Cannes 2021: il Festival apre con Annette, la recensione

Cannes inizia con un musical, uno di quelli che non ti aspetti visto che le musiche, così come il soggetto, sono scritte dagli Sparks, band new-wave nata a Los Angeles nel 1972 e da allora sempre sul limbo tra leggenda e gruppo di nicchia. A far da traino però al film c’è il regista di culto Leos Carax (Gli amanti del Pont-Neuf, Holy Motors) e la coppia di protagonisti, Marion Cotillard e Adam Driver, abbastanza da motivare il via della manifestazione a due anni dall’ultima edizione.

La storia è quella di una coppia di celebrità, stand-up comedian lui, cantante d’opera lei, che si innamora, fa una figlia (l’Annette del titolo), ma che gradualmente si spezza a causa dei continui, e immotivati, scatti d’ira del personaggio interpretato da Driver. Il tutto logicamente accade mentre i due cantano raccontando i propri pensieri o declamando le proprie battute dei dialoghi. La svolta arriva a metà film quando il contrasto fra i due diventa insanabile e la bambina, che allo spettatore è presentata come un bambolotto animato, dimostra doti fuori dal comune…

Inutile andare avanti e rovinare la svolta principale della trama, anche se è proprio questo il punto debole di Annette. Leos Carax sembra infatti più interessato a creare immagini di straordinaria potenza visiva e sonora che tratteggiare al meglio i suoi personaggi, le loro motivazioni nonché la ragione per cui la tragedia che ammanta il suo film dovrebbe in qualche modo interessarci, un po’ come del resto si sarebbe potuto dire con Holy Motors, un film che – come questo – fu presentato a Cannes, ma che per la sua capacità di essere sperimentale fino in fondo (parlare di trama sarebbe difficle) incontrò i favori di tanti cinefili.

A livello estetico non c’è dubbio che l’impegno di Carax raggiunga il traguardo. Alcuni momenti singoli della pellicola, staccati dal resto, sono di straordinaria bellezza, dall’insolito prologo in cui lui stesso appare accanto al resto del cast e ai fratelli Mael (ovvero gli Sparks) al finale, un intenso dialogo cantato tra padre e figlia. Il resto invece sembra stare lì più come riempitivo che la cornice di una metafora su amori, passioni e demoni, di chi vive nel mondo dello spettacolo. Peccato. Nella somma degli elementi la visione di Annette è comunque interessante e mostra un talento, per quanto difficile da afferrare, senza dubbio fuori dal comune.

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