lunedì, 25 Novembre 2024
La Nato non cambia strada: si ad altre armi a Kiev. Ma resta l’alt di Berlino sui carri armati
È un messaggio «forte e chiaro» quello uscito dalla base Nato di Ramstein dove oggi si è tenuto il delicatissimo forum Nato 2023. Delicato perché doveva offrire al mondo la linea dell’alleanza atlantica e dei suoi paesi davanti alla guerra in Ucraina ed alla richiesta di armi da parte di Kiev, tra cui i tanto discussi carri armati tedeschi. Ed alla fine è passata la linea del Si, compresa l’Italia che fornirà, come annunciato dal ministro della difesa Crosetto «missili anti aereo e mezzi terrestri».
Dagli Usa sono arrivate richieste su come continuare il supporto all’Ucraina, stante che la guerra si sta rivelando una fenomenale opportunità per costruire più armamenti e per venderli ammodernando gli arsenali dei Paesi alleati che forniscono ciò che vorrebbero sostituire a Kiev. Tutto per cercare di togliere di mezzo Vladimir Putin accettando che potrebbe esserci anche un futuro peggiore. Anche perché la sopravvalutata potenza militare russa ha già mostrato tutti i suoi limiti e la richiesta di Zelensky di un buon numero di carri armati è coerente con un’offensiva che tra la primavera e l’estate potrebbe portare alla riconquista dei territori. E su questo gli Usa a Ramstein, oggi sono stati chiari: “E’ un momento decisivo” ha detto il segretario della Difesa Usa Lloyd Austin, esortando la Germania a inviare più carri armati, e la Svizzera a concedere l’esportazione delle munizioni che li armano.
Berlino, dopo Washington e Londra, è la terza nazione al mondo per forniture militari a Kiev, ma Scholz a Ramstein ha mantenuto un atteggiamento prudente senza dare una parola definitiva sui suoi «panzer» poiché quella che finora è stata una sensazione, oggi diventa una strategia chiara: dall’appoggio militare a una nazione aggredita che doveva trovare la strada della pace si è passati alla volontà di annientare la Russia sul piano militare perseguendo un “impegno totale contro il nuovo blocco nemico” che vedrà impegnarsi immediatamente con più risorse il Regno Unito, i Paesi baltici, la Repubblica Ceca e la Polonia. Varsavia, peraltro, invierebbe i carri anche senza l’ok di Berlino. E a seguire tutti gli altri, con Turchia che tenterà il tutto per tutto sul piano diplomatico, la Francia che con l’Italia vorrebbe mandare i missili Samp-T), e l’Italia nel ruolo della “maggiore tra le nazioni piccole”.
Da ieri fonti arabe riferiscono che il direttore della Cia William Burns si sarebbe recato segretamente a Kiev per incontrare Zelensky la scorsa settimana per accordi sulla presenza di specialisti e la fornitura di servizi d’informazione per i prossimi mesi. All’amministrazione Biden un solo gioco probabilmente non riuscirà: quello di ricattare gli alleati minacciandoli di perdere l’ombrello della sua difesa come aveva fato Donald Trump quando ricordò che a pagare il conto più salato per l’Alleanza erano gli Usa. Su tutti, Parigi ha da guadagnarci: da sempre vorrebbe guidare la nascente Difesa comune europea e quale migliore occasione una divergenza di vedute tra Washington e Bruxelles su quanto umiliare Vladimir Putin per prendere una posizione di alleato equidistante tra Usa e Germania.
Così Stati Uniti ed alleati europei promettono più potenza di fuoco militare per l’Ucraina con armi pesanti per sostenere la “resistenza eroica” di Kiev nonostante le minacce di Mosca. Zelensky ha dato indicazioni chiare: i suoi generali e i consiglieri militari occidentali gli hanno consigliato di disporre di più veicoli blindati e armi pesanti, a cominciare con i 59 veicoli da combattimento Bradley e i 90 mezzi corazzati Stryker che sarebbero già in movimento dalle basi usa verso l’Europa. Ma per gli Abrans si attende l’impegno di Berlino.
Il segretario di Stato Antony Blinken ha affermato che si tratta di un “nuovo significativo pacchetto di assistenza alla sicurezza per aiutare l’Ucraina a continuare a difendersi dalla brutale guerra della Russia”, qualcosa che fa salire il valore di quanto già dato all’Ucraina a circa 27,4 miliardi di dollari. Il Regno Unito ha confermato l’invio di 600 missili Brimstone, mentre la Danimarca 19 obici Caesar di fabbricazione francese e la Svezia il sistema d’artiglieria Archer.
Blinken puntualizza: “Riconosciamo che equipaggiare l’Ucraina per spingere la Russia fuori dal suo territorio è importante quanto equipaggiarla per difendere ciò che già ha, insieme continueremo a sostenere l’Ucraina per passare dalla resistenza all’espulsione delle forze russe dal suolo ucraino. Il nuovo livello di potenza di combattimento richiesto è raggiunto solo da combinazioni di squadroni di carri armati che operino al di sotto della difesa aerea e missilistica a fianco di gruppi d’artiglieria che consentono di prendere di mira i nodi logistici e di comando russi nel territorio occupato”. Il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov già nella giornata di ieri aveva dichiarato: “Significherà portare il conflitto a un livello completamente nuovo che, ovviamente, non sarà di buon auspicio dal punto di vista della sicurezza globale e paneuropea”. Certo, rimane il nodo nucleare che Mosca sventola ricordandolo all’Europa.