Che Fast & Furious sarebbe senza la Famiglia

Ce l’avrete anche voi l’amico che detesta Fast & Furious per presa di posizione. Quello che non ha visto manco un film della saga, o al massimo il primo, e che si trincera dietro l’argomentazione per lui più inattaccabile: “Sono delle americanate”. Dei film scemi senza spessore, con personaggi scemi e senza spessore. E con le macchinine.

È un giudizio facile, e bisogna ammettere che, per alcuni pubblici, la Fast Saga potrebbe essere respingente. Si tratta pur sempre di grandi e grossi film d’azione in cui le auto rombano e il reggaeton pompa, e in cui l’azione conta più delle parole e i muscoli hanno più peso del cervello. Quello che il Vostro Amico Prevenuto e il generico spettatore che non ha mai affrontato la saga non ricordano, però, è che anche il cuore è un muscolo.

La saga di Fast & Furious ha una dose di cuore decisamente ipertrofica, per questo tipo di produzioni. Si riflette praticamente tutta nel modo originale in cui è concepita questa improbabile gang di ladri/spie internazionali che fa capo al Dom Toretto di Vin Diesel. In un altro film, magare sarebbe stato il cinismo a farla da padrone. Magari ci saremmo trovati di fronte all’ennesima banda di reietti tenuta insieme dall’utile comune e poco altro. E invece.

Fast Family Matters

E invece Fast & Furious ha preso, sin dal quarto capitolo ma in particolare dal quinto, una strada diversa. A mano a mano che il cast si allargava, con una tendenza a collezionare TUTTI i personaggi dei film precedenti che la Marvel gli fa un baffo, la banda di Toretto si configurava sempre meno come un gruppo di criminali e sempre più come una famiglia. Anzi, LA famiglia, in senso lato. O la Fast Family, per quelli di voi che amano gli hashtag.

Ovviamente si parla di famiglia in due sensi molto diversi. Da un lato c’è quella universalmente concepita: la famiglia di sangue. E qui Fast & Furious non si sbaglia: c’è Dom con la sorella Mia (e il fratello Jakob) e il suo grande amore Letty. C’è Brian O’Conner che all’inizio è un avversario e un outsider, ma poi si innamora di Mia e tutto cambia. Dall’altro c’è la famiglia intesa come gruppo di amici particolarmente legati, che si ritrovano lungo l’impervia strada della vita e decidono di essere qualcosa di più l’uno per l’altro, di guardarsi le spalle e sconfiggere la solitudine insieme. È un concetto molto americano, partorito da una società estremamente individualista in cui spesso ci si ritrova da soli ad affrontare difficoltà insormontabili. E allora un aiuto fa comodo, una “famiglia” fa comodo.

Telenovela

Questo elemento è assolutamente centrale alla Fast Saga, e lo è in maniera sempre più evidente a ogni capitolo che passa. In Fast & Furious 9, come sappiamo, arriverà Jakob, il fratello di Dom e Mia interpretato da John Cena. L’abbiamo fatta tutti la battutina: “Nove film e non avevano mai menzionato l’esistenza di un altro Toretto! Che sagome!”. E in effetti fa sorridere, finché non ci ricordiamo un’altra cosa: Fast & Furious è anche, senza vergogna alcuna, una telenovelona. Una soap opera cinematografica per amanti dell’azione, in cui i sentimenti non si esprimono con lunghi monologhi o intensi sguardi verso l’infinito, ma con inseguimenti e cazzottoni. Al massimo l’occasionale grigliata e il cin cin tra bottiglie di Corona. È dunque normale che, in una telenovela, si scopra che il protagonista ha un fratello di cui non si era mai sentito parlare. Fa parte del gioco tanto quanto due auto che trascinano gigantesche casseforti per le strade di Rio o un’auto che attraversa un dirupo attaccata a un cavo di metallo. Se, arrivato al nono capitolo, non lo accetti, vuol dire che non sei un fan di Fast & Furious. Ma sto divagando.

