giornale della
sera” che nel 1970 sancì la crisi della borghesia di sinistra
dopo il fallimento dell’utopia del ’68; da “Il sospetto” che
gettava una luce autocritica sull’antifascismo militante a “Storia d’amore” con cui si apriva la sua originale serie di
ritratti al femminile che avrebbe lasciato poi il posto a un
nuovo impegno militante coi film collettivi e il profetico “Le
ombre rosse” del 2009. (ANSA).
   

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