Aru, addio alle gare in bici per una vita meno frenetica

(ANSA) – CAGLIARI, 16 SET – Di corsa verso una vita meno
frenetica: il futuro scelto sulla base delle ore da dedicare
alla famiglia. Addio al ciclismo a 31 anni per Fabio Aru che
vuole “un futuro che mi consenta di stare più a casa”, ha
spiegato a Cagliari in una lunga chiacchierata a dieci giorni
dall’ultimo impegno alla Vuelta. “Non potevo stare fuori 200-230
giorni. Ora valuterò delle proposte che accetterò non prima del
2022 – spiega – Ma sarà un lavoro che mi deve tenere lontano da
casa al massimo 30 giorni”.
    Con la prospettiva di allargare la famiglia. “Nel futuro vedo
il matrimonio – ha raccontato – e l’allargamento della famiglia
per dare a nostra figlia una sorellina o un fratellino”.
    Tanti saluti alle gare. Ma anche ieri Aru era in sella: “Mi
piace fare sport ero in giro con gli amici di Villacidro. Con
orari diversi rispetto a quando mi allenavo per le competizioni.
    Ora mi muovo in orari prima impensabili, alle 14 o alle 18. Ogni
giorno faccio qualcosa”. Le lezioni di una vita al vertice?
Belle e brutte: “A un certo punto – ha spiegato – sono diventato
un’azienda: tanti impegni anche fuori dagli allenamenti e dalle
gare. Nel corso degli anni ho avuto bisogno di collaboratori
pagati da me. Qualcuno mi ha deluso, sono rimasto ferito”.
    L’eredità positiva del ciclismo: “ti insegna a non mollare
mai tante volte in questi anni avrei voluto mollare ma non l’ho
fatto. Mi piace ricordare l’ultima squadra: è stata la più
bella. In altri team, forse è inevitabile, ci sono cose belle,
ma anche invidia. Qui mi sono sentito in famiglia: se non avessi
smesso avrei continuato con loro”. Un po’ di nostalgia verso un
altro ciclismo: “Si parla troppo di numeri – ha detto Aru –
legati ai misuratori di potenza: una salita diventa un insieme
di cifre. Io direi che almeno prima del professionismo possiamo
fare a meno dei misuratori di potenza perché si rischia di non
ascoltarsi e di perdere certe sensazioni”.
    Tante rinunce anche nella dieta alimentare, dopo il ritiro
c’è stato il pasto della svolta: “Da quando ero giovanissimo non
ho potuto mangiare a Natale e Capodanno come tutti gli altri:
ora con gli amici abbiamo mangiato un maialetto”. (ANSA).
   

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