lunedì, 25 Novembre 2024
Il «passo indietro» della Ardern, in realtà un passo avanti per lei e per le donne
Qualcuno scrisse che: “fermarsi a volte è importante tanto quanto andare avanti a tutti i costi”.
Chissà se la premier neozelandese Jacinda Ardern abbia pensato e ripensato a questo anonimo adagio nelle lunghe notti insonni che l’hanno condotta – tra lo stupore generale – a rassegnare le proprie dimissioni da Primo Ministro del paese oceanico, senza alcuna avvisaglia o segnale premonitore, anzi lavorando quotidianamente, con l’ardore e la passione che – dal 2017 – l’avevano portata sullo scranno più alto del parlamento, sino al giorno del dirompente annuncio.
“Ho dato tutta me stessa per essere primo ministro, ma mi è anche costato molto. Non posso e non devo fare questo lavoro se non ho il pieno di energie, oltre ad un po’ di riserva per quelle sfide impreviste che inevitabilmente si presentano” ha spiegato la Arden.
Proseguendo ha rivendicato i successi conseguiti dal suo governo per poi concludere dicendo: “Sono umana. Diamo tutto ciò che possiamo il più a lungo possibile e poi arriva il momento. E per me è questo il momento”.
Giustappunto.
Il famoso giornalista argentino Osvaldo Soriano usò una metafora che si attaglia perfettamente al caso: “c’è un momento per ritirarsi prima che lo spettacolo diventi grottesco. Quando uno è sulla pista lo capisce. Magari il pubblico applaude come impazzito ma uno, se è un vero artista, lo sa”.
La Ardern ha lasciato il palcoscenico da protagonista e lo ha fatto nel clou della sua lunga carriera di politica con un’onestà e un coraggio che dovrebbero fungere da paradigma per tutti coloro che non mollano la famigerata ‘poltrona’, ancorandosi ad essa con le unghie e con i denti esclusivamente per inerzia e tornaconto personale, consci di non aver più nulla da dare ma pensando solo ad arraffare ciò che il ruolo consente loro.
In questo l’Italia è una fucina di esempi all’incontrario, di voltagabbana e trasformisti che fanno il salto della quaglia da uno schieramento politico all’altro pur di evitare lo scioglimento delle Camere e la perdita delle indennità parlamentari o il ricco stipendio.
Quanti governi tecnici abbiamo avuto con il pieno favore dei membri dell’emiciclo, preoccupati unicamente di conservare i propri benefici e la proverbiale ‘cadrega’, a dispetto degli interessi nazionali?
La Ardern, con il suo gesto quasi eroico, trafigge queste miserie di meschino utilitarismo personale rifulgendo come una luce nelle tenebre, in un mondo di politici incapaci, espressioni di lobbies o interessi di pochi, non di rado disponibili a farsi corrompere dalla prima valigia di contanti ( ma anche meno di una valigia) che viene loro recapitata.
Non è un caso che la Ardern sia donna perché le donne, grazie al dono divino di generare la vita rischiando la propria, hanno un coraggio connaturato e ancestrale che manca agli uomini.
Il cuore di una donna non muta con il tempo, nè si altera con il passare delle stagioni, è fedele a se stesso, imperturbabile e sicuro di sé.
Soprattutto esprime umanità e non ha paura ad ammettere i propri limiti.
Quando la Ardern dice: “sono umana”, sembra affermare una banalità, ma in realtà declina un concetto altissimo, quello del nobile senso di responsabilità nel saper rifiutare ciò che non si è più in grado di onorare.
Non a caso l’ex premier neozelandese, rispondendo ad una domanda di un giornalista, ha spiegato di voler lasciare ai neozelandesi la convinzione che si possa essere gentili ma forti, empatici ma decisi, ottimisti ma concentrati. E che essere un leader significa anche sapere quando è il momento di andare.
C’è una vita oltre al potere, alla fama, alla poltrona.
Una vita che sta dietro l’abito che indossiamo, i likes o follower che reclamiamo, l’immagine sociale che costruiamo, il titolo che esibiamo, il ruolo che ricopriamo.
Una vita.
Una, appunto, la sola che ci è stata data e che la Ardern ha deciso, per il momento, di dedicare ai suoi affetti, cui attribuisce la priorità.
Chapeau.