L’occidente manda i B-52 ma i Talebani hanno in mano l’Afghanistan

Venerdì 6 agosto l’ambasciatore afghano alle Nazioni Unite Ghulam Isaczai ha dichiarato che l’Afghanistan è pronto a fornire al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite prove inequivocabili a sostegno della sua affermazione secondo cui il Pakistan sta assicurando ai talebani ogni appoggio necessario come approvvigionamenti, rifugi e armamenti. Intanto l’inviata speciale dell’Onu in Afghanistan, la diplomatica canadese Deborah Lyons, ha confermato che la guerra è entrata nella sua fase più letale e più distruttiva e che nell’ultimo mese sono stati uccisi oltre mille civili. Inoltre, l’Organizzazione internazionale per le migrazioni stima che più di 300.000 afghani hanno lasciato le loro case per sfuggire alle ritorsioni dei talebani nei confronti di tutti coloro che hanno avuto un ruolo nella ricostruzione del Paese pacificato dalle forze occidentali. In particolare è stato calcolato che nel giugno scorso circa 40.000 persone alla settimana sono fuggite in Iran, dove vige comunque un regime teocratico ma dove i talebani non possono ucciderli.

L’Onu ha quindi stimato che entro la fine dell’anno quasi 19 milioni di persone avranno bisogno di sostegno umanitario a causa della guerra. L’offensiva dei talebani ha spinto inglesi e americani a richiamare in patria i propri cittadini mentre i soli Stati Uniti hanno inviato una gruppo di bombardieri B-52 presso la base di Al-Udeid, in Qatar, con l’intento di colpire l’avanzata degli insorti colpendo obiettivi intorno a Kandahar, Herat e Lashkar Gah. E per garantire appoggio tattico, difesa e capillarità alle operazioni, rimane nel Golfo anche la portaerei a propulsione nucleare Dwight Eisenhover. Ma per ora il presidente Joe Biden non cambia l’intenzione di completare il ritiro delle truppe entro l’undici settembre prossimo. Dunque è lecito chiedersi come si possa pensare di lasciare il solo esercito afghano ad affrontare strada per strada, casa per casa, forze ribelli prive di uniformi che si mischiano alla popolazione civile e che dispongono della collaborazione di chi pensa così di salvarsi la vita o conservare la propria abitazione. Difficilmente una strategia basata su attacchi aerei Usa ma che lasci totalmente agli afghani il compito di riconquistare il proprio territorio potrebbe avere successo, mentre è scontato che trasformerebbe il Paese in un campo di battaglia nel quale conterebbero molto le forniture di armi. Ed è improbabile che Joe Biden attacchi apertamente il Pakistan per limitarle causando una escalation del conflitto.

Che i talebani avrebbero attaccato immediatamente dopo il ritiro delle forze occidentali era scontato e mentre a est la Cina non pare puntare ad altro che a salvare l’esportazione dei minerali pregiati, pagando l’una o l’altra fazione ma senza voler intervenire in alcun modo, l’occidente torna a interrogarsi su come poter fermare un massacro e l’avanzata di un regime, quello talebano, che sa essere legato a quello dei terroristi di al-Qaeda. Dietro la capacità di far sparire e riapparire grandi quantità di armi pare sempre più evidente il coinvolgimento dei Pakistan, che sostiene gli insorti e favorisce le azioni dei talebani. Almeno secondo le accuse mosse dalle Nazioni Unite e sostenute dal fatto di aver identificato terroristi pakistani poi arrestati dalle forze regolari afghane nella periferia del centro provinciale di Ghazni, agenti peraltro ritenuti responsabili dell’uccisione di civili.

Due giorni fa alcuni video apparsi sui social media avevano mostrato grandi quantità di armi e munizioni sequestrate con fin troppa facilità alle forze di sicurezza afghane del maresciallo Abdul Rashid Dostum, a capo dei militari posti a difesa della provincia di Jawzjan. Anche grazie a queste armi i combattenti talebani, tra sabato 7 e domenica 8 agosto, hanno espugnato alcune città nella parte settentrionale del Paese, a cominciare da Kunduz, importante via di collegamento con Kabul e soprattutto frontiera con il Tajikistan, ovvero una delle piste più percorse per l’esportazione dell’oppio diretto in Asia centrale e da lì verso l’Europa.

L’Europa al momento si limita all’indignazione e alla condanna, anche se in Germania si stanno svolgendo proteste pubbliche da parte di gruppi di cittadini afghani rifugiati, tra i quali l’attivista Abdul Bari Samandar che ha criticato la guerra per procura del Pakistan.

L’avanzata dei talebani

I talebani nel frattempo hanno affermato che tutta la città di Kunduz è sotto il loro controllo, aggiungendo di aver sequestrato anche veicoli corazzati, armi ed equipaggiamenti militari abbandonati dai soldati di Kabul che fuggono consci del fatto di poter essere trucidati e non fatti prigionieri perché considerati come traditori. L’esercito regolare intanto fa sapere che durante i combattimenti sono stati uccisi circa 600 terroristi talebani, tra i quali cittadini pakistani affiliati ad al-Qaeda, durante attacchi aerei condotti dall’aeronautica afgana alla periferia di Lashkargah, centro provinciale di Helmand. Prima di questa operazione, venerdì 6 agosto, altri 30 cittadini pakistani, riconosciuti tutti militanti di al-Qaeda erano stati uccisi in attacchi aerei su obiettivi talebani nella stessa provincia.

Purtroppo però dopo Zaranj, Taqar, Sar-e-Pul, Sheberghan è caduta nella mani dei ribelli anche Kunduz mentre altre città capoluoghi di province dalla posizione strategica per l’avvicinamento alla capitale Kabul sono ormai circondati dalle forze talebane. Se nei prossimi giorni dovessero cadere anche centri come Herat, Kandahar, Laskar Gah, la situazione nel Paese tornerebbe ad a essere addirittura peggiore di quella di vent’anni fa. Sempre il 6 agosto i talebani avevano conquistato Zaranj, nella provincia sudoccidentale di Nimroz, al confine con l’Iran, direzione verso la quale sono fuggiti oltre tremila civili spinti dai saccheggi e dalle notizie di torture ed esecuzioni che i talebani avrebbero perpetrato su una cinquantina di militari regolari che si erano arresi. La Bbc riporta che una volta preso il controllo delle città i ribelli hanno liberato tutti i detenuti nelle carceri diffondendo i filmati di queste operazioni. In particolare ciò sarebbe accaduto a Sheberghan, capoluogo della provincia settentrionale di Jawzjan, abitata da circa 140.000 persone e residenza del vice presidente afghano Abdul Rashid Dostum, uzbeko e nemico dei talebani, che starebbe riuscendo a organizzare la riconquista dei centri nevralgici della città. Peggio sta andando invece a Taluqan, capoluogo della regione del Takhar, dove oltre 250.000 abitanti risultano essere stati assediati dai talebani dal giugno scorso. L’emittente Al-Jazeera ha trasmesso ieri il messaggio del portavoce talebano Muhammad Naeem Wardak che ha invitato gli americani a non intervenire, pena attentati di rappresaglia ovunque nel mondo, ribadendo che quella dei talebani è una reazione agli attacchi compiuti dal governo di Kabul nell’ultimo anno. E che il loro intento è conquistare tutta la nazione per restituire pace e indipendenza dall’occidente.

Leggi su panorama.it