Altro che innovatori della politica: Renzi e Calenda si separano come Totti ed Ilary

Come volevasi dimostrare, il Terzo Polo si sta sciogliendo. Colpa del riscaldamento globale, soprattutto degli animi, riscaldamento di nervi tra renziani e calendiani. Due galli in un pollaio sono sempre stati troppi, è una legge di natura: si sapeva che prima o poi avrebbero cominciato a beccarsi, ma certo non immaginavamo così in fretta. E soprattutto, a spiazzare, è il livello del dibattito: il partito dei moderati si sta dilaniando su questioni di basso cabotaggio, si parla di piccole ripicche sui soldi da maneggiare, e il divorzio di Renzi da Calenda comincia a ricordarci in maniera inquietante quello tra Totti e Ilary, con gli avvocati sulla porta che chiedono indietro i rolex. Dei grandi principi etico-politici sui quali si andava costruendo la nuova creatura centrista, in queste ore non si vede traccia.

Anzi, lo spettacolo è quella di una scissione dell’atomo all’italiana. Un cappottamento prima della partenza del gran premio. Con una pioggia di veline anonime che si susseguono, per accusare ora uno ora l’altro leader delle peggiori nefandezze. Il congresso di quella che doveva essere la vera grande novità della politica italiana, si sta trasformando a una rissa da bar. Dopo mesi di diverbi caratteriali su chi dovesse guidare il convoglio, la goccia che avrebbe fatto traboccare il vaso sarebbe stata la scelta di Renzi di guidare “Il Riformista” come direttore editoriale. Una decisione che non è piaciuta ai calendiani, i quali minacciano di far saltare il partito unico. Dietro queste motivazioni, tuttavia, ci sono questioni ben più concrete, cioè il finanziamento del nuovo partito, e gli uomini scelti per le posizioni chiave. “Renzi non vuole prendere l’impegno a sciogliere Italia Viva e a finanziare il nuovo soggetto e le campagne elettorali”, racconta un misterioso dirigente di Azione: in ballo, a quanto sembra, i soldi del due per mille che Renzi – dicono – vorrebbe in qualche modo tenersi in tasca. “Tutte sciocchezze”, rispondono dal giglio magico fiorentino.

Come si può intuire, ormai i toni delle dichiarazioni non si addicono a gente che dovrebbe militare nello stesso partito. Dice un anonimo renziano: “Mi sembra che nessuno voglia fare più niente. Calenda e Renzi alla fine non riescono a stare insieme e secondo me si spacca tutto”. Mentre il renziano Faraone risponde: “I tatticismi sono tutti di Calenda e non di Renzi”. Si procede a colpi di “si dice”: si dice che Calenda abbia paura di scontrarsi al congresso con un renziano; si dice che Renzi non voglia prendere impegni economici; si dice che illustri esponenti centristi come Mara Carfagna stiano per tornare all’ovile da cui sono fuggiti, in questo caso Forza Italia. Siamo, insomma, a un passo dal si salvi chi può. La barca affonda ancor prima di salpare.

Comunque vada, lo scenario stupisce. E’ paradossale che proprio i membri del Terzo Polo – autodefinitisi rappresentanti illuminati di una nuova politica imperniata su responsabilità e moderazione – siano finiti a lanciarsi gli stracci peraltro sotto copertura dell’anonimato. E’ singolare che la formazione teoricamente più istituzionale del panorama politico, divori sé stessa in una resa dei conti su poltrone e quattrini. E probabilmente i magri risultati elettorali hanno contribuito ad esacerbare le tensioni. Se davvero l’avventura finisse prima di cominciare, sarebbe un peccato, perché in una democrazia sana è bene esista una formazione moderata che smussi gli estremi. Ma le buone idee devono comunque camminare sulle spalle delle persone chiamate a interpretarle. E siamo pur sempre in Italia, dove da trent’anni a questa parte il centro del panorama politico è divenuto un ring dove gareggiano piccoli e grandi egoismi personali. Il Terzo polo, ammesso che esista ancora, non sembra fare eccezione.

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