Al Negrar la radioterapia per spegnere gli spasmi

Un trattamento non invasivo, che
sfrutta le radioterapia per intervenire sulle terminazioni
nervose responsabile degli spasmi muscolari e alleviare o
risolvere la spasticità. È la tecnica messa a punto da
ricercatori dell’Irccs Sacro Cuore Don Calabria di Negrar, che,
dopo aver ottenuto buoni risultati in 4 pazienti nel 2022,
stanno ora per avviare un nuovo studio su 10 malati con
l’obiettivo di confermare l’efficacia di questa strategia
terapeutica.
    “La spasticità è una condizione caratterizzata da un aumento
eccessivo e anomalo del tono muscolare. In particolare, consiste
in spasmi di uno solo o di più muscoli scheletrici che possono
provocare rigidità durante il movimento con disagio o dolore e
difficoltà motorie ai quattro arti, nella respirazione e nel
riposo notturno”, spiega Elena Rossato, direttore del Servizio
di Medicina Fisica e Riabilitazione dell’IRCCS di Negrar.
    A oggi esistono diversi trattamenti, che sono tuttavia
invasivi, a rischio di complicanze e non sempre risolutivi. “I
trattamenti ad oggi disponibili per questa condizione prevedono
l’utilizzo di farmaci, gravati da effetti collaterali e da una
progressiva perdita di efficacia, o di interventi chirurgici
che, oltre a richiedere una specifica competenza, sottopongono
pazienti molto fragili a operazioni importanti con potenziali
conseguenze debilitanti”, spiega Luca Nicosia, radioterapista
oncologo dell’Irccs di Negrar. “La radiochirurgia stereotassica
rappresenta, invece, un’opzione non invasiva e con un’elevata
precisione che prevede una singola seduta di trattamento della
durata di 40 minuti. Il trattamento è definitivo sulle sedi
trattate e ha la capacità di ridurre o eliminare la spasticità”.
    Questa tecnica è già usata per altre patologie, come i tumori
o le aritmie cardiache, ma non era mai stati impiegata per la
spasticità. “Il nostro è il primo centro al mondo a proporre
questo trattamento”, aggiunge Nicosia. Se l’efficacia fosse
confermata, si potrebbe disporre di un trattamento non invasivo
per una condizione che colpisce tra il 65 e il 78% dei pazienti
con lesioni croniche del midollo spinale e il 25% di quelli che
hanno avuto un ictus grave.
   

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