Cina-Usa-Russia e la sfida sull’Artico

La Casa Bianca ha recentemente pubblicato il piano per la “Strategia nazionale americana per l’Artico” del prossimo decennio, un documento che enfatizza la necessità di creare il deterrente militare necessario per l’aumento dell’attività russa e cinese nella regione. Il riscaldamento globale sta infatti provocando lo scioglimento delle calotte polari trasformando drasticamente l’ambiente, aprendolo a nuovi scenari e opportunità, comprese possibili fonti di approvvigionamento, rotte e possibilità di creare basi permanenti. La nuova strategia identifica quattro azioni distinte: una maggiore presenza militare degli Usa, maggiori esercitazioni con i paesi partner per scoraggiare l’aggressione occidentale dall’Artico, in particolare da parte russa, la modernizzazione della difesa aerea del Norad e l’impiego di ulteriori navi rompighiaccio della Guardia Costiera che aiuteranno gli scienziati a realizzare una mappatura dettagliata delle acque e del clima. La preoccupazione è fondata in quanto già lo scorso anno la Russia aveva riaperto e modernizzato alcune basi militari dell’era sovietica nella regione artica dispiegando nuovi sistemi missilistici di difesa costiera e aerea, nonché adeguando gli avamposti per accogliere i sottomarini più moderni, infine aumentato la frequenza delle esercitazioni militari istituendo un nuovo comando di combattimento per l’Artico. E se fino allo scorso anno Usa e Russia riuscivano anche a cooperare nell’Artico, l’invasione dell’Ucraina da parte di Mosca ha esacerbato le tensioni tra e due nazioni rendendo praticamente impossibile ogni attività congiunta. Il documento programmatico del prossimo decennio lascia comunque la porta aperta a tale cooperazione, ma prevede che ciò sia improbabile almeno per il prossimo futuro. Riguardo Pechino, nel documento si legge che la Cina si è dichiarata uno stato “quasi artico” e ha annunciato l’intenzione di costruire una via della seta polare nella regione, cercando di aumentare la sua influenza nell’Artico attraverso una lista più ampia di attività economiche, diplomatiche, scientifiche e militari. Nell’ultimo decennio, la Repubblica popolare cinese ha raddoppiato i suoi investimenti nell’area concentrandosi sull’estrazione di minerali definiti “critici”; ha ampliato le sue attività scientifiche e condotto ricerche per scopi civili e militari mediante operazioni di intelligence. Pechino ha infatti inviato al polo Nord due rompighiaccio, una costruita nel sud del Paese, l’altra acquistata dall’Ucraina nel 1994 e ristrutturata, mentre una terza nave per impieghi gravosi sarebbe in fase di completamento. Ecco il motivo per il quale gli Stati Uniti prevedono di aumentare la presenza militare nell’Artico, che a oggi conta oltre 22.000 soldati in servizio attivo in Alaska e una base in Groenlandia nella quale schierano 600 unità.

Sulla scia di queste esigenze il mese scorso il Pentagono aveva istituito un ufficio per la strategia e la resilienza globale dell’Artico guidato da Iris Ferguson in qualità di vicesegretario aggiunto alla Difesa per l’Artico, una nuova posizione mai esistita prima. Ferguson supervisionerà diversi elementi della strategia artica come il coordinamento con i partner di sicurezza statunitensi e la modernizzazione delle forze. La strategia richiede una maggiore attenzione sull’esercitazione congiunta con gli alleati della Nato e i partner dell’Artico per migliorare la familiarità operativa con la regione, comprese operazioni a basse temperature e l’interoperabilità dei mezzi. Chiede inoltre una maggiore collaborazione con il Canada sulla modernizzazione della difesa aerea del sistema Norad, ovvero le capacità radar di scoperta precoce delle minacce. Riguardo alle unità navali, ai contribuenti americani vengono richieste due nuove rompighiaccio oltre alle attuali in servizio, la Polar Star e la Healy. In totale si prevedono spese per 841 milioni di dollari.

Nel piano strategico per l’Artico sono stati affrontati anche altri temi non legati alla sicurezza ma al cambiamento climatico e alla protezione dell’ambiente, allo sviluppo economico sostenibile e alla cooperazione e la governance internazionali. Un rapporto dell’ispettore generale del Pentagono pubblicato in aprile aveva rilevato che l’esercito americano non era riuscito a preparare le sue basi artiche e sub-artiche agli impatti a lungo termine dei mutamenti sulla regione, e che sarebbe servita una migliore osservazione per la creazione di mappe, la possibilità di elaborare previsioni meteo più precise, di studiare acqua e ghiaccio marino anche al fine di poter meglio gestire eventuali emergenze. Questo sarà possibile soltanto se sarà ampliata la copertura satellitare per consentire un commercio efficiente e garantire la sicurezza marittima e aerea in un ambiente in rapida evoluzione. I satelliti meteorologici polari, alcuni dei quali messi in orbita negli anni Settanta e Ottanta, sono ormai obsoleti e i dati da loro forniti non consentono l’elaborazione di modelli previsionali complessi.

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