Il Governo Meloni scopre che ha le casse vuote per affrontare la tempesta

Giorgia Meloni sogna di volare, ma avrà comunque una zavorra attaccata ai piedi. La palla di ferro si chiama “eredità del governo Draghi”. Un conticino lasciato in sospeso che renderà dannatamente più difficile la sfida economica. Almeno sulla carta, la visione della “Melonomics” c’è: da un lato sforbiciare la gramigna assistenzialista, deforestare i bonus per puntare su investimenti di medio termine, falciare il reddito di cittadinanza nella misura in cui non si aggancia alla dignità del lavoro; dall’altra parlare ai ceti produttivi, immaginare flat tax e tagli d’imposta, rispettare il ruolo delle aziende nel nome del motto “non disturbare chi vuole fare”. Infine, sostegno oculato a chi non può lavorare, a cominciare dall’estensione dei beni necessari con Iva agevolata al 5%.

Impegni complicati, se si tiene conto delle tempeste in arrivo. Di più: impegni da far tremare le gambe, se si considera l’handicap economico lasciato dal governo Draghi. Premessa: non si intoni il ritornello facile della “colpa del governo precedente”: nessuna scusante, ma in ogni caso guardiamo i fatti. Al di là dei peana nei confronti del governo dei migliori, l’Italia è prevista in recessione nel 2023, con l’inflazione che ribolle, e un piccolo particolare non passeggero, ma strutturale, che la differenzia da quella tedesca: i consumi privati al palo. Secondo il Fmi, l’Italia è l’unico paese che da questo punto di vista morderà il freno.

In queste condizioni, ci si aspettava che al governo entrante venisse messo a disposizione un valido arsenale di contromisure pronte all’uso. Al contrario: il ministro Giorgetti si ritroverà con la metà della cassa a disposizione. Le giacenze ministeriali, che quest’estate ammontavano a 95 miliardi, sono scese a 47 a fine settembre. Un bel souvenir, non c’è che dire. E questo perché l’esecutivo Draghi ha scelto di pagare a fine estate i titoli di Stato in scadenza, anziché usare quei denari per ossigenare famiglie e imprese. Nel periodo di tassi bassi, quando tutti i Paesi correvano ad emettere titoli, siamo stati fermi: di conseguenza, oggi siamo costretti a dar fondo alle riserve di cassa. Il risultato è che si agevola il racconto mediatico di un ministro uscente, Franco, che come ultimo gesto nobile tagliuzzerebbe il debito pubblico. In realtà si tratta semplicemente di una mina piazzata sotto il nuovo governo, chiamato a cercare liquidità nel periodo peggiore, quello in cui tanti investitori rifuggono come la peste i titoli pubblici. Così i costi saliranno, e a metterci la faccia sarà il nuovo governo Meloni. Qualcuno per biechi interessi politici si fregherà le mani, ma è indubbio che la sfida sarà più difficile. Non solo per Giorgia Meloni, ma per tutti gli italiani .Leggi su panorama.it