Da Israele la Jihad lancia un messaggio: sarà un Ramadan di sangue

Sabato inizia il Ramadan e se guardiamo a ciò che sta accadendo in Israele prima della festività islamica, prepariamoci ad un periodo di straordinaria violenza. Il Ramadan in teoria è il mese nel quale i fedeli di religione musulmana dovrebbero approfondire la loro pietà e rinnovare il loro impegno nei confronti di Allah tuttavia, in quanto tale, è spesso associato ad un momento di maggiore attività dei terroristi dal momento che la “jihad contro i non credenti” viene intrapresa come un puro atto di obbedienza. Ma cosa sta accandendo in Israele?

Lo scorso 22 marzo quattro cittadini israeliani sono stati assassinati Beer Sheba da Mohammad Ghaleb Abu al-Qi’an, insegnante 34enne della città beduina di Hura nel deserto del Negev – che ha accoltellato tre delle vittime e investito con la macchina la quarta. L’uomo che è stato ucciso dal conducente di un autobus (che era armato) e che si era fermato per prestare soccorso alla vittime, aveva scontato quattro anni di carcere dopo essere stato arrestato nel 2015, insieme ad complici dalle forze di sicurezza israeliane per aver aver tentato di entrare in Siria dove si sarebbe unito all’Isis inoltre aveva tentato di reclutare degli studenti nell’istituto dove insegnava.

Cinque giorni dopo nella città di Hadera che si trova nel distretto di Haifa a circa 45 km a sud di Haifa ed a circa altrettanti chilometri a nord di Tel Aviv, due arabi israeliani, i cugini Ibrahim e Ayman Aghbarya, hanno ingaggiato un conflitto a fuoco in Herbert Samuel Street uccidendo 2 poliziotti e ferendo seriamente altre dieci persone. In questo caso lo Stato islamico per la prima volta dal 2017, attraverso la sua agenzia stampa Amaq, ha rivendicato l’attacco «Due membri delle forze di polizia (di Stato) ebraiche sono stati uccisi e altri sono rimasti feriti in un attacco di commando» e da giorni sui canali di riferimento dell’Isis si celebrano i due terroristi dei quali sono stati diffusi alcuni video uno dei quali li mostra accanto ad una bandiera dell’Isis, mentre in un immagine uno dei cugini è abbracciato allo sceicco terrorista Raed Sallah, capo del “Movimento islamico-Frazione Nord”, che da poche settimane è tornato in libertà.

Infine a completare la settimana di sangue il 29 marzo 2022 il 27enne palestinese Diaa Hamarsha, terrorista della Jihad islamica che aveva scontato una pena a sei mesi per attività terroristiche e vendita illegale di armi, ha iniziato a sparare con un fucile automatico M-16 sulla persone per strada e prima di essere ucciso dalla polizia è riuscito ad uccidere cinque persone tra cui un agente di polizia. Tre attentati terrorostici in soli sette giorni (ben cinque negli ultimi giorni) è un numero impressionante che fa paura soprattutto se si pensa a cio’ che potrebbe accadere con la rarissima coincidenza di tre festività quali il Ramadan, la Pesach ( la Pasqua ebraica) e la Pasqua cristiana.

Secondo Franco Iacch analista strategico «Le organizzazioni terroristiche inquadrano il divenire all’interno della propria narrativa apocalittica. Se tutto avviene secondo il volere divino, la coincidenza temporale di tre tradizioni di fede potrebbe essere interpretata nella visione jihadista come una propizia occasione da sfruttare per “guadagnare il massimo beneficio durante il Ramadan cosi da raggiungere le più alte stanze del Paradiso”.Tatticamente parlando sono date che facilitano il coordinamento poiché universalmente conosciute nel mondo musulmano. Lo Stato islamico ha decontestualizzato le classiche prescrizioni del Corano per garantire un supporto religioso ad omicidi e missioni di martirio». Quindi nella nuova mentalità radicale islamista continua Iacch «si sostiene la liceità e la natura obbligatoria della jihad nel Ramadan, definito come il “mese di conquista”. Nella distorta reinterpretazione della teologia islamica, l’omicidio durante il Ramadan è considerato un atto devozionale mentre le ricompense saranno triplicate durante la Notte del Destino. Il tema della gloria del martirio è ricorrente nella propaganda jihadista, tuttavia al martire consacrato nella Notte del Destino sarà assicurata la gloria e la redenzione. Laylat al-Qadr rappresenta anche una ottimale finestra temporale per la diffusione dei messaggi (sebbene gli ordini di attacco non abbiano scadenza) delle principali organizzazioni terroristiche».

Il premier israeliano Naftali Benett a proposito degli attentati ha dichiarato «Le nostre forze di sicurezza operano. Combatteremo il terrorismo con determinazione, caparbia e pugno di ferro. Nessuno ci sposterà da qui. Vinceremo» al quale ha fatto eco il leader palestinese Mohmoud Abbas che ha dichiarato “L’uccisione di civili palestinesi e israeliani porterà solo a un ulteriore deterioramento della situazione, soprattutto perché ci stiamo avvicinando al mese sacro del Ramadan e alle festività cristiane ed ebraiche» Non la pensano cosi’ i terroristi di Hamas che per bocca di uno dei molti portavoce su Twitter ha dichiarato «La lotta armata continua, siano benedette le mani degli eroi”. Possibile tutto questo sia una risposta al “Summit del Negev” di domenica e lunedi scorsi nel quale si sono seduti allo stesso tavolo i ministri degli Esteri di Israele, Stati Uniti, Emirati Arabi Uniti, Bahrein, Marocco ed Egitto? Per Hamas e le altre organizzazioni terroristiche si è trattato «del vertice della vergogna al quale abbiamo risposto». Mentre la Pasqua si avvicina in alcune moschee in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza hanno sollevato il takbir, per celebrare «l’operazione a Tel Aviv».

Alzare il takbir significa lodare pubblicamente Allah, di solito nella forma di “Allah hu-Akbar”. Ma di questo nessuno ne parla, meglio non scriverlo perché magari a qualcuno potrebbe venire in mente di smetterla di mandare centinaia di milioni di euro per sostenere l’odio contro gli ebrei. Per qualcuno è sempre meglio continuare a invitare i terroristi a fare conferenze anche in Italia.

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