lunedì, 25 Novembre 2024
Dietro il golpe in Sudan le mire dei terroristi islamici
Dopo mesi di tensioni e di accuse reciproche tra gruppi militari e civili che condividevano il potere dal 2019 dopo la cacciata dell’ex leader Omar al-Bashir l’atteso golpe militare in Sudan è purtroppo arrivato. Così Abdalla Hamdok Primo ministro del Sudan che voleva togliere potere ai militari che controllano tra gli altri il commercio del gas da cucina e l’estrazione di minerali senza contare l’economia sommersa interamente o quasi nelle mani dei soldati, è stato prima trattenuto e poi posto agli arresti domiciliari nella notte tra il 24 e 25 ottobre scorsi da soldati fedeli al generale Abdel Fattah al-Burhan che ha fatto dichiarare al ministero dell’Informazione che ‹‹membri civili del Consiglio sovrano di transizione e un certo numero di ministri del Governo di transizione sono stati arrestati da forze militari congiunte e gli arrestati sono stati condotti in un luogo sicuro››.
Il colpo di mano dei militari era atteso perché da tempo i segnali che la situazione stava per peggiorare erano chiari ed in particolare va ricordato come lo scorso 21 settembre era stato sventato un colpo di Stato ordito (40 arresti tra i militari) , si disse, da membri dell’esercito rimasti fedeli al vecchio sistema di potere che non ha mai accettato di essere stato messo fuorigioco infatti al secondo tentativo, l’operazione è riuscita.
In Sudan tutto o quasi ruota attorno alle forze armate che sono un vero ceto sociale come ci conferma Mario Giro già viceministro degli Affari esteri nei governi Renzi e Gentiloni e profondo conoscitore dell’Africa: ‹‹Abdalla Hamdok che ha studiato economia in America voleva togliere potere all’esercito, voleva ridurne la presenza in settori delicati dell’economia e per questo è stato messo agli arresti. Quando si parla del Sudan occorre ricordare che l’esercito controlla interi pezzi di economia così come accade in Algeria e in Egitto. L’esercito è stato anche in Sudan il motore della modernizzazione negli anni ’60 e ’70, quindi si sente fondatore della nazione. Il vero motivo del contendere, quindi, è puramente legato ad interessi economici; è chiaro che ora i golpisti diranno alla comunità internazionale che non vogliono interrompere la transizione democratica e che vogliono solo che si tenga conto dei loro interessi economici, quindi, è una partita economica. Adesso bisognerà capire come reagirà la società civile se ci saranno manifestazioni sperando che non avvenga un bagno di sangue. Non vanno poi dimenticate le ribellioni etniche del Darfur Khordofan e Beja. Queste stanno provocando da mesi il blocco di Port Sudan solo per fare un esempio››.
Quindi ad Abdalla Hamdok sono state fatali le parole pronunciate solo qualche giorno fa quando nel descrivere il rapporto tempestoso con i militari disse che le indebite ingerenze e le pressioni che il suo Governo sopportava sono state ‹‹la crisi peggiore e più pericolosa che il Paese si trova ad affrontare nel corso della sua transizione››. In un recente report dell’Istituto per gli studi di politica internazionale (ISPI) vengono mostrate le cifre che provano come il Sudan sia alle prese con una grave crisi economica e sociale che sta tutta nei numeri: 388% di tasso di inflazione, 50 miliardi di dollari di debito estero, 17.7% di disoccupazione e una crescita dell’economia per il 2021 pari allo 0.9%. Tutti numeri che i gruppi islamisti guardano con interesse per soffiare sul fuoco del malcontento popolare. E adesso che accadrà?
Tutto può accadere; dall’annuncio del golpe centinaia di persone si sono date appuntamento così come fatto nelle scorse settimane nelle piazze e nelle strade della capitale Khartoum per protestare contro il Governo dei militari e contro gli arresti, un fatto al quale le milizie filogovernative hanno risposto sparando sulla folla (si parla di 7 morti e almeno 80 feriti) bloccando per ore le strade principali che portano al quartier generale della Difesa e tagliando internet. La situazione resta tesissima a Khartoum e nel resto del Paese in attesa che qualcosa accada. Il segretario di Stato americano Anthony Blinken ha condannato il colpo di Stato dell’esercito: «Tradimento della rivoluzione pacifica» e la stessa condanna è stata espressa dall’ONU e dall’Unione Europea. Gli Stati Uniti nel chiedere l’immediato rilascio dei dirigenti politici arrestati dai militari, tra cui anche il premier Hamdok, hanno comunicato ‹‹di aver sospeso qualsiasi aiuto al Sudan››.
Quel che è certo è che l’ormai ex Primo ministro del Sudan non potrà vedere i risultati dei quali solo un mese fa parlava: ‹‹Ora abbiamo stabilizzato la moneta, dopo fluttuazioni violente, l’inflazione sta cominciando a calare e man mano che apriamo la nostra economia, arriveranno investimenti dall’estero. Crediamo che il peggio sia passato››. Non aveva fatto i conti con Forze di supporto rapido (Rsf) e con gli uomini dell’presidente Omar al-Bashir.