La Golden Power del Governo su Pirelli è l’ultimo miglio della Via della Seta

Il dossier Pirelli scotta. Il governo starebbe infatti valutando la possibilità di attivare la procedura del Golden Power per garantire l’italianità di un marchio storico, come quello Pirelli. Il gruppo di Stato cinese Sinochem vorrebbe infatti cancellare il diritto di Camfin, azienda italiana, controllata dalla Marco Tronchetti Provera S.p.A., che detiene una partecipazione diretta di circa il 14,1% in Pirelli, di nominare gli amministratori delegati. Azione che se realizzata andrebbe a minare la continuità nella gestione dell’azienda oltre che il profilo nazionale del gruppo italiano. Due aspetti sui cui il governo tiene particolarmente e che lo motivano a valutare l’uso del Golden Power.

Il caso Pirelli e la scalata cinese ai vertici della società non è però l’unico nel suo genere. In passato, diversi governi europei sono infatti intervenuti per tutelare le proprie aziende nazionali e frenare l’espansione del Dragone. Nel 2022, per esempio, il governo inglese ha imposto alla cinese Nexperia la cessione della quota dell’86% detenuta nella società di semiconduttori Newport Wafer e in Germania si è deciso di arginare la presenza cinese di Cosco nella Container Terminal Tollerort facendo passare dal 35 al 24%.

Le mire espansionistiche dei cinesi

Pirelli, guidata da Marco Tronchetti Provera, dal 2015 ha visto l’entrata in società del gruppo di Stato cinese Sinochem, con il 37% delle azioni della società. La presenza italiana di Camfin è stata voluta per rappresentare la continuità nella gestione e nella politica internazionale del gruppo Pirelli. Attualmente però la società starebbe “correndo un grave rischio: l’isolamento nei mercati occidentali a causa del brusco cambio di rotta del socio cinese che, contrariamente al patto originario che prevedeva il mantenimento dell’italianità ad ogni livello aziendale, ora ne vorrebbe piegare le strategie richiamando esplicitamente la linea dettata dal 20° Congresso Nazionale del Partito Comunista con una evidente eterodirezione da parte di quest’ultimo”, scrive il Messaggero. Secondo le linee guida uscite dal Congresso, Pechino vorrebbe che tutte le unità aziendali del gruppo adottassero quanto stabilito dal Partito cinese “in materia di lavoro e talenti professionali, volte ad aumentare il livello di controllo politico e la composizione dei quadri dirigenziali”.

Ci sono poi altre due questioni rilevanti. La prima riguarda la sollecitazione in merito all’integrazione dei sistemi informatici delle controllate Pirelli in Cina con quelli di Sinochem. L’obiettivo è consentire la condivisione simultanea delle informazioni, o meglio l’appropriarsi delle conoscenze e tecnologie che hanno reso Pirelli una società leader a livello mondiale. Il secondo punto vorrebbe invece che tutti gli incontri istituzionali venissero organizzati secondo le direttive della Sasac, commissione speciale della Repubblica popolare cinese, che risponde al Consiglio di Stato. Obiettivi che andrebbero a stravolgere quanto stabilito in passato con l’Italia e che spingono di fatto il governo verso l’uso del Golden Power.

Le mire espansionistiche cinesi sono state ben poco mascherate, dato che risulterebbe come in questi anni i rappresentanti di Sinochem hanno spesso avanzato richieste legate all’attività gestionale della società che, stando alla normativa in vigore, esulano dal normale esercizio delle prerogative del socio di controllo.

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