martedì, 26 Novembre 2024
Al G20 si scopre che la Meloni non è isolata e che Usa e Cina hanno capito di dover dialogare
È senza dubbio un G20 ricco di sviluppi quello attualmente in corso a Bali. Tra gli incontri più significativi avvenuti finora figura ovviamente il vertice tra Joe Biden e Xi Jinping. Da una parte, i due leader hanno rimarcato le divisioni tra Washington e Pechino, a partire dal delicato dossier taiwanese: un dossier che chiama notoriamente in causa la partita dei semiconduttori. Una partita che, ricordiamolo, è tra le principali cause di competizione oggi tra americani e cinesi. Tuttavia, dall’altra parte, i due presidenti hanno anche giocato (parzialmente) di sponda sulla crisi ucraina, criticando un eventuale ricorso alle armi nucleari da parte di Mosca. Una posizione, questa, che lascia intravvedere il crescente nervosismo di Xi nei confronti del Cremlino.
Tutto ciò poi ovviamente non significa che la Repubblica popolare abbia formalmente preso le distanze dall’invasione russa né che il leader cinese si sia improvvisamente convertito alla causa occidentale. Molto probabilmente Xi teme di restare indirettamente zavorrato dalle difficoltà militari incontrate da Mosca sul campo. E sta quindi agendo di conseguenza, pur restando in un’ottica di ambiguità. Non dimentichiamo d’altronde che, nelle scorse ore, Pechino ha votato contro una risoluzione Onu che chiedeva alla Russia di pagare le riparazioni in Ucraina. In tutto questo, un ulteriore dossier emerso nel colloquio tra i due presidenti è quello nordcoreano. Biden ha espresso profonda preoccupazione per l’iperattivismo missilistico di Pyongyang. Un fattore, questo, che potrebbe condurre Xi in un vicolo cieco. Se il presidente cinese dovesse infatti appoggiare apertamente Kim Jong-Un, si ritroverebbe in imbarazzo alle Nazioni Unite, creando ulteriori fibrillazioni con Washington. Dovesse invece sganciarsi dal leader nordcoreano, rischierebbe di indebolire il fronte americano in Estremo oriente.
Un altro bilaterale particolarmente importante è stato poi quello tra lo stesso Biden e Giorgia Meloni. “Il colloquio si è incentrato sulla solidità dell’alleanza transatlantica e sull’eccellente cooperazione per fare fronte alle sfide globali, dalla crescita economica alla sicurezza comune”, si legge in una nota di Palazzo Chigi. “Al centro dell’attenzione il continuo sostegno all’Ucraina, la stabilità nel Mediterraneo e nell’Indo-pacifico e i rapporti con la Cina. Meloni e Biden hanno ribadito i profondi e duraturi legami tra le nostre nazioni e il forte interesse a rafforzare ulteriormente il partenariato nei numerosi settori di interesse reciproco”, conclude il comunicato.
Un incontro, quello con il presidente americano, che sconfessa la vulgata secondo cui la Meloni risulterebbe attualmente isolata sul piano internazionale. Un incontro, tra l’altro, che potrebbe avere dei risvolti positivi per l’Italia proprio nel mezzo delle ben note turbolenze diplomatiche in corso tra Roma e Parigi. Il presidente del Consiglio potrebbe infatti puntare a giocare di sponda con Washington (e Varsavia), per arginare le mosse ostili di Parigi. Tra l’altro, non va dimenticato che, proprio con Biden, le relazioni tra Stati Uniti e Francia si sono notevolmente deteriorate: basti ricordare la crisi dei sottomarini dell’anno scorso o l’irritazione americana per le ambiguità dell’Eliseo sul piano dei rapporti con Mosca.
Alla luce di tutto questo, la Meloni può disporre di ampi margini di manovra, soprattutto in forza delle sue ripetute dichiarazioni atlantiste e a ferreo sostegno dell’Ucraina. Va inoltre sottolineato che, come emerso dal comunicato di Palazzo Chigi, il presidente del Consiglio ha posto al presidente americano il tema della “stabilità del Mediterraneo”: un fattore che punta prevedibilmente a rilanciare il ruolo di Roma nel fianco meridionale della Nato. E che potrebbe essere fonte di preoccupazione per un Eliseo che, notoriamente, proprio nel Mediterraneo ha assai spesso coltivato interessi in contraddizione con quelli italiani e della stessa Nato (come quando spalleggiò il filorusso Khalifa Haftar in Libia nel 2019). Chissà dunque che, alla fine di questo G20, a ritrovarsi isolato non sia proprio Emmanuel Macron.