Morti sospette, milioni truffati. La mafia e gli affari d’oro sugli allevamenti in Abruzzo

I fondi europei destinati agli allevatori sono il nuovo business delle mafie che hanno intascato in questi anni centinaia di milioni di euro. Una vasca di soldi che avrebbero dovuto servire a risollevare l’economia montana mentre invece l’hanno distrutta. Tra le regioni più colpite da questo fenomeno c’è l’Abruzzo.

In Abruzzo la “mafia dei pascoli” ha messo in ginocchio gli allevatori. Il sistema creato dalla organizzazioni criminali per accaparrarsi la terra svenduta nelle aste dai comuni ha fatto guadagnare milioni di euro di fondi europei alle mafie, grazie alla costituzione di società fittizie. Aziende agricole fantasma che spesso sui pascoli non allevano ne producono assolutamente nulla, o nel migliore dei casi ci raccontano gli allevatori spostano da una parte all’altra il bestiame (sempre lo stesso). Ma la gravità di questa truffa colossale che sta distruggendo l‘economia agricola è anche la violenza usata da questi soggetti per accaparrarsi la terra. Gli allevatori infatti hanno denunciato nel tempo intimidazioni, minacce, incendi e animali avvelenati senza che nessuno abbia fatto chiarezza su questi episodi.

Morti sospette

Emiliano Palmieri un allevatore di 28 anni di Ofena in provincia dell’Aquila è stato trovato impiccato ad un albero il 16 maggio 2022 ma due settimane prima aveva subito una brutale aggressione riportando una profonda ferita alla testa causata da una pistola di quelle utilizzata per la macellazione. Prima di questo episodio ignoti avevano avvelenato due cavalli di sua proprietà. Stessa sorte è toccata ad un altro allevatore sempre in provincia dell’Aquila a Pizzoli che pochi giorni dopo la morte di Palmieri è stato trovato impiccato nella sua stalla.

Le indagini

Le mani della mafia sui Pascoli abruzzesi sono solo la punta dell’iceberg di un sistema spartitorio che riguarderebbe diverse regioni italiane e che sta facendo morire il sistema agricolo. Solo in Abruzzo nelle ultime settimane sono state adottate 4 interdittive antimafia dalle Prefetture dell’Aquila e di Pescara, nei confronti di aziende e società agricole. L’ultima interdittiva antimafia emessa dal Prefetto di Pescara Giancarlo di Vincenzo è molto dettagliata. Il provvedimento emesso nei confronti della società agricola Frassino collegata ad altre 4 società riconducibili ai fratelli Berasi evidenzia attraverso le sentenze il legame del Clan dei Casalesi di Eraclea (Verona) con i due fratelli. Il sistema scrive il prefetto era di avere all’interno di ogni società un soggetto locale del territorio dove si decideva di operare. Un fattore ricorrente anche nelle altre società. Il sistema dei pascoli è anche ben descritto in una relazione redatta nel 2018 da un gruppo di ricerca scientifica dell’Università dell’Aquila, “Evidenze di fenomeni criminogeni in riferimento ai pascoli montani e ai contributi europei della Politica Agricola Comune (PAC)” che incrocia più di mille testimonianze di agricoltori con nomi e società che hanno in mano i pascoli e che sono riconducibili a presunte famiglie mafiose in tutta Italia e che mettono in evidenza così, il paradosso per cui contributi europei finiscono nelle tasche di chiunque ma non degli allevatori. «L’idea che mi sono fatta, dalle segnalazioni raccolte durante la ricerca sul campo e poi, ancor più chiaramente, con il lavoro fatto per ricostruire i trasferimenti dei titoli Pac in capo a soggetti segnalatici in varie regioni d’Italia, è che si tratta di un unico modello criminale organizzato in reti che, d’intesa, si spartiscono l’intero territorio nazionale, sotto il controllo di ‘Ndrangheta, Camorra, Mafia e varie consorterie criminali della Puglia»-commenta la ricercatrice dell’Universita dell’Aquila che ha condotto lo studio sui Pascoli.

