martedì, 26 Novembre 2024
Evviva il 4 novembre la festa dei nostri padri!
di Pasquale Trabucco – Presidente Comitato 4 novembre
Mio padre è morto da pochi anni e ricordava suo padre in trincea. Il Presidente Mario Draghi ancora oggi ricorda il padre, Carlo Draghi, combattente decorato della Grande Guerra e promosso sul campo capitano.
Io, invece, ricordo mio nonno, il Fante Pasquale Trabucco di Giocondo classe 1899 combattente sul Grappa e ferito come tanti altri, fortunato per esser rientrato a casa mentre 650.000 non sono più tornati.
Quando ero piccolo spesso cercavo di parlare con Lui della “guerra” nonno invece si limitava a farmi una carezza, chiedermi il bastone ed era quello il momento per capire che voleva rimanere solo…non sono mai riuscito a sentire racconti di guerra dalle sue labbra.
Ci sono voluti molti anni per capire per quale motivo non volesse parlare di quella guerra che altri chiamarono il “tritacarne”; non era facile per me bambino e poi giovane comprendere quei silenzi quando il 4 novembre visitavo le caserme e salivo sul carro armato, quella macchina così poderosa che mi ricordava il cavallo di Ulisse e …mio padre sempre al mio fianco, fianco al fianco, mentre stringevo nella mia mano un piccolo Tricolore.
Mio nonno morì nel 1972 quando avevo 12 anni portando per sempre con sè i ricordi di quell’anno al fronte, di quel periodo sul Monte Grappa che tanto lo aveva cambiato nel corpo e nella mente.
Pochi anni prima, il 18 marzo 1968, in occasione del cinquantesimo della Vittoria era stato istituito con Decreto del Presidente della Repubblica l’Ordine dei Cavalieri di Vittorio Veneto costituito da tutti i veterani combattenti, ancora in vita, della guerra del 1915-1918.
Con Decreto si voleva “esprimere la gratitudine della Nazione” a quanti, avendo combattuto per almeno sei mesi durante la prima guerra mondiale o precedenti conflitti, avessero conseguito la croce al merito di guerra.
Mio nonno quindi aveva diritto a quel riconoscimento che però arrivò con quattro anni di ritardo quando Lui era già deceduto.
Non poté vedere con i suoi occhi quelle due piccole medaglie che oggi campeggiano in bella mostra nel salotto della mia casa.
Mio padre, negli anni dopo la morte di mio nonno, mi raccontava che spesso gli chiedeva notizie di quella medaglia che tardava ad arrivare quasi che sentisse che forse non avrebbe fatto in tempo a riceverla materialmente; una medaglia che rappresentava veramente un simbolo importante per tuti quei ragazzi, giovani e meno giovani che anche senza parlarne portavano dentro il dolore di quegli anni così difficili della loro esistenza.
I silenzi di mio nonno, i racconti di mio padre e i libri di scuola mi portarono nel corso della mia vita ad interessarmi sempre più della storia, di questa nostra guerra, e di una guerra combattuta da milioni di uomini e donne che in tutta Europa si contrapposero gli uni contro gli altri perché altri ancora avevano deciso per loro.
Ho letto molti libri sulla “Grande Guerra” alcuni però hanno qualcosa che ti colpisce più di altri e “Tappe della disfatta” di Friedrich Weber, detto Fritz ed “Un anno sull’Altipiano” di Emilio Lussu sono libri che lasciano il segno.
Due libri che non parlano di guerra, per parlare di guerra, bensì che ammoniscono e commemorano contemporaneamente.
Libri scritti da due ufficiali che combatterono al fronte impegnati su trincee diverse ma con un alto senso di lealtà e con la certezza che la guerra fosse una cosa terribile e da evitare ma da combattere per la propria Patria. Perché i più grandi pacifisti sono proprio i militari che conoscono l’efferatezza e la brutalità della guerra.
La ma battaglia nasce da quei silenzi di mio nonno e da tutto quello che ho raccontato ma soprattutto dall’aver riconosciuto il grande errore della politica che in quel lontano 1977 tolse la dignità ai nostri padri, ai nostri nonni e bisnonni con quella legge scellerata del 5 marzo 1977 la n.54 che faceva diventare mobile due feste che rappresentano da sempre la coesione nazionale: il 2 giugno e del 4 novembre e, se la festa del 2 giugno ci è stata restituita nel 2000, dopo 24 anni di assenza, per il 4 novembre ancora aspettiamo!
E’ stato così che nel 2018 ho capito che per dare voce a questi uomini che ci consegnarono l’Italia di oggi avrei dovuto prendere un Tricolore ed incamminarmi per la Penisola da Nord a Sud per parlare alla politica e far capire quanto fosse necessario, oggi più di ieri, rendere unita una Nazione, al di sopra delle parti, con una festa che veramente rappresenti l’Unità Nazionale e, quelle Forze Armate che ci hanno dato i confini di questa Repubblica.
E la politica, in questi ultimi due anni, ha recepito queste richieste con otto proposte di legge fatte presentare dal Comitato Nazionale da tutti gli schieramenti politici!
Una battaglia che forse vede la fine del tunnel, una battaglia combattuta con altri 9 uomini che insieme a me hanno dato vita ad un Comitato Nazionale che rappresenta milioni di italiani.
Per questo ho scritto anche un libro “L’ombra della vittoria. Il fante tradito” dove racconto del mio viaggio e del tradimento che questi giovani di allora hanno ricevuto così come i giovani di oggi che troppo spesso tornano avvolti in sacchi di plastica perché Caduti in teatri operativi all’estero.
La festa del 4 novembre si è iniziata a festeggiare già dal 1919, l’anno dopo la fine delle ostilità, ma solo il Regio Decreto del 23 ottobre 1922 sancì per legge che il 4 novembre sarebbe stato un giorno da custodire per l’eternità. Invece ci siamo dimenticati troppo presto di quel giorno così fondamentale per gli italiani.
Da quando è iniziata la mia battaglia quel 22 maggio 2018, con l’inizio del mio viaggio a piedi, abbiamo perso tre occasioni per dare nuova dignità a questi uomini e queste donne che hanno fatto l’Italia: il 2018, cento anni dalla fine della guerra, il 2021, 100 anni dalla traslazione del Milite Ignoto all’Altare della Patria, ed ora il 2022 i cento anni dal Regio Decreto che sanciva per legge questa festa!!!
In questi ultimi anni un sogno si ripete notte dopo notte, forse a causa della stanchezza, forse dell’impegno che da quattro anni mi coinvolge pienamente, e nel sogno vedo mio nonno insieme ai suoi amici italiani e ai suoi nuovi amici austriaci e li sente parlare, sente chiedersi per quale motivo si sono sparati l’uno contro l’altro se poi il sacrifico di “Francesco” non viene più ricordato e neanche quello di “Fritz” morto invano per mano italiana dato che ai combattenti italiani non dedicano neanche un giorno di festa ed un ricordo nelle scuole.
Nonno… riposa in pace perché io continuerò a combattere fino a quando nelle scuole, nelle piazze, nelle fabbriche non si parli della “tua” storia, della storia dei ragazzi come te e di quanti ancora oggi si battono per noi quando e dove serve e, fino a quando un tratto rosso, rosso come il vostro sangue, non sarà nuovamente tracciato sul 4 novembre di ogni anno.
Pasquale Trabucco
Presidente del Comitato Nazionale per il ripristino del 4 novembre Festa Nazionale