Il tagliagole russo ha reciso anche la via della Pace

C’è una cosa che il soldato russo (quasi sicuramente ceceno, stando alle opinioni degli analisti di intelligence) ha tagliato oltre alla testa del povero militare ucraino le cui grida di dolore resteranno per lungo tempo nelle mente di chi ha guardato al video della sua decapitazione. Quella lama, quella ferocia brutale, si è portato via il significato vero e profondo della parola «Pace».

Pace non sarà anche in caso di stop ai combattimenti, anche in caso di firma di questo o quel trattato, anche in caso di stretta di mano tra Putin (che comunque non ha commentato, condannato, preso le distanze da questa decapitazione) e Zelensky. Quello al massimo sarà un accordo, tra due sconfitti che non sono riusciti a prevalere sull’altro. La Pace, con la P maiuscola, è una cosa diversa.

Un imprenditore italiano ci riportava alcuni giorni fa le parole dei dipendenti ucraini di una delle sue aziende appositamente aperta in Polonia per dare lavoro a chi era in fuga dalla propria terra. «Non vogliono la pace, vogliono vedere morti tutti i russi, tutti, fino all’ultimo, fino a che non se ne saranno andati via». Quale pace costruire, quale pace si può imporre ad un popolo la cui maggioranza ha questa idea? Un pensiero che poi, alla luce di questo video, sarà ancora più forte, profondo e radicato. Perché tutti sanno, chi combatte e chi no, che la guerra porta dolore, porta la morte, la fame, la distruzione., che ci sono le bombe, gli aerei, i missili ipersonici ed i droni. Ma tagliare la testa ad un prigioniero beh, è una cosa che va oltre.

Avevamo già visto scene simili nell’epoca d’oro dell’Isis. Non c’era settimana in cui non venivano girati con maestria e cura fotografica, i video con le decapitazioni di ribelli, stranieri, infedeli. Era lo spregio verso le più elementari regole civili ed umane sbattuto in faccia al resto del mondo. Beh, quel soldato russo si è posto al livello di quei tagliagole con la tuta arancione e con questi il mondo occidentale non ha nemmeno provato a cercare la Pace, nemmeno a dialogare.

Da parte nostra, sempre presi nel dibattito futile tra presunti pacifisti e altrettanto presunti guerrafondai (nessuno, ma proprio nessuno vuole davvero la guerra) dovremmo provare, magari ogni tanto, a metterci nei panni degli ucraini. Quella testa tagliata, quelle grida disumane di dolore e morte fanno impressione da sole, anche se riguardano un ragazzo di un paese comunque lontano. Dovremmo provare a pensare a cosa scatenerebbe dentro di noi sapere che, invece di un Igor qualsiasi, fosse un Marco, o Luca, insomma, uno di noi, un giovane ragazzo italiano.

E solo allora potremmo giudicare o dare dei consigli in maniera un po’ più sensata.

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