Chastain e Garfield, telepredicatori da Oscar

(ANSA) – ROMA, 14 SET – Grandi sorrisi, vestiti e trucco
appariscente (il suo ‘marchio di fabbrica’ erano le immancabili
ciglia finte), parrucche vistose un’ingenuità ostentata in una
personalità fragile (ha combattuto contro la dipendenza da
psicofarmaci) ma anche capace di coraggio e generosità. E’ la
carismatica e a suo modo iconica telepredicatrice Tammy Faye
Bakker, scomparsa nel 2007 per un tumore, alla quale dà volto
Jessica Chastain (anche coproduttrice e anima del progetto) in
The Eyes of Tammy Faye di Michael Showalter al debutto in prima
mondiale al Toronto International Film Festival e poi in sala
con Disney. Il film, basato sull’omonimo documentario del 2000 firmato da
Fenton Bailey e Randy Barbato, ripercorre circa un quarantennio
nella vita di Tammy Faye e dell’ambizioso e ben più lucido
marito Jim Bakker (Andrew Garfield) capaci nella loro ‘carriera’ da telepredicatori’ di diventare vere e proprie star
del piccolo schermo e di costruire a colpi di donazioni un
impero economico (erigendo fra gli altri anche un hotel
extralusso e un parco di divertimenti a tema cristiano) e
mediatico. Il racconto segue i Bakker dalla brillante costruzione del
trionfo al totale crollo causato dalle frodi, gli scandali
sessuali e finanziari di cui si è reso responsabile Jim Bakker
(condannato inizialmente a 45 anni di prigione, poi ridotti a
otto). Tammy Faye si è sempre detta all’oscuro dei crimini,
difendendo a lungo anche l’innocenza del marito, dal quale ha
divorziato dopo la condanna. Un tour de force attoriale che
secondo i critici potrebbe portare sia Jessica Chastain
(trasformata fisicamente grazie anche a un impressionante lavoro
dei make-up artists) sia Andrew Garfield di nuovo in corsa per
l’Oscar. “Ho visto il documentario su di lei dieci anni fa in tv e
Tammy Faye mi ha profondamente colpito, era una donna colma di
compassione e amore – ha spiegato Jessica Chastain a Toronto
dopo la proiezione ufficiale -. Ho sentito di dover raccontare
la sua vera storia, perché trovo che sia stata trattata molto
ingiustamente. Volevo che una nuova generazione potesse
conoscerla per come realmente era”. (ANSA).
   

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