Il punto è che la Famiglia è ormai il motore della saga, ciò che spinge Dom e compagnia all’azione. C’è spesso di mezzo una vendetta, nei film di Fast & Furious; qualcuno fa del male a un membro della Famiglia e gli altri accorrono all’istante. L’idea della famiglia è talmente centrale in Fast & Furious, che, non a caso, quando Chris Morgan e James Wan si sono trovati a dover chiudere il personaggio di Brian dopo la tragica morte di Paul Walker, ci sono stati ben pochi dubbi su quale sarebbe stata la scusa per farlo sparire: gli impegni famigliari. Brian è andato in pensione per accudire al figlioletto insieme a Mia, mica perché è stato riassunto dal FBI o simili.

Una saga inclusiva

Vale la pena anche di sottolineare una cosa che, per lo spettatore medio italiano, forse non ha tutto questo peso. Ma che in America rappresenta una dichiarazione politica non da poco (sempre, lo ricordiamo, all’interno di una saga di film stupidi con le macchinine). La Famiglia di Dom è composta esclusivamente da minoranze etniche. L’unico caucasico era proprio Brian. Gli altri sono latini, afroamericani, asioamericani o di etnia mista. Toh, ci possiamo anche buttare dentro Deckard Shaw, bianco, ma è difficile considerarlo come parte della Fast Family nonostante la riconciliazione al termine dell’ottavo capitolo. Una saga dominata da non bianchi, diretta da non bianchi. Non male all’interno di una cinematografia che, ancora oggi, lotta per la parità e lo fa di solito con grossi proclami. La Fast Saga non ha mai fatto proclami ma, in linea con la sua natura, ha sempre e solo agito.

La “Sindrome Tarallucci & Vin”

C’è un ultimo punto di cui mi preme parlare, ed è forse l’aspetto più controverso della saga. Lo chiamerò la “Sindrome Tarallucci & Vin”. Prevede che, anche se sei stato un cattivo o un avversario nei capitoli precedenti, tu possa diventare un membro della Famiglia in quelli seguenti. Ora, un conto è essere avversari: vuol dire agire su fronti opposti (rispetto alla legge, ad esempio), ma non esclude che si possano condividere valori, come ci insegna il western. È il caso di Dom/Brian, che si sono sempre capiti e rispettati anche quando erano formalmente nemici. Un conto, invece, è che sia un villain a entrare nella banda. Il caso di Deckard Shaw (Jason Statham), che ha ammazzato Han (anche se poi si è scoperto che Han è vivo, non cambia nulla) per poi redimersi riconsegnando a Dom il figlio rapito, ha disturbato molti. In effetti è stato gestito un po’ troppo alla leggera, ma non è che Shaw sia subito entrato senza alcun problema nel gruppo più ristretto di “famigliari”. Tanto è vero che il personaggio è poi tornato in uno spin-off (Hobbs & Shaw) e per ora non nella saga principale.

Ma comunque il dettaglio della sua redenzione è importante. Perché veicola un altro messaggio fondamentale che sottolinea ancora di più quanto sia importante il concetto di famiglia in Fast & Furious: non importa da dove tu venga e cosa tu abbia fatto, se vorrai qui ci sarà spazio per te e noi ti copriremo le spalle. Famiglia vuol dire anche accettazione, e in particolare questo tipo di famiglia, nato a posteriori. Se non si fossero accettati in primo luogo tra di loro, Dom, Letty, Tej, Roman, Han, Mia e Brian non sarebbero mai diventati una famiglia. La loro unione è un porto franco, un luogo in cui approdare per sfuggire alle difficoltà della vita da lupi solitari. Un comunità in grado di accogliere chiunque, a patto che si lasci alle spalle il passato per lavorare verso un obbiettivo comune. Se questa non è una delle migliori metafore dell’America mai viste al cinema…

Perciò, sì, facciamo tutto il giro e torniamo in cima: Fast & Furious è un’americanata. È LA americanata. È l’America.

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