Armi a Kiev, Copasir, Vigilanza Rai. La sinistra è senza pace e senza alleanze

Sono giorni di dubbi nel Pd, anzi, nella sinistra intera per non dire nell’opposizione al governo Meloni. L’incontro tra il premier e Calenda sulla manovra ha infatti irritato molti e c’è già chi lo intravede come un primo passo verso una futura chiamiamola «collaborazione» di governo. Ma è spostandosi sempre più a sinistra che le cose si complicano.

Il M5S, forte del sorpasso sul Partito Democratico confermato da tutti i sondaggisti, tiene la barra fissa verso le rotte estreme, a cominciare dalla posizione sulla guerra in Ucraina. Settimana scorsa al Parlamento Europeo, durante la votazione della mozione che definiva «Terrorista» la Russia i pentastellati si sono astenuti, marcando per la prima volta in maniera formale, il loro dissenso dalla posizione filo europeista e filo atlantista tenuta fino a quel momento.

E oggi alla Camera hanno fatto lo stesso, dicendo no all’invio di nuove armi a Kiev.

Una posizione annunciata che ha messo in difficoltà il Pd; in un momento di totale anarchia, in molti dentro al Nazareno sarebbero stati bel lieti di seguire la linea di Giuseppe Conte un po’ per condivisione dell’opinione ed un po’ per salvare il dialogo che dovrebbe portare all’alleanza con i pentastellati soprattutto in vista delle prossime regionali. Altri però non erano per nulla convinti dello stop non solo alle armi ma all’intera linea filo europeista, atlantista, pro Kiev ed anti Mosca rivendicata in tutti questi mesi e che Letta ha considerato fattore fondamentale del suo partito.

Una battaglia interna che alla fine è stata vinta da questi ultimi; oggi il Pd infatti ha votato con la maggioranza e contro i grillini, che in realtà non se la sono presa nemmeno troppo, anzi. Questo essere passati dall’essere forza di governo a partito di opposizione dura e pura si ultra sinistra recuperando voti e sottraendo consensi e valori all’ex partito comunista è una cosa cui Conte tiene parecchio.

Ma la divisione al momento resta. E sarà così già difficile spiegare ad esempio agli elettori lombardi del Movimento che dovranno votare Pierfrancesco Majorino scelto dal Pd per le regionali in Lombardia, elezione che dovrebbe segnare, nell’idea dell’opposizione, il punto di ripartenza e rinascita. Certo, si attaccheranno al classico «pur di non far vincere la destra» con i quali hanno fatto del male per un trentennio al Paese e a se stessi.

ma c’è un’altra partita, anzi, in realtà due partite, che stanno mettendo a rischio questa già friabilissima alleanza dell’opposizione.

Tutto parte della nomina del nuovo Presidente del Copasir e del Presidente della Commissione di vigilanza Rai (poltrone da sempre in mano all’opposizione). Il Pd da sempre per il controllo dei servizi ha fatto il nome di Lorenzo Guerini (che in realtà letta ha pure provato ad ostacolare all’inizio) e su questo il M5S era anche d’accordo. In cambio però i grillini chiedevano l’altra poltrona, quella legata alla tv di Stato, con i nomi di Riccardo Ricciardi o Alessandra Todde. Ma qualcosa si è rotto. Il Pd tentenna, frena; vuole prima la prova di fedeltà da Conte su Guerini. Il Movimento frena e non si fida; sullo sfondo infatti c’ sempre lui, Matteo renzi, pronto con un colpo di mano dei suoi a mettere alla Vigilanza rai nientemeno che Maria Elena Boschi, lasciando così i pentastellati fuori da ogni partita e da ogni poltrona.

Il voto sul Copasri, previsto per oggi, guarda caso è stato rinviato a martedì prossimo. E tutto potrà accadere.

Insomma a sinistra più che la «Santa Alleanza» si rischia il terremoto definitivo. E meno male che hanno passato tutta la campagna elettorale a parlare delle divisioni e del filo puntinismo del centrodestra.

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