Amelio nella sua Catanzaro, voglio fare un film ambientato qua

Emozionato, ma a suo agio su
quel palcoscenico. Alle spalle il grande schermo a cui ha
affidato i suoi sogni di bambino, e davanti una platea che gli
conferma stima e affetto: la visita del regista Gianni Amelio al
Teatro Comunale di Catanzaro diventa una festa e un’occasione
per suggellare l’amore che il maestro nutre per la città
capoluogo. Amelio ha incontrato il pubblico a cavallo delle due
proiezioni del suo ultimo film, Campo di battaglia.
    Ad accoglierlo sul palco, il direttore artistico del Comunale
Francesco Passafaro che ha ricordato come Amelio sia stato
vicino al teatro fin dalla sua riapertura: “Il Comunale porta
bene”, ha detto sottolineando il legame tra il regista e la sala
catanzarese. “Ero un bambino – ha detto Amelio – quando venivo
qui come spettatore. Nel 1958, il teatro fu inaugurato con Il
giro del mondo in 80 giorni. Ricordo tutti i film che ho visto e
persino da quale fila li ho visti”.
    “Noi catanzaresi – ha aggiunto – spesso non ci vogliamo bene
quanto dovremmo. Dovremmo proteggere di più la nostra città, che
è bellissima. Mi ha ferito vedere distruggere il Politeama e il
vecchio mercato. E oggi mi chiedo: cosa succede al Teatro
Masciari? È triste vederlo in stato di abbandono, ma già lo
immagino rinascere”. A rispondere l’assessore alla cultura del
Comune di Catanzaro, Donatella Monteverdi, tra il pubblico
assieme alla collega delegata alle Attività produttive Giuliana
Furrer. Monteverdi ha spiegato che il Masciari è “una delle
opere che porteremo a compimento con sicurezza nella prossima
Agenda urbana. È il minimo che si possa fare per questa città:
restituire un gioiello, perché quello è un vero gioiello.
    Abbiamo lavorato molto bene con la Soprintendenza alle Belle
Arti”.
    “Voglio fare un film che possa essere ambientato da queste
parti” ha detto ancora Amelio prima di riflettere sulla
sacralità del cinema: “Il cinema è qualcosa di sacro. Le luci
spente, il grande schermo, sono elementi che rendono
l’esperienza unica. Guardare un film su un tablet non è la
stessa cosa. La differenza sta anche nella percezione tra noi,
che siamo seduti in poltrona, e la grandezza del primo piano di
un attore sullo schermo. Quando si perde questo rapporto,
svanisce tutto ciò che di sacro c’è nella rappresentazione.
    Quindi, il vero amante del cinema è anche amante della sala
cinematografica. Poi ben venga il Dvd o il tablet, ma per
rivedere qualcosa che si è già visto in sala! Il cinema è da
vivere in sala, come si vive una messa in una chiesa”.
    Con ironia, Amelio ha affrontato anche il tema dei festival
del cinema, descrivendoli come “un male necessario” che permette
di dare visibilità ai film: “Io ho già vinto due premi a
Venezia, non ho più bisogno di trofei, ma di pubblico. È il
pubblico ciò che conta, non i red carpet e la mondanità”.
    “Tornerò – ha concluso Amelio – se si vorrà organizzare una
proiezione con gli studenti della città, per tenere quello che
con un termine americano si definisce masterclass. Amo parlare
ai giovani di cinema, e mi piace trasmettere loro ciò che ho
imparato”.
   

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