Bimba contesa tra due mamme. «Serve una legge contro l’utero in affitto»

Suscita polemiche l’ordinanza del tribunale civile di Bari, che ha appena affrontato il caso di una coppia di donne omosessuali, sposate nel 2016 negli Stati Uniti, che l’anno dopo hanno avviato le procedure per concepire un figlio (nella fattispecie una bambina) con la maternità surrogata. Poi le due donne si sono separate in malo modo, e una delle due chiedeva la cancellazione del nome dell’altra come madre della bambina dai registri ufficiali del Comune. Il tribunale ha deciso però che la bambina – che oggi ha 4 anni – abbia diritto a «due mamme» anche dopo la separazione. Sul caso, Panorama.it ospita un commento polemico di Carlo Giovanardi, il quale ha una specifica competenza sulla materia in quanto dal 2008 al 2011 ha presieduto, in qualità di sottosegretario alla presidenza del Consiglio, la Commissione per le adozioni internazionali.

La normativa italiana sulla materia delle adozioni internazionali è rigorosissima: per adottare un bambino all’estero si deve essere una coppia (uomo e donna) regolarmente sposata, non si deve superare una certa età, si deve provare di avere un reddito sufficiente, non si deve porre nessun limite di provenienza geografica, età e salute del bambino da adottare. L’ autorizzazione viene data dai servizi sociali e dai Tribunali dei minorenni dopo una approfondita e lunga istruttoria.

Malgrado tutti questi gravosi adempimenti, nel 2011 arrivammo a toccare le quattromila adozioni, anche grazie a incontri internazionali sulla materia in Burkina Faso, Cambogia e Russia oltre ai tantissimi organizzati in Italia con tutti i paesi in cui erano possibili le adozioni internazionali.

Purtroppo, dal 2011 in poi il numero delle adozioni internazionali è crollato a meno di mille, un po’ per il totale disinteresse dei successivi governi italiani, e molto per l’incredibile diffondersi di pratiche criminali, che sono reato nel nostro Paese, ma non in Paesi esteri.

Proprio questa mattina tutta la stampa nazionale ha dato ampio risalto su questa materia a una vicenda dal mio punto di vista immorale e grottesca. Si tratta di una coppia di donne omosessuali che cinque anni fa ha programmato di avere una figlia negli Stati Uniti.

Secondo quanto riportato dai giornali italiani, una delle due ha fatto fecondare negli Stati Uniti un suo ovulo da un donatore maschio (gratis, a pagamento?) e quest’ovulo è stato poi innestato nell’utero di una terza donna, la quale ha gestito la gravidanza (gratis, a pagamento?) e ha messo al mondo la bambina, che dopo il parto è stata consegnata alle due committenti.

A quanto pare la bambina è stata registrata in Italia «contra legem» (nel senso che la legge vigente lo proibisce, ndr) come figlia delle due donne e tutti hanno vissuto felici e contenti, si fa per dire, finché la coppia non è scoppiata e la vicenda è finita davanti al Tribunale civile di Bari.

In quella sede una delle due (che non è né padre né madre della bambina) ha rivendicato il diritto di frequentarla, contestato dall’altra lesbica che non è né padre né madre, perché il padre è il donatore di seme e la madre, per la legge italiana, è soltanto chi l’ha partorita.

E il tribunale di Bari, dopo aver appurato che nessuna delle due donne ha un rapporto biologico con il figlio, le ha dato ragione in nome del supposto «interesse superiore del minore di poter fruire del diritto di essere mantenuta, istruita, educata ed assistita moralmente da entrambe le persone che considera di fatto suoi genitori e che hanno concorso alla sua nascita sulla scorta di un progetto genitoriale condiviso».

Ora potete immaginare quale sia l’interesse di una bambina di trovarsi al centro di una rissa furibonda tra due donne, una delle quali (sembra adesso viva con un uomo) ha rinnegato il progetto (oggettivamente criminale in Italia) di commissionarla all’ estero come se fosse un oggetto.

È sempre più evidente che nel nostro Paese ci sono leggi rigorosissime, che i cittadini comuni devono rispettare (vedi la legge sulle adozioni di cui parlavamo all’inizio), e ci sono scappatoie per chi ha i soldi per poterle platealmente aggirare – alla Marchese del Grillo – sperando poi che ci sia un qualche ufficio anagrafico di comune o qualche Tribunale che avalli a posteriori questi che sono veri e propri reati (se commessi in Italia).

Spero pertanto che nella prossima legislatura il Parlamento approvi rapidamente la norma che rende universale il reato di «utero in affitto», prima che qualche regista si ispiri a queste vicende per girare un nuovo episodio del famoso film di Dino Risi: I Mostri.

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