Così i vaccini Covid possono provocare le trombosi

Comprendere le cause dei rarissimi eventi di trombosi tra la popolazione di vaccinati diviene un problema sempre più urgente. Prima di tutto, dopo i casi relativi all’Oxford-AstraZeneca, altri molto simili, sei donne tra i 18 e i 48 anni su 6,8 milioni di persone vaccinate, sono stati osservati anche nel caso del vaccino Johnson & Johnson. Secondo, occorre preparare vaccini per le nuove varianti e ciò non si può farlo senza chiarire almeno parzialmente il mistero.

I DUBBI

Sull’intera vicenda pesano una serie di dubbi, e non tutti necessariamente connessi alle cause vere e proprie dei fenomeni di trombosi. Potrebbe essere che a innescare i casi sia qualcosa che ha a che fare con il vettore virale, cioè il virus (una versione modificata dell’adenovirus dello scimpanzé) che porta la sequenza del codice genetico che codifica per la proteina spike del Covid-19. Oppure, potrebbe essere qualcosa che ha a che fare con l’additivo del vaccino o ancora qualcosa che ha a che fare con il processo di produzione. In questo momento tutte queste cose hanno le stesse possibilità di essere cause delle trombosi.

Ma la questione è anche più complicata di così. Sembra che il fenomeno sia più diffuso fra le donne, in particolare quelle sotto i sessanta anni, ma dire che queste sono a rischio più alto degli uomini non ha al momento alcuna base statistica. Infatti, nella maggior parte dei Paesi è stata data priorità al personale sanitario che è in gran parte composto da donne. Poi, non è chiaro se ciò che è vero per una certa popolazione, come quella europea, debba necessariamente essere vero per un’altra popolazione, come quella sud-americana o asiatica. A essere in dubbio è perfino il legame stesso tra vaccino e casi di trombosi. Come hanno commentato diversi cardiologi su riviste autorevoli, non sappiamo se chi è stato colpito da ictus era comunque destinato ad averlo in quei giorni in assenza di vaccino. Tra l’altro, il livello di attenzione più alto, e la paura delle conseguenze della vaccinazione, potrebbe condurre a maggiori segnalazioni di questi eventi tra i vaccinati rispetto ai non vaccinati contribuendo ancora di più alla sensazione di un legame causa-effetto.

GLI INDIZI

Le ricerche si concentrano su un’ analogia con un fenomeno simile riscontrato con la somministrazione di eparina. Potrebbe sembrare strano che questo farmaco, usato per prevenire coaguli, inneschi fenomeni di trombosi. Eppure, ci sono rarissimi casi di una sindrome chiamata “Trombocitopenia indotta da eparina” o “sindrome HIT” che viene descritta come un fenomeno autoimmune tra le cui conseguenze possono esserci un’attivazione delle piastrine nel sangue. Ora, come ha riportato Nature, rarissimi casi di HIT hanno coinvolto anche pazienti che non avevano ricevuto dosi di eparina ma che avevano subito operazioni, assunto farmaci con caratteristiche fisiche simili all’eparina oppure avuto infezioni. Quello che è stato visto è che le reazioni osservate e le analisi del sangue di questi casi erano identiche a quelle osservate nei pazienti vaccinati con AstraZeneca.

LE RICERCHE

L’Ema (European Medicines Agency) ha chiesto ad AstraZeneca di effettuare varie investigazioni in due direzioni ben precise: rivalutazioni dei dati sui trial clinici ed eventuale nesso causale tra vaccino a coaguli nel sangue. La stessa agenzia sta finanziando studi dell’Erasmus University Medical Center di Rotterdam, dell’University Medical Center di Utrecht e della Utrecht University. Il cuore delle ricerche è rappresentato dal sospetto di casi potenziali di HIT tra pazienti che hanno ricevuto dosi di vari vaccini.

POSSIBILI RISULTATI

Risultati potranno arrivare nel giro di due mesi. Una questione che dovrà essere indagata è se si può parlare di casi di HIT e se diminuendo la dose dei vaccini il rischio si abbassa. Inoltre, si indagherà se questi casi sono legati alle caratteristiche etniche dei pazienti. Concludere che esiste un legame causa effetto vaccino trombosi sarà molto difficile dato il numero bassissimo di casi e la possibilità concreta che vi sia un ruolo chiave da parte del sistema immunitario di difficile comprensione e previsione.

COME INTERPRETARE I SINTOMI DEI VACCINI

Di fronte a questi problemi uno si chiede come deve interpretare i sintomi del vaccino che gli è stato somministrato. Un’idea diffusa ma erronea è quella che una forte reazione dell’organismo con dolori e altri disagi significa che il vaccino sta funzionando. In realtà, i dati provenienti da trial clinici di vari vaccini mostravano che, dell’intero campione dei pazienti che erano stati immunizzati, solo la metà avevano avuto reazioni e sintomi chiari. Allora come mai alcune persone hanno sintomi e altre no? Non si sa bene, questa è l’unica risposta sincera che si può dare. Il problema è che non si conoscono sufficientemente le caratteristiche del sistema immunitario di ogni singola persona e nemmeno la sua percezione del dolore. L’età, il genere, lo stato di salute, l’ambiente questi sono tutti fattori che influenzano la reazione del sistema immunitario. Quello che è probabile è che avremo alcune spiegazioni concorrenti sulle conseguenze dei vaccini, ma non saranno mai risposte certe. Dobbiamo convivere con l’incertezza, avendo chiaro in mente quale sia il grado di rischio e compiendo scelte razionali. Prendere un aereo ha un rischio di incidente inferiore a quello di prendere un auto e guidarla in autostrada. Eppure le persone generalmente temono maggiormente l’aereo che l’auto. Ecco un comportamento irrazionale. Uscire dall’epidemia passa per la nostra capacità di auto-corregere i nostri ragionamenti istintivi ed erronei.

Leggi su panorama.it