martedì, 26 Novembre 2024
Cure e prevenzione. Il tumore al pancreas fa meno paura
Il big killer fa un po’ meno paura. Grazie alla scienza e alla ricerca, che non si ferma mai, il carcinoma del pancreas non è più solo ed esclusivamente una condanna a morte. E se è vero che il numero di ammalati, purtroppo, cresce di anno in anno –sono infatti passati dai 12.500 casi del 2015 ai 14.300 del 2020, per lo più uomini tra i 65 e i 69 anni e donne tra i 75 e i 79- è anche vero che pur restando uno dei tumori più letali e aggressivi, le prognosi sono sensibilmente migliorate.
La terribile patologia che nel 2011 ha ucciso Steve Jobs a soli 56 anni, il tumore che quest’anno ha colpito anche Fedez, costringendolo a un intervento chirurgico pesantissimo (ma per fortuna andato a buon fine, grazie anche a una diagnosi molto precoce) e di cui solo pochi giorni fa si è parlato con grande speranza grazie a una eccezionale guarigione avvenuta in Italia e dovuta alla ricerca su un farmaco biologico sperimentale a bersaglio molecolare, è una delle più grande sfide dell’oncologia mondiale.
C’è però ancora molto lavoro da fare. Innanzitutto sulla prevenzione, dato che l’insorgenza del carcinoma pancreatico è legato a doppio mandato allo stile di vita scorretto, con alimentazione non equilibrata, fumo ed esposizione ad agenti inquinanti. Circa il 10% dei casi, però, sono legati a componenti genetiche: sebbene alcune di queste predisposizioni siano già conosciute, l’assenza di marcatori predittivi o specifici nonché di sintomi facilmente riconoscibili ne ritardano la diagnosi. Questo fa sì che il carcinoma al pancreas sia oggi al quarto posto per mortalità, e si calcola che entro i prossimi dieci anni possa diventare la seconda causa di morte nei Paesi occidentali.
La scienza, però, è al nostro fianco: e per ovviare alle difficoltà che anche la posizione anatomica del pancreas pone davanti a oncologi e chirurghi (è posizionato in profondità, vicino a grosse arterie e vene) si sta cercando di esplorare territori innovativi per migliorare la tecnica chirurgica e aumentare la percentuale di pazienti che possono essere operati con successo. Al momento, infatti, l’intervento è possibile solo per un 20-30% dei malati, numeri che abbinati alla frequente scarsa responsività alle cure, che sono comunque sempre il più possibile integrate tra chemio, radioterapia e -dove possibile- chirurgia, lo rendono ancora uno degli avversari più temibili nel campo della lotta al cancro.
Ecco quindi che, grazie al sostegno di Fondazione Humanitas per la Ricerca e alla collaborazione tra Humanitas University, IRCCS Istituto Clinico Humanitas e Politecnico di Milano si è dato vita a un laboratorio allo scopo di creare quello che viene definito phantom: un modello fisico del pancreas in materiali artificiali, utilissimo per l’addestramento dei chirurghi ma anche per testare fili di sutura e colle che siano adatti e specifici per la chirurgia pancreatica. “Il nostro phantom, che altro non è che una vera e propria replica sintetica di pancreas” sottolinea la prof.ssa Maria Laura Costantino, docente di Bioingegneria Industriale e responsabile del Laboratorio Artificial Organs del Dipartimento di Chimica, Materiali e Ingegneria Chimica “Giulio Natta” del Politecnico di Milano “consente di riprodurre le stesse caratteristiche chimiche, fisiche e meccaniche dell’organo naturale. Questo è fondamentale per poter svolgere training chirurgico, particolarmente utile per i giovani medici. Non solo: il phantom permette di valutare nuovi dispositivi e strumenti chirurgici che possano in futuro consentire di minimizzare molti problemi legati alle complicanze post operatori degli interventi, che purtroppo sono numerose e spesso anche gravi”.
Questo avviene soprattutto perché il pancreas è responsabile della produzione di succo pancreatico, sostanza molto aggressiva, in grado di corrodere le suture. Questo porta a emorragie, infezioni, e anche alla formazione della pericolosa fistola pancreatica, la madre di tutte le complicanze in questo tipo di interventi, che consiste nella mancata chiusura ermetica delle suture: “In un’elevata percentuale di interventi, anche eseguiti in centri prestigiosi e di primissimo livello” continua Costantino “la creazione della fistola crea grossi problemi al paziente nel periodo post-operatorio, e questo accade proprio per l’aggressività del succo pancreatico. I materiali di sutura oggigiorno utilizzati per la chirurgia pancreatica sono gli stessi che vengono utilizzati per altri interventi chirurgici, ma il pancreas è un organo dalle proprietà meccaniche molto particolari: è necessaria quindi una ricerca focalizzata solo su di esso, per poter ottenere risultati significativi. Per compiere un grande passo avanti per qualità di vita e recupero del paziente è necessario quindi riuscire a sintetizzare nuovi materiali da sutura che non danneggino il pancreas stesso e non risentano dell’aggressività chimica del succo, che riesce letteralmente a “digerire” i fili di sutura ad oggi utilizzati”.
Allo scopo di realizzare questo phantom, questa sorta di “manichino” di pancreas in materiale polimerico –del quale al momento non esistono esemplari nel mondo- utile a questi scopi, viene utilizzato un macchinario di prova, che consente di studiare piccole porzioni di tessuto pancreatico fresco per poi arrivare, appunto, alla completa caratterizzazione.
Questa macchina, molto sofisticata e di ultimissima generazione, definita nanoindentometro per tessuti soffici, potrebbe anche -in un futuro prossimo- permettere di caratterizzare, oltre al pancreas, altri organi: gli sviluppi futuri sono quindi molto importanti.
Anche per altri big killer dell’umanità.