Confindustria, ricorsi contro la richiesta dell’Emilia Romagna sul payback

La richiesta dell’Emilia-Romagna di pagamento del payback entro 30 giorni “è un atto grave e non rispetta quanto ha stabilito il legislatore”. Così all’ANSA Nicola Barni, presidente di Confindustria Dispositivi Medici. “Riteniamo quindi opportuno procedere immediatamente per via legale con nuovi ricorsi in riferimento a questo provvedimento della Regione. Siamo convinti che il payback rappresenti una misura iniqua e ci batteremo in tutte le sedi per evitare un grave impatto sulle imprese dei dispositivi medici che, soprattutto in Emilia-Romagna, rappresentano un indotto fondamentale che genera benessere economico per il territorio”. 

 La decisione dell’Emilia-Romagna riapre il confronto su una misura, quella del payback sanitario, che obbliga le aziende fornitrici del Servizio sanitario nazionale a restituire il 48% (quota stabilita dalla Corte costituzionale l’anno scorso) delle spese che superano i tetti stabiliti. La misura, adottata nel 2015 dal governo Renzi, è di fatto rimasta lettera morta fino a oggi.
“Pagare il payback per molte imprese significherebbe la chiusura immediata e ci chiediamo come sia possibile che la Regione non comprenda le gravi difficoltà che le nostre imprese si trovano ad affrontare – sottolinea Barni – Parliamo di un tessuto produttivo fatto di piccole e medie imprese, che sarebbero le più impattate da immediati pagamenti, oltre alle grandi imprese che saranno spinte a una fuga verso altri Paesi europei, dove questa misura non è in essere”.
Barni poi si rivolge alla Regione: “Ci sembra alquanto singolare che una regione come l’Emilia-Romagna, che ha dimostrato sensibilità nelle interlocuzioni sul tema payback, abbia messo in atto un’azione così perentoria a danno delle imprese del settore in vista della prima udienza di merito del Tar del Lazio il prossimo 25 febbraio”. 

 “La richiesta di pagamento immediato del payback da parte dell’Emilia-Romagna mette in grave difficoltà le imprese dei dispositivi medici, molte delle quali a rischio chiusura. Facciamo appello a Governo e Regioni affinché non seguano l’esempio con altri provvedimenti regionali simili sul payback: sarebbero migliaia i ricorsi al Tar, col rischio di provocare conseguenze devastanti per l’intero settore, ma anche per i bilanci regionali e per il tribunale amministrativo, generando un caos senza precedenti”,  afferma Confindustria dispositivi medici.

 Per questo, prosegue Barni, “abbiamo inviato oggi una lettera alla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, ai ministeri competenti, alla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome e alla Presidenza del Consiglio per scongiurare che altre regioni replichino la richiesta dell’Emilia-Romagna e si attenda la prima udienza di merito del Tar del Lazio prevista per il prossimo 25 febbraio”. Le imprese del settore, spiega Barni, “si trovano a fronteggiare non solo un ulteriore aggravio di costi legati a nuovi ricorsi amministrativi, ma soprattutto il rischio concreto di chiusura per molte piccole e medie realtà.
    Apprendiamo con favore l’appello della Regione Emilia-Romagna alla cancellazione immediata di questa assurda legge e proprio per questo motivo fatichiamo a comprendere come questa Regione abbia potuto attuare tale provvedimento senza attendere il Tar del Lazio, quando sul suo territorio vivono centinaia di imprese dei dispositivi medici che rappresentano un indotto fondamentale che genera benessere economico per il territorio. Siamo di fronte a un tessuto produttivo variegato e altamente specializzato, che rischia di scomparire con la permanenza strutturale del payback”. “Continueremo – conclude Barni – a batterci in tutte le sedi opportune per tutelare il settore e garantire cure di qualità ai cittadini. È in gioco il futuro di centinaia di aziende, il lavoro di migliaia di persone e, soprattutto, la salute di tutti”. 
   

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