sabato, 1 Febbraio 2025
Cannes: Totopalma, tra Farhadi, Annette e Lingui
C’è forse un film che mette d’accordo tutti in questa edizione del Festival di Cannes senza troppi picchi e vissuta in mascherina (dunque un po’ in apnea)? E questo al di là dei generi, delle quote rosa e dei gusti barricaderi del presidente di giuria Spike Lee, ma solo per qualità, bellezza e forza? Sì sicuramente uno c’è: A HERO di Asgar Farhadi. Gli altri che guardano più timidamente al Palmares sono: ANNETTE, LINGUI, TOUT S’EST BIEN PASSÉ, LA FRACTURE e, per bellezza estetica e scrittura DRIVE MY CAR.
Sorprese, infine, potrebbero venire da NITRAM e COMPARTMENT N.6.
E Nanni Moretti? L’accoglienza della stampa estera di questo film di ‘Moretti senza Moretti’ non è stata buona, ma la speranza c’è, vista la composizione variegata della giuria e le possibili sorprese.
Intanto A HERO, forse non il Farhadi alla massima potenza, ma comunque una perla di sentimenti e umanità con il dramma di un uomo alla ricerca di soldi per non rientrare in prigione. Un uomo a un certo punto baciato dalla fortuna, ma anche dal suo lato oscuro, in un intricato dramma-thriller.
Il musical ANNETTE di Leos Carax, un po’ bruciato dal fatto di essere stato il film di apertura, è sicuramente, pur battendo bandiera francese, il film più americano e glamour di quelli presentati, compresi ovviamente il tris di opere Usa (nel pacchetto il deludente e compiaciuto Wes Anderson). Grande l’interpretazione di Adam Driver, sempre in sella alla sua Triumph Bonneville T.120.
LINGUI di Mahamat-Saleh Haroun ha dalla sua l’Africa e anche la rivolta al femminile in una storia lineare, biblica, senza fronzoli. Chissà forse in Spike Lee potrebbe suscitare l’amore della terra da cui proviene.
DRIVE MY CAR di Ryūsuke Hamaguchi può contare sul marchio Haruki Murakami, autore del racconto che ha ispirato il film e di quell’estetica giapponese fatta di rigore maniacale e di un pizzico di follia.
NITRAM dell’australiano Justin Kurzel racconta invece la tragica strage di Porth Arthur con un’impianto teatrale, shakespeariano, che incanta. Da Palma il protagonista: Caleb Landry Jones nei panni del pluriomicida psicopatico Martin Bryant.
Discorso a parte per i film francesi di TOUT S’EST BIEN PASSÉ di Francois Ozon e LA FRACTURE di Catherine Corsini. Nel primo una storia di eutanasia, famiglia e avvicinamento alla morte, ispirata all’omonimo libro autobiografico della scrittrice Emmanuelle Bernheim. Interpretata da una Sophie Marceau da Palma come da Palma è anche André Dussolier.
LA FRACTURE di Catherine Corsini ha la chance di essere diretto da una donna in una giuria a maggioranza femminile, e di essere anche una bella e gradevole commedia con una spruzzata di dramma dove è presente anche la politica: tutto si svolge infatti nel triage di un ospedale in pieno caos e che si via via riempiendo dei feriti di una grande manifestazione dei Gilet Gialli a Parigi. Straordinaria Valeria Bruni Tedeschi in preda a un attacco di nervi.
Tra le sorprese, oltre a NITRAM, c’è COMPARTMENT NO.6 del regista finlandese Juho Kuosmanen. Immaginate due protagonisti anti-glamour, anti-Ferragni, metteteli poi in uno scompartimento fetido e poco luminoso di un treno e immaginate anche che la donna è un’intellettuale omosessuale che studia i petroglifi e, l’altro, un minatore rozzo e ubriaco che appena la vede le chiede se ‘la vende’… (ANSA).