Biden, il Presidente delle gaffes è sempre più impopolare

I sondaggi continuano a rivelarsi inclementi con Joe Biden. Secondo una recente rilevazione Harvard CAPS-Harris, in un ipotetico confronto elettorale nel 2024, Donald Trump otterrebbe il 47% dei consensi, contro il 41% dell’attuale presidente americano. La situazione non migliorerebbe per i democratici, nel caso in cui a sfidare Trump fosse la vicepresidente Kamala Harris. Quest’ultima otterrebbe infatti appena il 38% dei consensi, contro il 49% riservato all’ex inquilino della Casa Bianca. Un’altra rilevazione, recentemente condotta da Reuters e Ipsos, registra che al momento il 52% degli americani disapprova l’azione presidenziale di Biden, a fronte di un tasso di approvazione che si attesta al 42%. Sempre secondo Reuters, sembrerebbe che le preoccupazioni principali degli americani riguardino al momento le questioni economiche. Non dimentichiamo del resto che negli Stati Uniti l’inflazione ha raggiunto livelli record (non essendo mai stata così alta nell’arco degli ultimi quarant’anni).

Tuttavia, al di là dei singoli dossier, è probabile che questa notevole impopolarità di Biden e Kamala Harris sia dovuta a fattori strutturali. Il grande problema dell’attuale amministrazione americana è legato principalmente a due elementi. In primo luogo, non si possono ignorare le spaccature interne al Partito democratico americano: spaccature tra ala sinistra e ala centrista, che stanno di fatto impedendo all’Asinello di avere una linea coerente su svariate questioni (dall’economia alla politica estera). Una tale situazione azzoppa notevolmente i dem, che – per quanto detengano al momento la maggioranza in entrambi i rami del Congresso – si ritrovano sovente preda di deleterie paralisi politiche. Del resto, questa malsana dialettica intestina si acuisce anche a causa dei settori vicini alla sinistra oltranzista: settori che insistono su battaglie decisamente ideologiche e sempre più impopolari tra gli elettori. Basti pensare alle elezioni governatoriali tenutesi in Virginia lo scorso novembre, quando il candidato dem (dato inizialmente per favorito) è stato sconfitto, dopo aver condotto una campagna elettorale eccessivamente spostata a sinistra.

Il secondo elemento da considerare è l’enorme (e ingiustificata) aspettativa che, all’inizio dell’anno scorso, una certa stampa aveva suscitato attorno all’amministrazione BidenHarris. La fanfara mediatica non ha infatti retto al peso dei fallimenti, registrati dall’attuale Casa Bianca: si pensi solo alle difficoltà incontrate nella gestione dell’immigrazione clandestina, al caro energia o alla crisi afghana. Tutto questo, senza dimenticare le divisioni interne alla stessa amministrazione. I rapporti tra Pentagono e Dipartimento di Stato sono caratterizzati da alcune significative turbolenze, mentre indiscrezioni della stampa americana hanno parlato di una vera e propria fronda contro Kamala Harris. Una Harris che, dal canto suo, ha (almeno finora) più volte dimostrato una profonda inadeguatezza. Il suo apporto sul fronte del dossier immigrazione si è rivelato pressoché nullo, mentre il suo contributo alla politica estera americana è stato del tutto inconsistente (si pensi ai fallimentari viaggi ufficiali effettuati a Parigi lo scorso novembre e in Polonia poche settimane fa). Non solo. La Harris sta mostrando forti limiti anche in quella che solitamente è una delle attività principali dei vicepresidenti americani: aiutare il presidente a negoziare accordi parlamentari.

Insomma, tutti questi fattori spiegano la crisi di popolarità in cui versa attualmente la Casa Bianca: un campanello d’allarme significativo per i dem, soprattutto in vista delle elezioni di metà mandato del prossimo novembre.

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