Salvatores, Nirvana nato da Abatantuono e Cobain

Fare un film sul metaverso? “Non si sa mai, sarebbe affascinante, ma quello che dico per il cinema vale anche per le nuove tecnologie. il metaverso si deve nutrire della vita reale sennò facciamo solo vedere i muscoli. Il web può venire usato in modo perverso. Lo vediamo anche sui social, che non vanno rifiutati, ma non lasciamoci usare da loro: dobbiamo tenere sveglia una coscienza individuale e critica e cercare le cose vere”. Parola di Gabriele Salvatores, protagonista alla Sapienza di Roma, nella sede di Via Salaria, di un incontro dedicato ai 25 anni del suo cult di fantascienza, Nirvana, al quale gli studenti hanno reso omaggio realizzando il reboot transmediale, Nirvanaverse (aperto dal 16 dicembre nel metaverso The Nemesis, nello spazio virtuale di Rai Cinema) promosso dal Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale e sviluppato nell’ambito del corso di ‘Transmedia Studies’ e dal Transmedia Lab del Dipartimento CoRiS della Sapienza.

Nirvana, interpretato da un supercast composto, fra gli altri, da Christophe Lambert, Diego Abatantuono, Stefania Rocca, Sergio Rubini, Silvio Orlando, Emmanuelle Seigner, metteva in scena un’immersione nella fantascienza e un contatto con un metaverso ante litteram, attraverso il personaggio di un videogioco, Solo (Abatantuono) che in un futuro non troppo lontano prende coscienza di sé. Il film è nato “in un momento particolare”, spiega il regista intervistato da Elisabetta Stefanelli, caporedattrice della Cultura dell’ANSA, “immediatamente dopo l’Oscar di Mediterraneo (vinto nel 1992), che non so quanto fosse meritato… io fra i candidati preferivo Lanterne rosse” dice sorridendo. “Ho deciso di usare quella botta di fortuna, per realizzare progetti che altrimenti difficilmente mi avrebbero permesso di realizzare”. Nirvana viene “da due elementi, uno divertente e uno meno. Quello divertente è Diego Abatantuono, che dopo una partita insieme al Nintendo si è chiesto scherzando cosa facessero i personaggi quando noi spegnevamo”. La cosa “meno divertente è che Kurt Cobain leader dei Nirvana aveva deciso di uccidersi in quel periodo e aveva lasciato un messaggio nel quale diceva anche ‘non riesco più a stare in questo gioco’. Ho sempre amato la fantascienza, in particolare Philip K. Dick ma l’ho voluta esplorare con i nostri stilemi, mettendo insieme anche comicità, dialetto…”. E’ un film arrivato in un momento di dubbio, “nel quale non sapevo che direzione prendere, c’era anche un abbandono sentimentale di mezzo. Una fase di profondo cambiamento come quello che sto vivendo adesso”.

Il cineasta, classe 1950, tornerà nelle sale in primavera con Il ritorno di Casanova, interpretato fra gli altri da Toni Servillo e Sara Serraiocco: “E’ un film a cui tengo molto perché è la prima volta che parlo un po’ di me. Il protagonista è un regista un po’ più giovane di me che deve fare un film su Casanova anziano. Due persone in una fase di dilemma della vita, che si chiedono se si deve sempre ripetere il proprio personaggio o lasciarsi andare al qualcosa diverso… ve lo anticipo, la vita è più importante del cinema”. L’uscita sarà il 30 marzo perché, anche a causa della pandemia, “si è formata una lista molto lunga di film soprattutto americani, che devono uscire prima. I francesi proteggono il loro film anche per legge, noi no”. Inevitabile un accenno alla crisi delle sale: “Il cinema ha perso la funzione di aprirci verso il mondo – osserva -. Berlusconi con le sue televisioni non ha fatto altro che abbassare il gusto della gente, e pian piano il cinema si è seduto su questo e ha perso il gusto del tempo lento. il nostro compito invece è rallentare dobbiamo dare alle persone il tempo di pensare”. La sala è l’ambiente ideale, “anche perché sono due ore in cui non sei interattivo, puoi lasciarti andare al sogno o all’incubo di un’altra persona. E’ salutare lasciare il tuo ego per un momento”.

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