>>>ANSA/Schillaci richiama Regioni, su liste attesa casi indegni

Non è bastato un primo, duro richiamo lo scorso ottobre. A distanza di poco più di cinque mesi, il ministro della Salute Orazio Schillaci torna a ‘bacchettare’ le Regioni sulle liste di attesa: “il 27% delle strutture sanitarie presenta ancora irregolarità gravi, persistono agende chiuse arbitrariamente, liste gonfiate, sistemi di prenotazione frammentati e pratiche opache che ostacolano l’accesso alle cure, troppe situazioni indegne, un quadro che non possiamo più tollerare”, scrive in una lettera indirizzata al presidente della Conferenza delle Regioni Massimiliano Fedriga. Quindi, una richiesta perentoria: “sollecitare tutte le Regioni ad adempiere con effetto immediato agli obblighi previsti”.

Nessuna replica ufficiale dalle Regioni ma, secondo quanto si apprende, disagio per quella che viene definita l'”inerzia” del Ministero della Salute sulla riforma del ruolo dei medici di base è espressa all’interno della Conferenza delle Regioni. La riforma, fanno notare fonti della Conferenza, sarebbe una “risposta alle esigenze e ai bisogni della popolazione, un intervento incisivo sull’appropriatezza delle prescrizioni e sulle liste d’attesa”. Un disagio, viene fatto notare, che si inasprisce dopo la lettera del ministro al presidente Fedriga.

Già lo scorso 18 ottobre Schillaci aveva scritto a Fedriga chiedendo di porre fine alla pratica delle liste di attesa “immotivatamente e illegalmente chiuse”. Oggi il nuovo richiamo perchè, in 5 mesi, poco è cambiato se, come scrive il ministro, i dati dei Nas rivelano che il 27% delle strutture sanitarie presenta ancora “irregolarità gravi”. Proprio l’attuazione del Decreto Liste d’attesa, ricorda, è una questione che “rappresenta oggi la battaglia più importante per garantire il diritto alla salute dei nostri cittadini”. Si registra una situazione che “non possiamo più tollerare” ed “è giunto il momento di accelerare: Ho fatto il medico per oltre 30 anni nel sistema sanitario pubblico, conosco bene le difficoltà quotidiane e comprendo i disagi derivanti da carenze strutturali. Tuttavia, questi fattori – chiarisce – non possono in alcun modo giustificare comportamenti che compromettono il diritto alla salute dei cittadini: medici che si rifiutano di rendere disponibili le proprie agende di lavoro al sistema di prenotazione unificato; professionisti che limitano la propria attività nel servizio pubblico privilegiando quella privata in intramoenia, creando così un sistema a due velocità; dirigenti che non esercitano i dovuti controlli su situazioni che le ispezioni dei Nas hanno dimostrato essere diffuse e sistematiche”.

Le irregolarità documentate, scrive ancora, “dalle liste di attesa artificialmente gonfiate alle agende chiuse arbitrariamente fino alle prenotazioni gestite con elenchi cartacei invece di piattaforme digitali centralizzate, sono pratiche inaccettabili che minano alla base la credibilità e l’efficacia del nostro Servizio Sanitario Nazionale”. Schillaci sottolinea quindi come il caso del Lazio dimostri che “l’applicazione rigorosa delle norme porta risultati tangibili: i tempi medi di attesa sono passati da 42 giorni nel 2023 a soli 9 nei primi mesi del 2025. Questo testimonia che è possibile garantire tempi certi per le prestazioni sanitarie semplicemente applicando correttamente la normativa esistente”. La piattaforma di monitoraggio nazionale, sottolinea, “sta mostrando molti casi virtuosi ma allo stesso tempo troppe situazioni indegne”.

Altra questione spinosa riguarda poi i poteri sostitutivi: il ministro si dice “molto dispiaciuto nell’apprendere che a tutt’oggi non sia stata ancora calendarizzata la discussione in Conferenza Stato Regioni del decreto attuativo sulle liste di attesa che prevede in caso di inadempienza regionale, l’attivazione di poteri ministeriali sostitutivi”, chiedendo di inserire la discussione di tale decreto nella prima data utile. “La vigilanza – spiega – è e deve restare in capo ad ogni Regione ma la negligenza e la mancata applicazione delle leggi non possono più essere tollerate”.

 Intanto, un altro fronte di scontro si apre sul payback sanitario: la Regione Lombardia ha depositato ricorso al Tar del Lazio contro il governo e contro l’Aifa chiedendo l’annullamento del decreto dello scorso febbraio del ministero della Salute sul payback, con la retroattività della norma che genera un impatto negativo sulle casse regionali con una riduzione di oltre “130 milioni di euro”. 
   

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