Aumentano i diritti sulla malattia per partite iva e professionisti

Nell’Italia perennemente divisa tra guelfi e ghibellini, il mondo del lavoro certo non fa distinzione, anzi. Si litiga e ci si divide su tutto, da sempre, politica, sport, cibo, lavoro. Nel paese dei mugugni, della strenua difesa del proprio particolare interesse e delle piccole e grandi corporazioni, negli ultimi anni si è allargata sempre più la forbice tra quanti, da dipendenti, vengono tutelati e garantiti sul posto di lavoro, nelle forme e nei limiti stabiliti dalla legge, e quanti invece, come liberi professionisti e partite iva, lamentano una totale assenza di qualsiasi forma anche minima di tutela nello svolgimento del loro lavoro.

Mentre per esempio un dipendente viene ugualmente pagato in caso di assenza giustificata dal posto di lavoro, come nel caso di malattia, un professionista se non lavora, chiaramente non guadagna. Ma non solo, fino a dicembre, un professionista era tenuto a rispettare le scadenze di legge, anche in caso di impedimento per malattia grave, pena il pagamento di multe e sanzioni. “Ho fatto le ultime liquidazioni Iva con la carta igienica dell’ospedale mentre le mie lacrime bagnavano tutto” ha postato pochi mesi fa su Facebook da Anna Imbruce, 53 anni, commercialista di Palermo, morta per metastasi al fegato dopo la scoperta di un tumore al colon. Ad un simile ingiusto strazio, finalmente forse si dovrebbe essere posto un argine, grazie all’emendamento presentato dal senatore di Fratelli d’Italia Andrea De Bertoldi, approvato nell’ultima legge di bilancio, che prevede appunto la possibilità di avere una proroga delle scadenze di legge, in caso di malattia del professionista.

Si tratta di un primo timido piccolo passo verso un adeguamento nella profonda disparità di trattamento che caratterizza chi ha un posto da dipendente e chi invece lavora come libero professionista od autonomo. Uno statale, ad esempio, può chiedere il part time, ha fino a 18 mesi di malattia in tre anni, la 104 ed altre tutele, tutte negate agli autonomi. Qualcosa si era tentato di fare con il Jobs Act, dedicato a lavoratori autonomi e partite iva, del governo Renzi, approvato in via definitiva nel 2017, che cercava di mettere ordine in una situazione di evidente disparità di trattamento tra i dipendenti e i lavoratori autonomi proprio sul piano delle tutele di legge sul lavoro. Ma come spesso accade in Italia, il cosiddetto Statuto del lavoro autonomo è, attualmente, operativo solo a metà. E cioè limitatamente alle disposizioni autoapplicative. Laddove tutte e quattro le deleghe contenute nel provvedimento sono scadute a metà 2018. Una di queste deleghe era proprio quella dedicata alle indennità per malattia e maternità. Eppure i liberi professionisti in Italia sono circa 6,2 milioni ( 8,2 è il numero delle partite Iva esistenti) e rappresentano il 21,7% della forza lavoro Secondo Eurostat in Italia, in termini assoluti c’è il più alto numero di lavoratori con partita Iva (5,039 milioni); seguono il Regno Unito (4,8 milioni), la Germania (4,1 Milioni), e Francia e Spagna con poco più di tre milioni. In Italia ci sarebbe circa il 15% di tutte le partite Iva presenti in Europa. Lo scoppio della pandemia covid con i relativi decreti per i ristori, hanno reso ancora più evidente e macroscopica l’enorme sproporzione tra chi è maggiormente tutelato e chi invece praticamente non è affatto. Il risultato è stato quello certificato dalla Cgia di Mestre, che parla della cessazione di oltre 305.000 partite Iva nel solo 2020. Ma il problema per chi ha un lavoro autonomo, anche in caso di cessazione dell’attività, è spesso quello dei debiti che contrae, soprattutto con banche ed agenzia delle entrate, durante lo svolgimento della sua professione, come ci spiega molto bene, Letterio Stracuzzi, avvocato specializzato in debito di impresa e familiare, titolare di una cattedra all’università Unicusano di Roma, sul sovraindebitamento “ In questi ultimi due anni abbiamo avuto una crescita esponenziale di richieste di assistenza soprattutto da lavoratori autonomi ed artigiani, che si sono trovati in una situazione debitoria assolutamente fuori controllo. Noi grazie alla legge 3/2012 ( promulgata dal governo Monti la cosiddetta “legge salva suicidi”) che si occupa di salvare le famiglie o le partite iva, proprio come nel caso del diritto fallimentare per le imprese, siamo riusciti negli ultimi dieci anni a far cancellare circa 75 milioni di euro di debiti. Ma le confesso che la pressioni sui nostri studi da parte di liberi professionisti messi in ginocchio dalla pandemia e non tutelati a dovere dallo Stato, è davvero preoccupante.” Ora la legge di bilancio cerca di aprire un piccolo spiraglio di luce per chi come i professionisti ed autonomi ha vissuto la crisi della pandemia in maniera ancora più drammatica rispetto ai dipendenti. Si tratta di una riforma attesa dal mondo delle professioni da oltre venti anni e che cerca di risolvere situazioni paradossali, come quelle sopracitate. Per Armando Zambrano, presidente del Consiglio nazionale degli ingegneri questo emendamento accende finalmente un filo di speranza nel mondo delle professioni “il risultato dell’emendamento voluto da Fratelli d’Italia per la tutela della malattia e dell’infortunio dei professionisti è molto importante, come lo è l’equo compenso ottenuto sempre da Fratelli d’Italia. Si tratta di provvedimenti che forniscono un riconoscimento al mondo delle professioni e che devono costituire un primo passo verso il riconoscimento del ruolo sussidiario dei professionisti italiani”. E sì perchè la prossima tappa di questo virtuoso percorso verso una maggiore attenzione alle tutele e ai diritti sul lavoro di chi svolge la libera professione, è proprio la legge sull’equo compenso, forse non a caso anche portato avanti da Fratelli d’Italia. Stiamo parlando dell DDl 3179 a prima firma di Giorgia Meloni, presidente del partito, che ha da poche settimane passato il primo esame alla Camera dei deputati. In sostanza la legge dovrebbe garantire un giusto ed equo compenso per il lavoro svolto da un professionista sia con il privato che con il pubblico committente. Clamoroso in questo senso il caso dell’architetto che fu pagato con un rimborso spese simbolico di 1 euro dal Comune di Catanzaro che gli aveva commissionato la realizzazione del nuovo piano regolatore. La sentenza 4614/2017 del 3 ottobre 2017 aveva, infatti, decretato che è possibile stabilire come compenso per un professionista a titolo gratuito, con il riconoscimento di un semplice rimborso spese ( nel caso specifico pure simbolico). Ma il problema sembra ancora essere molto al di là dall’essere risolto e proprio la pandemia con le disparità evidenti di trattamento tra chi da dipendente può usufruire di tutta una serie di tutele come la cassa integrazione straordinaria e chi invece da libero professionista ha dovuto fare i conti con miseri contributi una tantum da poche centinaia di euro. E intanto nel 2021 le partite iva sono scese per la prima volta da quando sono iniziate le rilevazioni statistiche sotto la soglia dei 5 milioni. Ma è molto probabile che con gli aumenti energetici e la fine della moratoria sui debiti, questo numero sembra inevitabilmente destinato ad assottigliarsi ulteriormente nei prossimi mesi.

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