Billboard critica le vendite dei BTS. Ma lo streaming è  democratico?

Lo scorso 2 agosto, Butter trascorreva la sua nona settimana al primo posto della classifica Billboard Hot 100 superando così il record di otto settimane detenuto fino a quel momento da Drivers License di Olivia Rodrigo.

Numerosi critici musicali americani hanno però sottolineato come, nonostante la canzone della band sudcoreana BTS sia stata in grado di mantenere la posizione per nove settimane – lasciando il podio solo per un’altra canzone del gruppo Permission to DanceButter non sia la canzone più ascolta in America. Solo qualche giorno fa, lo streaming ha infatti incoronato Good 4 U come canzone dell’estate con oltre 600 milioni di riproduzioni e la stessa Billboard, in un’intervista con il gruppo, ha velatamente accusato i BTS (e il loro fandom, ARMY) di aver «manipolato le classifiche» per ottenere il riconoscimento oltreoceano.

Nell’articolo si legge infatti come «i fan di alcuni artisti dicono che i successi in classifica dei BTS siano ottenuti attraverso una “manipolazione” concentrata antitetica allo scopo delle classifiche di evidenziare con precisione i più popolari al mondo». Il giornalista aggiunge come ARMY si organizzino sui social media «utilizzando tattiche come acquisti all’ingrosso di album fisici e acquisti digitali coordinati per influenzare le prestazioni in classifica». I BTS – e la loro agenzia HYBE – si sono visti costretti a respingere le accuse e davanti a domanda diretta, il leader del gruppo, Kim Namjoon, ha dichiarato: «Se c’è una discussione all’interno di Billboard su cosa dovrebbe rappresentare essere il numero uno, allora sta a loro cambiare le regole e far pesare di più lo streaming sulla classifica. Criticare noi o i nostri fan per essere arrivati al numero uno con vendite fisiche e download, non so se è giusto … Sembra solo che siamo bersagli facili perché siamo una boy band, un gruppo K-pop, e abbiamo questa alta fedeltà dei fan».

BTS (Photo courtesy of BIGHIT MUSIC)

Secondo il giornalista Tom Breihan, Good 4 U di Olivia Rodrigo avrebbe meritato il podio della Billboard Hot 100 in base al numero di stream ottenuti, mentre Leave the Door Open dei Silk Sonic l’avrebbe meritato per la presenza in radio. In un articolo pubblicato su Stereogum, spiega infatti «se guardi le classifiche, allora, avrai un’idea completamente distorta di quanto siano effettivamente popolari i BTS». Secondo l’autore, il successo di Butter è inorganico perché dipende in gran parte sui download digitali (sottolineando anche come la canzone fosse scontata a 69 centesimi). «La Hot 100 è il miglior marcatore storico che abbiamo per ciò che è grande in un momento specifico. Facendo questi giochi, i BTS stanno mandando tutto all’aria» ha concluso Breihan.

La discussione riguardo alla validità delle classifiche al tempo dello streaming non è nuova. Già lo scorso anno, il Guardian domandava in un articolo – dall’evocativo titolo «Top of the flops» – se lo streaming stesse rendendo le classifiche obsolete. È indubbio che il digitale stia irreversibilmente cambiando il nostro modo di consumare prodotti di intrattenimento, ma lo streaming è così democratico come si pensa?

Non proprio. Ci sono tanti fattori che aiutano una canzone a guadagnarsi milioni di riproduzioni. L’algoritmo e i meccanismi che portano a filtrare gli streaming – per evitare l’utilizzo di bot – non sono particolarmente trasparenti. Lo stesso Forbes ha sottolineato come Butter – pur essendosi guadagnato il record di singolo più ascoltato nei primi sette giorni con 99.37 milioni di riproduzioni – sia stato soggetto un pesante “filtraggio” di stream. «Spotify sembra aver filtrato pesantemente (e intendo pesantemente) i flussi per Butter durante la tabulazione del suo totale “ufficiale”, molto più di altri successi di streaming di un calibro simile».

Sempre secondo Forbes, Butter sarebbe infatti dovuto essere il più grande debutto di sempre, superando All I Want For Christmas Is You di Mariah Carey. Chart Data ha infatti registrato 20.9 milioni di stream solo nelle prima 24 ore d’uscita, numero che però si è quasi dimezzato a causa dei «flussi segnalati» ovvero le canzoni che vengono riprodotte in loop fino alla nausea o a un volume muto/molto basso, con il solo intento di gonfiare i numeri. Nell’articolo si legge: «Mentre un certo grado di scorrettezza si verifica sicuramente con tutti i successi in streaming popolari, l’affermazione che quasi la metà dei flussi del primo giorno per Butter sarebbe di bassa qualità o “falso” sembra dubbia, specialmente se si considera che il video musicale di Butter ha ottenuto la più grande premiere e il più grande debutto di 24 ore nella storia di YouTube (108.2 milioni).

Un altro fenomeno che appare interessante da analizzare quando si parla di streaming è quello del «playlisting». La presenza di una canzone in una determinata playlist e in una posizione rilevante può portare milioni di riproduzioni in più, ma non è chiaro come uno specifico brano finisca in homepage oppure no. In uno studio di pubblicato su Competition Policy International, piattaforme come Spotify potrebbero essere incentivate a inserire in playlist canzoni «provenienti da etichette con cui hanno un contratto». Se negli anni Cinquanta il «payola» (pagare per airplay, ndr) è stato dichiarato illegale negli Stati Uniti – anche se in molti sostengono che la pratica sia utilizzata ancora oggi -, nello studio si evidenzia come «la linea tra marketing e payola può essere alquanto sfocata e la sezione “Discover” su Spotify può essere definita una forma di payola».

Nello studio si legge inoltre come «l’aggiunta a “Today’s Top Hits” di Spotify, un elenco con 18,5 milioni di follower durante il periodo di campionamento, ha aumentato gli stream di quasi 20 milioni. Pertanto, l’accesso equo delle registrazioni alle playlist è importante per garantire una concorrenza leale. Poiché le playlist richiedono meno intervento dell’utente rispetto all’ascolto di singole tracce o album, è anche probabile che gli utenti più pesanti della piattaforma, che tendono a riprodurre musica in sottofondo mentre fanno altre cose, siano particolarmente propensi a utilizzare le playlist. Pertanto, è probabile che l’impatto delle playlist sui pagamenti delle royalty sia accentuato».

Mentre Billboard accusa i BTS di aver «manipolato» le loro classifiche, utilizzando il potere dei loro fan per ottenere riconoscimenti oltreoceano, è forse più importante domandarsi se quello che ci troviamo di fronte non sia semplicemente un sistema obsoleto.

Ma forse la vera domanda da porsi è un’altra; che ha a che fare con la convinzione che una boyband, per di più coreana, non possa essere in grado di superare record detenuti da decenni. Nonostante lo abbia già fatto.

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