Il Comandante il Capo, un uomo in difficoltà

Ormai lo riconoscono anche i suoi fan più sfegatati (sempre meno): Joe Biden non è un fulmine di guerra. Anzi, non sembra essere esattamente in sé. Lo avevamo notato già durante la campagna elettorale, che aveva condito di gaffe e svarioni d’ogni sorta, fino al capitombolo sulla scaletta dell’Air Force One subito dopo l’insediamento. Ma quelli potevano essere scivoloni comprensibili e casuali.

Oggi la situazione comincia però a diventare seriamente preoccupante. Quello che sta accadendo in queste ore fornisce l’immagine di un comandante in capo di 78 anni in evidente difficoltà. Alla conferenza stampa del G7, di fronte ai giornalisti, ha confuso per tre volte la Libia con la Siria. Una svista che può essere giustificata per il passante al bar sotto casa: non certo per l’inquilino della Casa Bianca al vertice della principale potenza nucleare del mondo.

Sempre in conferenza stampa, al termine del vertice Nato a Bruxelles, si è consumato un altro momento tragico, quasi fantozziano: sentendosi chiedere conto delle sue frasi su “Putin assassino”, Joe Biden è visibilmente andato nel pallone. Ha fatto scena muta per 25 secondi, è rimasto immobile con gli occhi bassi, come se dovesse leggere qualcosa, ha farfugliato parole incomprensibili, e poi è riuscito a dire: “Credo che in passato abbia in realtà riconosciuto di esserlo”. ”Non credo – ha aggiunto – che quella mia risposta importi molto ora in vista dell’incontro che stiamo per avere”.

Uno scolaretto ripetente durante un’ interrogazione avrebbe fatto una figura migliore. Il fatto che il Presidente degli Stati Uniti, alla vigilia dell’incontro chiave con Putin, non sappia come rispondere a una domanda (scontata) su Putin, beh, è piuttosto inquietante. Il fatto che Biden non abbia ritrattato le sue frasi su “Putin killer”, ma nello stesso tempo lo abbia definito come “un avversario degno, brillante, duro”, è più che inquietante: è quasi delirante, e testimonia, oltre che una mancanza di lucidità, anche una evidente mancanza di coraggio. Verrebbe da dire: in che mani siamo?

Come ha scritto un osservatore attento come Federico Rampini, l’età del presidente è un problema. Tanto che il capo della Casa Bianca gira con un pool di collaboratori iperprotettivi, che limitano gli incontri con la stampa al minimo indispensabile, per evitare sfracelli. Ma a volte non basta. Secondo un sondaggio pubblicato da “Rasmussen Reports”, la metà degli elettori americani teme che il presidente non sia “fisicamente e mentalmente all’altezza” del suo incarico. E continuano a moltiplicarsi, in queste ore, le voci di un possibile, clamoroso avvicendamento con Kamala Harris. Uno scenario inedito, improbabile: ma già il fatto che si consideri pubblicamente l’opzione la dice lunga sullo stato delle cose.

Capite bene perché non possiamo stare tranquilli. Domani a Ginevra si terrà uno dei vertici Usa-Russia più delicati dai tempi della guerra fredda. Si parlerà di spie, di elezioni truccate, di accuse infamanti, di hacker, di sanzioni economiche, di cyberguerra, di intrighi sull’asse Washington-Mosca-Pechino. Qualche stratega esperto sostiene che il rischio di un conflitto militare tra superpotenze non sia mai stato così alto, da quando è caduto il Muro. Come si presenterà nonno Joe all’appuntamento? Cosa dirà o non dirà, per contrastare le ambizioni dello zar Putin? Il presidente russo si cucinerà l’inquilino della Casa Bianca, come avvenne per Krushov con Kennedy a Vienna, nel 1961, quando Jfk dovette ammettere “mi ha sbranato?”.

Certo nessuno fa i salti di gioia nel sapere che il capo del mondo libero si presenterà all’incontro stringendo in una mano la valigetta nucleare, e nell’altra il foglio degli appunti, per non incespicare con le parole. Donald Trump, inventore del nomignolo sleepy-Joe, si è divertito a modo suo: “Buona fortuna a Biden nel trattare con il presidente Putin – scrive Trump -. E non addormentarti durante l’incontro”. Insomma, che Dio ce la mandi buona. E che qualcuno tenga sveglio il Presidente.

Leggi su panorama.it