Berlusconi-Meloni, sorrisi dopo l’incontro, ma il difficile comincia adesso

“L’incontro si è svolto in un clima di unità di intenti e di massima cordialità e collaborazione. Fratelli d’Italia e Forza Italia si presenteranno uniti, con le altre forze della coalizione, alle prossime consultazioni con il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Fratelli d’Italia e Forza Italia sono al lavoro per dare il più presto possibile all’Italia un Governo forte, coeso e di alto profilo che si metta subito al lavoro per affrontare le urgenze, primo tra tutti il caro energia che sarà al centro anche del prossimo Consiglio Europeo”.

Sono le 18 quando, dopo un ora ed un quarto di faccia a faccia, viene diffuso da Fratelli d’Italia e Forza Italia in maniera congiunta questo comunicato sull’incontro tra Silvio Berlusconi e Giorgia Meloni. Un incontro attesissimo dopo le frizioni (per non chiamarle rotture) personali tra la leader del partito che ha vinto le elezioni ed il fondatore di Mediaset, pare dovuto anche alle spinte dei figli del patron di Arcore, come hanno raccontato i retroscenisti nel fine settimana.

Poi, pochissimo si può sapere e dire dato che i due sono stati davvero da soli in una sala nella sede di Fratelli d’Italia in via della Scrofa. E già solo questo significa molto, anzi, moltissimo. In quasi trent’anni dalla sua discesa in campo quanto successo oggi ci racconta la seconda volta in cui Berlusconi si reca nella sede di un partito di un suo alleato o avversario. L’altra volta fu il famoso incontro al Nazareno con Matteo Renzi. Era il 2014.

Sono passati 8 anni e questa trasferta significa fondamentalmente che Berlusconi si è reso conto di aver commesso un errore o comunque di essere in debito verso Giorgia Meloni con il non-voto a Ignazio la Russa per la presidenza del Senato. Così ecco la trasferta, solo. Ed anche questo ha grandi significati.

Il primo è che i due dovevano ricucire il loro rapporto in maniera privata dato che gli attacchi reciproci erano stati personali e diretti. Di certo nessuno può immaginare che siano bastati pochi giorni per cancellare la lista di difetti che Berlusconi teneva nel suo ormai famoso appunto fotografato al Senato (supponente, prepotente, arrogante, offensiva) e di togliere dalla mente la secca risposta della Meloni («mancava un punto: io non sono ricattabile»). Ci vorranno settimane, ma se non si può cancellare di sicuro le cose si possono «superare». E da questo punto di vista il primo, grande, passo è stato fatto.

Il secondo è che essendo soli nella stanza non ci possono essere fughe di notizie, o meglio, fraintendimenti su quello che i due leader si sono detti.

Il terzo è che ad esempio non c’era Licia Ronzulli, da anni presenza fissa accanto al leader di Forza Italia. Lei, che è stata al centro dello scontro con quel veto della Meloni per un ministero di peso e che proprio ieri, all’arrivo della notizia dell’incontro di oggi, ha diramato una sua nota in cui di fatto annunciava il suo passo indietro;

«Il “caso Ronzulli” non è mai esistito. Io sono figlia di un Carabiniere, mio Padre ha servito il Paese nell’Arma per tanti anni e mi ha insegnato che servire la Patria è il primo dovere di ogni cittadino e prima di tutto di chi ha responsabilità pubbliche. A dispetto delle ricostruzioni malevole, io ho sempre lavorato per questo, anche in occasione della votazione per il Presidente del Senato. Continueró a farlo, da Senatrice della Repubblica o in qualunque ruolo il Presidente Berlusconi ritenesse di indicarmi».

Il centrodestra torna così unito, come unito si era presentato al voto ed era stato scelto dagli elettori. Ora da una parte comincia il difficile; c’infatti da chiudere la lista dei ministri in modo da non perdere tempo dopo che (forse già sabato) il Presidente della Repubblica avrà dato alla Meloni l’incarico di formare il nuovo governo.

Ma dall’altra parte se i problemi della coalizione di centrodestra erano più sui nomi che sul programma si può anche pensare che con l’incontro di oggi (e con Salvini collaborativo come non mai) il peggio sia davvero passato.

In tutto questo l’opposizione riesce invece che ad approfittare dei problemi nel centrodestra a dividersi ancor di più. Oggetto del contendere oggi l’elezione dei vicepresidenti delle due camere. Sembra infatti che Pd e Movimento 5 Stelle abbiamo trovato un accordo per spartirsi le due poltrone. Tutto questo senza tenere in considerazione Azione ed Italia Viva. E Calenda, infuriato, ha attaccato: «Se questo accordo fosse vero noi non voteremo».

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