martedì, 26 Novembre 2024
Altri guai per il Pnrr; i medici dicono no alle Case di Comunità
Non basta il caro prezzi che ha portato diversi bandi a restare deserti. Non bastano le tensioni politiche all’interno della maggioranza con i vari partiti di fatto già in campagna elettorale in vista delle elezioni politiche del 2023. Sul cielo del Pnrr nuove nubi si addensano all’orizzonte, in particolare su un progetto legato alla sanità, uno dei punti nevralgici dell’intero piano.
Le Case di Comunità infatti rischiano di restare vuote, un’opera da miliardi di euro a rischio fallimento perché i medici di medicina generale sembrerebbero non avere alcuna intenzione di passare da liberi professionisti a dipendenti del servizio sanitario nazionale come proposto dalle Regioni al ministero della Salute.
Nel documento di cui si discute in questi giorni è stato proposto ai medici di famiglia di effettuare 38 ore di lavoro a settimana, 20 a studio, 6 nelle Case della Comunità e altre 12 nei presidi del Distretto mantenendo il rapporto di convenzione con il SSN. Una questione che non è stata accettata dalle sigle sindacali dei medici di medicina generale che in queste ore sono in protesta perché lamentano una mole di lavoro secondo loro abnorme dovuta alle incombenze burocratiche legate ai pazienti Covid-19.
Un superlavoro quello lamentato dai medici di famiglia che si riversa inevitabilmente sui loro assistiti stremati dalle lunghe attese negli studi medici e dall’oggettiva difficoltà di contattare il loro dottore costringendoli cosi a recarsi sempre più spesso nei Pronto soccorso. Per questo motivo nella missione 6 del Pnrr si era deciso di investire 2 miliardi di fondi per l’attivazione di 1228 Case di Comunità da attivare entro il 2026, proprio per alleggerire la pressione degli ospedali.
«Si spende una valanga di soldi per delle strutture come le Case di Comunità che resteranno vuote e nulla per la medicina d’urgenza che si fa carico delle carenze della medicina territoriale» spiega Fabio De Iaco presidente nazionale Simeu (Società italiana medicina dell’emergenza urgenza).
Cosa pensa delle Case di Comunità del Pnrr?
«Le Case di Comunità all’interno del Pnrr sono state presentate almeno nelle intenzioni come il sistema per decongestionare gli ospedali e i pronto soccorso d’Italia ma il problema è che per farle funzionare bisognerebbe investire sul personale, cosa che non è avvenuta. Fino a che l’assistenza sul territorio non verrà considerata in maniera articolata all’interno del servizio sanitario nazionale le cose cambieranno. Noi abbiamo bisogno di un’assistenza che sia in grado non solo di far entrare i pazienti in ospedale ma anche di fargli uscire. Infatti uno degli enormi problemi è la cronicità delle patologie con una quota di acuzie importanti. Manteniamo in vita pazienti cronici che entrano in ospedale e che hanno bisogno di una complessità immediata ma dopo che sono usciti necessitano di un percorso di cura adeguato che purtroppo manca».
Anche le Case della Salute sono rimaste vuote?
«Sì certo, ne abbiamo viste tante in varie regioni d’Italia. La verità è che continuiamo a riversare soldi in un buco nero. Inoltre una cosa di questo tipo presume una formazione sanitaria del cittadino che faccia capire quali sono le risorse che ha disposizione nel momento in cui ha la necessità».