Un sistema noto anche alla regione Abruzzo «Dal mio insediamento nel 2019 come assessore all’agricoltura ho ascoltato per mesi il grido di allevatori locali e operatori del settore, stanchi di essere vessati da un vero e proprio sistema che, pur nel rispetto formale della legge, poco aveva a che fare con l’allevamento»-dichiara Emanuele Imprudente, vicepresidente della giunta regionale dell’Abruzzo e assessore all’agricoltura

Affari d’oro

Le tante società fantasma si trovano per la maggior parte a Foggia, Reggio Calabria e in provincia di Verona e si sono aggiudicate all’asta nei comuni dell’Abruzzo i pascoli, pagando un affitto di poche migliaia di euro a fronte di contributi milionari. La Pac 2015-2020 (Politica Agricola Comune) per gli aiuti agli allevatori attribuisce infatti un titolo a ogni ettaro di superficie ammissibile. In Italia i pascoli sono ben 3,2 milioni di ettari e il valore dei titoli varia da diverse migliaia di euro, a titoli di neppure un centinaio di euro a seconda delle produzioni agricole. Da qui è chiaro il giro di affari e l’interesse delle mafie che con queste società spesso costituite appositamente per fruire dei titoli Agea (agente pagatore italiano) che elargisce finanziamenti europei riescono a guadagnare soldi facili. Cifre stimabili anche in un milione di euro l’anno per un’attività di pascolo o coltura che spesso non esiste. Uno dei tanti casi raccolti dai ricercatori dell’Aquila e descritto da un allevatore riguarda tre ditte individuali che hanno percepito in 5 anni 5.567.000 milioni di euro. Una somma che dovrebbe corrispondere a delle realtà produttive importanti e invece come previsto dal sistema messo su in questi anni sono società sull’orlo del fallimento. Un altro caso invece riguarda un’altra società che percepisce circa 400mila euro l’anno ma nel suo pascolo non ha nulla. Mentre un’altra azienda ha percepito dal 2011 al 2016 circa 60 milioni di euro. Un business che avrebbe fatto incassare alla criminalità organizzata centinaia di milioni di euro.

A raccontarci la sua storia è un agricoltore colpito in prima persona.
« Nel 2011 feci il primo esposto alla prefettura su quello che stava accadendo in Abruzzo ma non successe nulla. Poi Nel 2013 come rappresentante del Cospa Abruzzo presentai presso il comando compagnia carabinieri di Sulmona, alla presenza del Nucleo Antifrode Comunitarie una querela per alcune minacce ricevute tramite una telefonata da un personaggio con un accento spiccatamente settentrionalema la procura aquilana dietro una breve, anzi brevissima indagine decise di archiviare »- ci racconta Dino Rossi presidente dell’Associazione Allevatori Cospa Abruzzo la prima a denunciare
Poi cosa è accaduto?
«Queste società che sembrano scatole cinesi rilevano i pascoli dai comuni abruzzesi e poi o non ci allevano nulla o spostano il bestiame da una parte all’altra. Molti allevatori sono stati intimiditi, per impedire che prendessero i pascoli. A me personalmente hanno bruciato una autopressa e una pala macchina ma credo si siano sbagliati con il mio vicino che era il ragazzo di Ofena ritrovato impiccato. Queste società come le dicevo vanno al comune e fanno offerte ma non hanno bestiame. Ad esempio nel comune di Villa Santa Lucia degli Abruzzi c’è una società che non ha mucche ma prendono comunque soldi. Idem nel comune di San Benedetto in Perillis dove un’azienda grazie al pascolo incassa 400mila euro l’anno di contributi europei ma non ha animali e nessuno controlla».
Cosa spera si faccia?
«Si spera che si inizi a fare chiarezza a tutta questa storia tenuta sommersa per lunghi anni a vantaggio di personaggi che non hanno nulla a che fare con il mondo dell’allevamento, partendo da nord a sud dell’Italia per soffermaci nella nostra regione e più precisamente nel comune dell’Aquila con i beni separati di paganica, tanto da generare una decina di aziende fantasma. Ma non finisce qui. Ad avere un portafoglio titoli c’è anche il parco nazionale Abruzzo Lazio Molise, forse ha intenzione di accedere ai fondi UE una volta che si sono liberato di quei pochi allevatori rimasti sul territorio che potrebbe distruggere un patrimonio zootecnico nazionale e compromettere la produzione di carne di latte».
Cosa abbiamo scoperto
Facendo una rapida verifica sono moltissime le aziende agricole che gestiscono i pascoli abruzzesi ad avere al loro interno sempre gli stessi amministratori del nord (due) con un terzo soggetto solitamente abruzzese. Abbiamo provato a contattare l’unico amministratore di cui è stato possibile reperire il numero e che compare in queste società con un altro socio ma non ha voluto dirci ne il numero delle società, ne dei dipendenti, ne del bestiame ritenendoli fatti privati.

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