martedì, 26 Novembre 2024
L’Isis colpisce in Iran mandando un segnale a tutto il mondo
Almeno venti persone sono state uccise e altre 40 ferite in un attacco al santuario religioso sciita nella città di Shiraz, nel sud dell’Iran. Secondo l’agenzia di stampa statale del paese Irna, l’attacco, avvenuto mercoledì sera al Santuario di Shah Cheragh, è stato compiuto da tre uomini armati che sono entrati nel santuario dove hanno iniziato a sparare all’impazzata contro i fedeli e gli agenti di polizia che sorvegliavano il luogo di culto. L’Irna ha affermato che «gli aggressori hanno agito come terroristi takfiri», un chiaro riferimento agli estremisti sunniti militanti dello Stato islamico che questa mattina attraverso la propria agenzia stampa Amaq ha rivendicato l’attacco con un lungo comunicato nel quale oltre a glorificare l’attacco, ha fornito i dettagli operativi e ha ricordato: «È interessante notare che i combattenti dello Stato Islamico hanno lanciato un violento attacco diversi anni fa contro una parata militare delle forze iraniane nella città di Ahvas, nel sud-ovest dell’Iran, lasciando decine di morti e feriti nei loro ranghi».
La rivendicazione dell’Isis
L’attentato è arrivato nello stesso giorno nel quale centinaia di manifestanti hanno marciato verso la tomba di Mahsa Amin (la ventiduenne curda uccisa dalla polizia religiosa perché indossava male il velo) nel nord-ovest dell’Iran per celebrare i 40 giorni dalla sua morte, mentre erano sotto custodia della «polizia morale›› iraniana.
Intanto non si fermano le proteste nel paese nonostante il regime degli ayatollah abbia dato ordine alle forze dell’ordine di reprimere in ogni modo i disordini di piazza. Secondo alcune testimonianze la polizia iraniana ha lanciato gas lacrimogeni fuori da una scuola femminile a Teheran dove si erano verificati disordini dopo che il personale ha tentato di requisire i telefoni cellulari degli studenti. Nonostante le smentite del ministero dell’Istruzione che ha negato che le forze di sicurezza fossero entrate nella scuola, i video che circolano su Twitter dimostrano che forze di sicurezza di Teheran hanno lanciato i lacrimogeni e hanno aggreditogli studenti e i loro genitori. In varie città del paese le donne si sono tolte il velo o lo hanno bruciato in pubblico gridando «morte al dittatore», in riferimento alla guida suprema Ali Khamenei. Persino a Qom, centro spirituale sciita e baluardo dell’autorevolezza morale della Repubblica islamica, i video postati sui social mostrano scene che non si erano mai viste prima: giovani donne a capo scoperto che cantano slogan contro l’ayatollah Khamenei definendolo «vergogna della nazione». Secondo le organizzazioni per i diritti umani la repressione delle autorità iraniane che governano con il pugno di ferro da 44 anni, ha causato 248 morti, tra cui 33 minorenni. Inoltre, negli scontri 28 membri delle forze di sicurezza sono stati uccisi e oltre 12.500 persone sono state arrestate durante le proteste in 114 città e paesi e circa 81 università. Per tornare all’attacco dello Stato islamico al santuario religioso sciita nella città di Shiraz non è che l’ennesima dimostrazione di come questa organizzazione terroristica agisca sempre sulla base dell’opportunità del momento sapendo cogliere le difficoltà dei ‹‹nemici›› e di come abbia la capacità di arrivare ovunque voglia. Un segnale inviato non solo all’Iran e al Medio Oriente ma al mondo intero.