sabato, 8 Febbraio 2025
Piano piano, una storia di ultimi nella Napoli da scudetto
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(ANSA) – ROMA, 09 MAR – Un tratto di soprelevata in
costruzione minaccia dall’alto un caseggiato di Capodichino
nella Napoli del 1987 alla vigilia dello scudetto. Qui, tra
queste quattro case, un microcosmo di degrado e povertà si trova
costretto ad andare via. Ma dove?
Si svolge qui PIANO PIANO, l’intensa opera prima low budget di
Nicola Prosatore, già a Locarno e ad Alice nella Città e ora in
sala dal 16 con I Wonder Pictures.
Il film racconta appunto di questa minaccia di sgombero che
inevitabilmente accelera, fa da volano, alla vita dei
protagonisti. Sicuramente accelera la vita di Anna (Dominique
Donnarumma), tredicenne con tanta voglia di diventare grande e
che suona il piano, ma solo per soddisfare il desiderio di
riscatto della madre Susi (Antonia Truppo). C’è poi l’incontro
tra Anna e il coetaneo Peppino (Giuseppe Pirozzi), incaricato
dal boss di quartiere (Lello Arena) di occuparsi di un latitante
(Antonio De Matteo) tenuto nascosto in una cascina, a cui si
arriva attraverso un buco nel muro coperto da un poster di una
Samantha Fox seminuda. Un passaggio emblematico per la
ragazzina, che si ritrova spesso ad accompagnare Peppino dal
latitante, per un possibile quanto inevitabile salto
dall’adolescenza all’età adulta, dai rossetti rubati alla madre
messi di nascosto, alla scoperta dei veri desideri del suo
corpo.
Nonostante quello di PIANO PIANO sia un mondo alla deriva,
di sconfitti, di gente che vive ai margini, resta però pieno
della bellezza della verità, grazie anche all’efficace utilizzo
di uno scarno dialetto napoletano.
“È un film iniziato dieci anni fa – spiega oggi a Roma
Antonia Truppo che ha anche scritto la sceneggiatura insieme al
regista -. Avevo raccontato la mia personale storia a Prosatore
e lui mi ha subito detto: ‘Scrivila, sarà il mio primo film'”.
Dice il regista: “È un film di crescita consapevole, di
formazione, con una ragazzina piena di brufoli che vive in un
castello che sta per essere espugnato da un esercito che vuole
sgomberarlo”.
L’uso del dialetto stretto, spiega poi Prosatore, regista di
serie tv come WANNA, docuserie su Wanna Marchi: “Era necessario
per dare maggiore realismo a questo film fatto in maniera
sartoriale con un low budget”. (ANSA).