lunedì, 24 Febbraio 2025
Alcune cose certe sul difficile percorso delle riforme istituzionali
Nel giorno del via alle «consultazioni» di Giorgia Meloni sulle riforme istituzionali ci sono alcune cose che devo essere ben chiare. La prima è che l’Italia ha un disperato bisogno di cambiare il proprio assetto politico. E non lo dice questo o quel partito, come non è un’idea di destra o di sinistra. È una evidenza dei fatti, della politica degli ultimi 20 anni.
Se c’è stato infatti un male esploso dal dopo tangentopoli e soprattutto nelle ultime tre elezioni politiche è l’instabilità. L’Italia ha cambiato governi uno dopo l’altro dando il peggio di se, mostrandosi debole e poco credibile a livello internazionale, inventando formule e maggioranze in grado di far rimangiare a diversi leader frasi e condizioni di cui si erano sempre detti certi. Basti pensare alla legislatura chiusa lo scorso settembre in cui abbiamo avuto tre governi, due politici (il Conte 1 ed il Conte 2) guidate dalla stessa persona ma con due maggioranze diverse (giallo-verde e poi giallo-rossa) il tutto senza vergogna, per poi chiedere aiuto a Mario Draghi alla cui esperienza e forza si sono accodati quasi tutti i partiti. Per non parlare dei cambi di partito. Nella scorsa legislatura siamo arrivati alla quota record di 450 passaggi di casacca, con alcuni parlamentari arrivati addirittura a fare tre salti in quattro anni.
Serve quindi un nuovo modello; serve quindi una nuova tipologia di assetto politico e di legge elettorale che sia in grado di offrire agli italiani il nome del premier e della maggioranza che lo sostiene pochi minuti dopo la fine dello spoglio al termine delle elezioni politiche.
La seconda certezza è che dietro alle dichiarazioni dei vari leader di partito una volta chiacchierato con il Presidente del Consiglio, non c’è «l’interesse degli italiani» ma l’esclusivo interesse del singolo movimento.
La maggioranza, forte, ovvio che punta a forzare una mano puntando ad un sistema in grado di dare alla stabilità della propria coalizione il massimo risultato possibile.
È altrettanto naturale che l’opposizione, soprattutto oggi dove non è unita ed è in minoranza matematica ed elettorale nel paese, cerchi qualsiasi stratagemma per cercare di limitare la forza della coalizione opposta. In questo senso va, ad esempio, la richiesta di «doppio turno» come nel modello francese.
Come è naturale che partiti dalla quasi irrilevanza politica utilizzino la favola dell’assalto alla Costituzione o alla figura del Presidente della Repubblica per cercare di lasciare le cose come stanno. Basterebbe ricordare che nelle ultime tre elezioni del Capo del Quirinale il Parlamento incapace di trovare una figura ad hoc si è visto costretto a chiedere lo sforzo di un secondo mandato, prima a Napolitano, poi a Mattarella, alla quinta, sesta chiamata.
Di sicuro sono anni che gli italiani sentono parlare di riforme; percorsi passati dalla Bicamerale, ai Referendum e spesso finiti in un nulla di fatto. Sarebbe ora di non perdere altro tempo. Giorgia Meloni si è detta pronta a dialogare ma decisa anche nell’andare da sola se dall’opposizione arrivassero solo paletti e No a prescindere.
Lo faccia