domenica, 2 Febbraio 2025
Da À l’intérieur a La casa in fondo al lago: l’horror secondo Alexandre Bustillo e Julien Maury
“Siamo dei grandi fan del genere horror in generale, perciò […] volevamo esplorarlo in maniera più ampia. A essere onesti siamo un po’ stufi dei film horror realistici. Ce ne sono così tanti oggi, e i registi horror hanno dimenticato i filoni dell’horror fantastico o sovrannaturale”. “L’aspetto fiabesco era molto importante per noi. Avevamo alcune idee folli per il film, quindi era importante per noi dare al pubblico la sensazione di partire da un luogo realistico per discendere lentamente in un mondo tutto nuovo”.
Parole dei registi Alexandre Bustillo e Julien Maury, rispettivamente. Parole che potrebbero tranquillamente applicarsi a La casa in fondo al lago, l’ultima loro fatica che arriverà nelle sale il 5 agosto da Notorious Pictures. Ma che invece i registi hanno pronunciato nel 2011, durante un’intervista rilasciata a Collider in occasione dell’uscita di Livide, il loro secondo film. Quel film fu molto discusso perché segnava un deciso cambio di rotta rispetto alla loro opera prima, il controverso, violentissimo e, in un certo senso, epocale À l’intérieur.
Quest’ultimo era stato considerato una pietra miliare della new wave horror francese, uscito in un’epoca in cui il torture porn era il sottogenere di punta dell’horror. Maury e Bustillo ne avevano realizzato una versione personale, con suggestioni slasher che lasciavano anche trasparire il loro amore per Dario Argento e John Carpenter. Quando Bustillo dice “siamo un po’ stufi dei film horror realistici”, perciò, sembra includere nel discorso anche quel loro primo film, quasi fosse un’eredità ingombrante da lasciarsi alle spalle per guardarsi avanti.
E Livide, uscito quattro anni dopo À l’intérieur, faceva proprio questo, abbracciando in maniera più esplicita certo cinema di Dario Argento e virando verso un’abbondante fantasia visiva che tradiva il desiderio di non spiegare le cose, di lasciare tanto alla suggestione.
In seguito, Maury e Baustillo hanno virato verso altri lidi: prima una sorta di versione estrema dei film Amblin anni ’80, Aux yeux des vivants, poi il prequel di Non aprite quella porta, Leatherface, a oggi unico loro lavoro su commissione e non scritto da loro. A questi si aggiunge un segmento di The ABCs of Death 2, che conteneva il loro marchio di fabbrica: un’inquietante storia ambientata in una casa e incentrata su temi famigliari.
Ecco che, dunque, La casa in fondo al lago è un ritorno a temi più tipici del loro cinema dopo questa parentesi creativa. Come in À l’intérieur, il film è ambientato in una casa, che si trasforma in un incubo inestricabile, e al centro c’è una famiglia. Come in Livide, il comparto visivo ha un ruolo centrale: il film è una giostra di invenzioni che mescola riferimenti e scava a piene mani nell’iconografia dell’horror, senza precludersi nulla. Come in Livide, è meno importante il COSA si stia raccontando: è il COME a rendere il film un’esperienza viscerale e coinvolgente. Non importano tanto i motivi che hanno condotto all’orrore a cui assistiamo, quanto l’orrore in sé e per sé. Infine, come in À l’intérieur, ne La casa in fondo al lago sono le immagini a rivelare il male: là era una fotografia, qui… ve lo lasceremo scoprire.
Quello che invece è totalmente unico ne La casa in fondo al lago, e che non si era visto prima nel cinema di Maury e Bustillo, ma nemmeno tanto spesso nel cinema in generale, è l’uso dei set subacquei. Il film è ambientato, appunto, in una casa sommersa da un lago artificiale. Negli Studios Lites di Vilvoorde, in Belgio, lo scenografo Hubert Pouille ha creato ambienti così ricchi di dettagli e così vissuti da rendere il film un’esperienza unica nel suo genere. I due protagonisti, una coppia di youtuber interpretata da James Jagger (sì, il figlio di Mick) e Camille Rowe, si muovono attraverso questi set completamente allagati e la sensazione di claustrofobia è di quelle fitte, ti prende per la gola e non ti lascia andare. In certi punti si avvicina a quella magistrale di The Descent di Neil Marshall.
La casa in fondo al lago è un horror di esplorazione, che di certo guarda al mondo dei videogame ma non dimentica i grandi classici come Le montagne della follia di Lovecraft. La paura e l’angoscia vengono prima di tutto dal visitare un ambiente strano e alieno, e solo poi subentra la minaccia. Ma a quel punto il pubblico è già irretito, già accartocciato sulla poltrona in preda all’iperventilazione. Ma La casa in fondo al lago è anche un film meta-cinematografico. È una giostra, un giro in un’attrazione al luna park che parla di noi spettatori, voyeur assetati di immagini, curiosi fino all’ossessione.
Maury e Bustillo mescolano regia tradizionale e found footage, e anche questo è appropriato se ricordiamo la loro filosofia, quella curiosità di esplorare l’horror tutto per abbracciarne e sovvertirne gli stilemi allo stesso tempo. La stessa curiosità e voglia di osare che li ha portati in passato a fare qualche passo incerto, sempre con in testa l’idea di non ripetersi. La casa in fondo al lago non è da meno: laddove À l’intérieur era un film estremo, compiaciuto nel mostrare sangue e viscere, La casa in fondo al lago preferisce suggerire, confondere, nascondere le rivelazioni più terrificanti nel buio delle profondità, per fare emergere solo i dettagli sufficienti a farci rizzare i peli della nuca.
E va benissimo così. Sarebbe davvero difficile ripetere l’exploit di À l’intérieur. La casa in fondo al lago è una porta verso un altro abisso che potrebbe regalare nuove emozioni forti nel futuro della coppia di registi. Non vediamo l’ora di scoprire nuovi modi di essere terrorizzati.