La lezione di Marcell Jacobs al povero Enrico Letta

«Faccio l’atleta e voglio essere un simbolo per quel che faccio in pista. Lo Ius Soli non mi interessa. Non voglio essere usato dalla politica». Marcell Jacobs è uno che bada al sodo, in pista come nella vita. Un mix di intelligenza, maturità, serietà che ha mandato in frantumi l’ennesimo tentativo di utilizzare campioni dello sport per battaglie politiche.

La storia è molto semplice. Le Olimpiadi sono state un successo storico per l’Italia, merito anche di ragazzi e ragazze italiane di colore, a riprova che la nostra sia ormai una società multietnica. Vuoi non sfruttare queste medaglie per una battaglia politica?

Il primo a pensarla così è stato il Presidente del Coni, Malagò, che, forse preso dall’euforia del record di medaglie, ha subito lanciato la proposta dello Ius Soli per gli atleti (ps. diciamo che viste le frizioni ai tempi del governo gialloverde Malagò se deve dire, proporre o fare delle cose contro Salvini che gli aveva tolto gran parte del budget, lo fa…).

Inevitabile ecco che il segretario del Pd (alla disperata caccia di voti, visti i magri sondaggi) abbia preso la palla al balzo per rilanciare il suo vecchio cavallo di battaglia: Ius Soli per tutti, subito.

Nel dibattito politico, soprattutto su di un argomento così delicato, è ovvio che avere un campione olimpico, nato in America, di colore, all’apice della sua popolarità che spinge dalla tua parte fa molta differenza. E così ecco che al suo ritorno in Italia al nostro Jacobs viene posta la domanda delle domande: Cosa ne pensa dello Ius Soli? È favorevole?

La risposta, fulminea, diretta, senza tentennamenti, è molto più che una doccia fredda per il povero segretario del Pd e quelli come lui che ritengono questa battaglia centrale oggi per il Paese: «Io sono un atleta, lo Ius Soli non mi interessa, non voglio essere usato per questioni politiche…». Una sberla, anzi uno sberlone.

Troppo spesso questo giochetto alla politica è riuscito. Pensiamo ad esempio a Paola Egonu, la pallavolista più forte del mondo chiamata in causa per la sua omosessualità (e per questo scelta come portabandiera olimpica a Tokyo dal Cio) e simbolo dell’Italia interraziale e transgender. Scelta rispettabilissima quella della Egonu di prestarsi al giochetto come quella di Jacobs di chiamarsi fuori.

La differenza è che da Tokyo il velocista è tornato con due ori, la pallavolista invece ha giocato un torneo pessimo, sotto le attese e le sue possibilità ed è stata eliminata con la nostra Nazionale ai quarti di finale. E, fidatevi, non è un caso.

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