mercoledì, 5 Febbraio 2025
Scatta la sorveglianza della Ue sulle Big Tech
(ANSA) – ROMA, 26 APR – Allinearsi o prepararsi a fare le
valigie per lasciare il mercato europeo. L’ombra dell’aut aut
prima soltanto simbolico dell’Europa alle major del tech si
allunga sempre di più sul gotha mondiale dei social network e
dei motori di ricerca. E, seguendo il ritmo impartito dal
Digital Services Act, va a colpire diciannove big tra i quali
spiccano le solite note a stelle e strisce, ma anche il nuovo re
di Twitter, Elon Musk, e la cinese TikTok. Tutte chiamate a
raccogliere il guanto di sfida dei precetti Ue del Digital
Services Act su trasparenza, tutela di utenti e minori, e lotta
alla disinformazione. Una stretta che dai Ventisette potrebbe
presto allargarsi anche oltre la Manica, dove il governo di
Rishi Sunak ha presentato un disegno di legge dai contorni
analoghi con multe fino al 10% (in Ue si arriva al 6%) del giro
d’affari annuo dei colossi. L’attesa lista delle piattaforme
sorvegliate speciali che non possono più essere ‘too big too
care’ promessa da Bruxelles è arrivata come previsto sei mesi
dopo la pubblicazione del Dsa sulla Gazzetta Ue. E designa tutte
le major che, a fine febbraio, hanno certificato di avere oltre
45 milioni di utenti attivi al mese. Cifre che toccano Google
(con Search, Maps e Play), l’AppStore di Apple, Meta (con
Facebook, Instagram e Youtube), il marketplace di Amazon,
Microsoft (con Bing e LinkedIn), e poi ancora Twitter, le cinesi
TikTok (di proprietà del colosso Bytedance) e AliExpress,
Booking, Pinterest, Snapchat, Wikipedia e Zalando. Per loro, è
stato il nuovo avvertimento del commissario per il Mercato
interno, Thierry Breton, diventato in questi mesi lo ‘sceriffo’
del ‘far west digitale’, “il conto alla rovescia è iniziato”. E
ha nel 25 agosto il suo termine più importante. Da quel momento “dovranno cambiare i loro comportamenti” se vorranno restare in
Europa. Esattamente quattro mesi di tempo per “rispettare
pienamente gli obblighi speciali” previsti dal regolamento Ue.
Che lo stesso francese è tornato a sciorinare ai giornalisti
mettendo l’accento sulla necessità di trasparenza e tutele per
gli utenti, con particolare attenzione per i minori. Nei
dettagli, le piattaforme dovranno produrre analisi dei rischi
connessi ai loro servizi in termini di diffusione di contenuti
illegali, violazione della privacy o della libertà di
espressione, ma anche in materia di salute o sicurezza pubblica,
compreso il benessere psicologico dei minori. E poi predisporre
strumenti adeguati per una moderazione dei contenuti più
affidabile – con la rimozione tempestiva di quelli illeciti -,
oltre ad aprire i propri algoritmi ai servizi Ue e offrire
l’accesso ai dati ai ricercatori autorizzati. Regole che vanno
ad aggiungersi ai precetti del Dsa validi anche le società più
piccole, che entreranno di fatto in vigore il 17 febbraio 2024.
E che prevedono una stretta sulla profilazione, il divieto di
utilizzare i dati sensibili degli utenti (sesso, orientamento
politico, appartenenza religiosa, ecc.) per pubblicità mirate, e
obblighi di trasparenza. A rendere più ripida la salita per i
colossi digitali ci saranno anche una serie di stress test che
Breton è deciso a condurre in prima persona. Prima in
California, a giugno, su inusuale invito di Musk nel quartier
generale di Twitter. E poi in Asia da TikTok, per capirne meglio “le origini” e “le innovazioni”. E presto l’avvertimento
potrebbe arrivare anche ad altre “quattro o cinque” major: tutti
gli indizi portano a Telegram, AirBnB, PornHub e Spotify.
(ANSA).