Alcol e notti brave, Nainggolan talento ed eccessi

Lo hanno definito “un matto vero” (parole di Manolas, suo compagno di squadra alla Roma), oppure “Il Ninja (suo soprannome ndr) che finisce sempre nei guai”: di sicuro Radja Nainggolan non ha mai smesso di far parlare di sé, fuori dal campo anche più che per le sue prestazioni da calciatore.

Perché per tutti, anche prima del clamoroso arresto per traffico di droga di oggi, e’ sempre stato il giocatore che beve, fuma, frequenta night club e casinò senza mai nascondersi.

E alle volte incappa anche nelle maglie della giustizia, da Cagliari a Roma, come quando fu denunciato per percosse alla moglie o fu fermato al volante in stato di ebbrezza.

Tranne poi, da calciatore, essere sempre tra i primi a presentarsi al campo di allenamento, magari dopo aver tirato nottata.

“La natura mi ha dato un fisico che non risente delle cavolate che faccio” spiegò’ una volta, per la disperazione di tanti allenatori, in testa Spalletti che ai tempi Roma lo andava a cercare la notte in giro per la città. E avanti con le incursioni in discoteca con Fabrizio Corona, ora ex amico ma all’epoca compagno di notti turbolente: ne rimane l’immagine del Ninja che mostra il dito medio a un tifoso che, in un locale, gli aveva ricordato i suoi doveri calcistici.

Probabilmente avrebbero dovuto marcarlo stretto non gli avversari, ma chi lo gestiva o i dirigenti delle squadre in cui ha giocato, come provò a fare a Roma Walter Sabatini che del Ninja disse “gli voglio bene come a un figlio”, tranne poi aggiungere che lo avrebbe voluto a casa “per per picchiarlo: è veramente incontrollabile. È anche un grande calciatore, ma è un ‘delinquente’, uno che se gli metti davanti 7-8 shottini se li scola tutti”. Poi però finivano a fumare una sigaretta dietro l’altra insieme, il ds e il centrocampista belga che, un anno e mezzo fa con l’Anversa, è stato sorpreso a fumare una sigaretta elettronica.

Prima di lui lo aveva fatto, con una Gauloises, il grande Alfredo Di Stefano, al Real Madrid dove gli perdonavano tutto, un po’ come a Nainggolan a Cagliari (“lì andavo a bere con gli ultras”, disse) e a Roma, molto meno all’Inter. Nella Capitale la gente di fede giallorossa gli ha sempre voluto bene.

Chissà cosa avrebbe fatto con una vita da atleta regolare, è stata un po’ ovunque la recriminazione. Ma così non sarebbe stato Nainggolan, il bad boy con la passione per il pallone, che pur di non smettere è andato a giocare nel calcio a cinque e perfino in Indonesia, paese di suo padre che ben presto ha abbandonato lui e la sorella Riana, calciatrice, omosessuale dichiarata e pioniera dell’outing.

Sposato con l’influencer Claudia Lai, ricoperta di tatuaggi come lui, le liti fra i due non si contano (ce n’è stata anche una in strada a Cagliari con tanto di schiaffi e venti giorni di prognosi ) e alla fine si sono lasciati anche se lui non ha mai firmato i fogli della separazione.

In aeroporto ha invece sfiorato la rissa con un gruppo di tifosi del Milan che lo avevano incrociato. “Mi avevano detto romanista pezzo di m…”, spiegò poi sui social. In Belgio gli hanno ritirato la patente per eccesso di velocità e positività all’alcol, ma Nainggolan non è solo il ‘cattivo ragazzo’, perché ha anche un cuore: lo sanno i bambini del reparto di tutela salute mentale di un ospedale di Anversa che andava a trovare, riempendoli di regali. O quelli del Microcitemico di Cagliari, per i quali metteva all’asta i propri cimeli. 
   

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