lunedì, 25 Novembre 2024
Le mire di Putin infiammano la Moldavia
Il presidente russo Vladimir Putin questa mattina ha revocato un decreto del 2012 che in parte sosteneva la sovranità della Moldavia nell’ambito delle politiche sul futuro della Transnistria, regione separatista sostenuta da Mosca che confina con l’Ucraina e dove la Russia ha dispiegato le sue truppe. Come scrive The Guardian il decreto, che comprendeva una componente moldava, delineava la politica estera russa di 11 anni fa che presupponeva relazioni più strette con Ue e Usa. La revoca è stata pubblicata sul sito del Cremlino e afferma: «La decisione è stata presa per garantire gli interessi russi in relazione ai cambiamenti nelle relazioni internazionali». Che significato ha questa mossa?
Di certo stiamo assistendo all’intensificazione di una campagna ibrida contro la Moldavia cruciale per la sua vicinanza all’Ucraina. Non a caso agli inizi di febbraio il governo filoeuropeo si è dimesso dopo essere stato a lungo destabilizzato a causa di alcune crisi politiche. Secondo Valentina Chabert analista geopolitica di Opinio Juris: «La Moldavia si trova in una situazione di neutralità tra l’Ucraina e il blocco atlantico, tuttavia si registra attualmente una certa divisione tra il governo e l’opinione pubblica anche per il timore di un’infiltrazione di Mosca attraverso la regione separatista della Transnistria (in cui la Russia é presente militarmente), che rende tangibile il rischio per il Paese di essere coinvolto nel più ampio gioco della guerra attualmente in corso».
Come detto durante tutto il 2022 i rapporti Russia – Moldavia sono stati caratterizzati da una crescente escalation, anche per via della presenza a capo dell’esecutivo moldavo di Natalia Gavrilita che si caratterizza come europeista di ferro. «La Transnistria -continua Chabert- può essere concepito come una sorta di Donbass moldavo e ospita una presenza militare russa di circa 1.500 unità dal 1992, anno del congelamento del conflitto, e che hanno una funzione ufficiale di mantenimento dello status quo ma che ora nel contesto del conflitto ucraino sta generando forti tensioni con il governo centrale di Chisinau con risonanza anche in Occidente».
Possibile quindi che la Russia voglia invadere la Moldavia? Benché si tratti di un piccolo paese di 33mila chilometri quadrati in cui vivono meno di 3 milioni di abitanti che potrebbe capitolare in pochi giorni, per i russi aprire un nuovo fronte di guerra appare oggi impossibile. Più probabile che il Cremlino voglia aumentare la presenza delle proprie truppe in Transnistria obbligando così Kiev a spostare sul confine delle truppe impegnate in altre aree di guerra. Un tentativo di indebolire le forze ucraine con un diversivo.
Sempre a proposito di manovre russe, lo scorso 21 febbraio la Süddeutsche Zeitung, WDR, NDR e altri nove media europei hanno riferito di un documento interno del Cremlino di 17 pagine intitolato «Obiettivi strategici della Federazione Russa in Bielorussia». Nel documento che sarebbe stato scritto nell’estate 2021 si parla della volontà della Federazione russa di annettere la Bielorussia entro il 2030. Gli obiettivi strategici della Russia in Bielorussia sono nei settori della politica/difesa, commercio ed economia e società, e si dividono in dividono in breve termine (fino al 2022), medio termine (fino al 2025) e lungo termine (2030) . Secondo la Süddeutsche Zeitung l’obbiettivo strategico finale della Russia è di «assicurare l’influenza dominante della Federazione Russa nei settori della politica sociale, del commercio, dell’economia, della scienza, dell’istruzione e della cultura». Segnale inequivocabile è il fatto che riforma costituzionale bielorussa, decisa nel febbraio 2022, dovrebbe essere completata secondo le condizioni dettate da Mosca quindi le leggi dovrebbero essere «armonizzate con quelle della Federazione Russa».
Per Martin Kragh, vicedirettore del Centro di studi sull’Europa orientale (SCEEUS) di Stoccolma: «Nella sua forma esteriore, il documento assomiglia a un documento standard della burocrazia o dell’amministrazione politica russa e il contenuto è in gran parte coerente con gli obiettivi politici della Russia nei confronti della Bielorussia sin dagli anni ’90». Evidente che con l’operazione Mosca voglia evitare qualsiasi influenza occidentale su Minsk e allo stesso tempo alzare una sorta di muro contro la NATO. Ma che ne pensa il dittatore Alexander Lukashenko presidente della Bielorussia dal 1994 che senza la protezione russa e i brogli elettorali (come quelli del 9 agosto 2020) sarebbe stato cacciato dal suo popolo? Il presidente bielorusso è ormai «prigioniero» di Vladimir Putin ed è molto probabile che i loro continui incontri servano solo a trovare una soluzione che salvaguardi Alexander Lukashenko e la sua famiglia, dall’inevitabile annessione russa.