Dopo mesi di neutralità Israele si schiera con Zelensky, ma nn chiude a Putin

Il ministro degli Esteri israeliano Eli Cohen è arrivato a Kiev dove ha incontrato il presidente Volodomyr Zelensky. É la prima volta che un esponente israeliano arriva in Ucraina dall’invasione russa del Paese. Cohen -secondo quanto dichiarato da un portavoce- annuncerà la riapertura dell’ambasciata israeliana a Kiev ma non solo: Israele aiuterà Kiev a sviluppare un sistema di allarme aereo precoce e investirà 200 milioni di dollari nel settore sanitario e delle infrastrutture civili dell’Ucraina. Inoltre la prossima settimana sosterrà l’iniziativa del presidente Zelensky alle Nazioni Unite che richiede il ritiro completo della Russia da tutti i territori in Ucraina, inclusi quelli orientali.

La notizia della visita del ministro degli Esteri israeliano a Kiev ha mandato su tutte le furie Mosca che vede sempre più allontanarsi lo Stato ebraico con il quale i rapporti fin dall’inizio dell’ascesa di Vladimir Putin al potere (il leader più filo israeliano di sempre), le relazioni diplomatiche, commerciali e culturali si sono sempre fatte più forti con evidente fastidio degli Stati Uniti. Ma con l’invasione russa dell’Ucraina è cambiato tutto: la fornitura di armi, munizioni e l’uso da parte della Russia contro l’Ucraina di droni-kamikaze forniti dall’Iran ha fatto precipitare lo stato dei rapporti tra Mosca e Gerusalemme.

Un rapporto quello tra Ucraina e Israele comunque controverso come racconta sul Jerusalem Post Mark Dubowitz, amministratore delegato della Foundation for Defense of Democracies (FDD): «L’Ucraina dovrebbe imprimere una svolta rispetto al suo passato comportamento di voto contro Israele sulle risoluzioni delle Nazioni Unite promosse dai palestinesi. Dal 2015, l’Ucraina ha votato contro Israele 105 volte, ovvero nel 79% del totale delle risoluzioni relative allo Stato ebraico. Ad esempio -continua Dubowitz- lo scorso novembre una commissione delle Nazioni Unite ha approvato, con il sostegno dell’Ucraina, una risoluzione che disconosce le rivendicazioni israeliane su Gerusalemme e chiede alla Corte Internazionale di Giustizia di esprimersi sulla legittimità della presenza di Israele in Cisgiordania. Quando, alcune settimane dopo, l’Assemblea Generale dell’Onu ha approvato la risoluzione, l’Ucraina non ha partecipato al voto: un timido tentativo di ricucire i legami con Israele senza suscitare le ire della maggioranza automatica delle Nazioni Unite che ha approvato la risoluzione». In Israele vivono centinaia di migliaia di ebrei ucraini, uno su tutti lo stesso presidente Volodymyr Zelensky e non di rado tra le vittime degli attentati compiuti dai terroristi palestinesi ci sono proprio degli ucraini; il 27 gennaio 2023 fuori da una sinagoga nel quartiere Neveh Ya’acov di Gerusalemme dove un terrorista palestinese ha ucciso sette presone tra le quali l’ucraina Irina Korolova che lavorava in Israele come badante; in precedenza, il 29 marzo 2022, quando un terrorista arrivato dalla Cisgiordania armato con un fucile d’assalto M-16 ha ucciso due operai edili ucraini Dmitri Mitrik, 24 anni, e Victor Sorokopot, 32 anni, per poi uccidere un agente di polizia e due cittadini israeliani.

Vero che i terroristi erano palestinesi ma chi li ha armati? Come scrive Mark Dubowitz: «La Repubblica islamica dell’Iran è il principale sponsor straniero dei gruppi terroristici palestinesi Hamas e Jihad Islamica ed è implicata nel traffico di armi da fuoco che affluiscono in Israele e Cisgiordania. Dopo il conflitto di 11 giorni tra Israele e Hamas del maggio 2021, il gruppo terroristico palestinese che controlla Gaza ha pubblicamente ringraziato l’Iran per avergli fornito denaro, armi e tecnologia. Nel 2020, il governo degli Stati Uniti ha riferito che l’Iran fornisce complessivamente 100 milioni di dollari all’anno a gruppi terroristici palestinesi, tra cui Hamas e Jihad Islamica. Nel 2019, gli Stati Uniti hanno sanzionato operatori finanziari legati a Hamas accusati d’aver convogliato decine di milioni di dollari dal regime iraniano al gruppo jihadista per attacchi terroristici originati dalla striscia di Gaza». Fino ad oggi Israele ha supportato l’Ucraina accogliendo migliaia di profughi di guerra ucraini, inviando ambulanze blindate e altri aiuti umanitari, colpendo le fabbriche iraniane dove si producono droni e missili, oltre ad aver fornito fondamentali informazioni di intelligence ai servizi segreti ucraini. L’Ucraina però vuole di più, ma per lo Stato ebraico gli ostacoli sono molteplici. Prima di tutto Kiev deve prendere atto che Israele combatte ogni mattina la sua guerra contro i terroristi palestinesi armati e finanziati da Teheran, che colpiscono la popolazione civile e non può certo sguarnire le difese interne, inoltre fornire
armi agli ucraini provocherebbe la reazione russa in Siria dove gli israeliani colpiscono (con l’assenso silenzioso dei russi) le postazioni iraniane. Questo delicatissimo equilibrio potrebbe rompersi in caso di fornitura diretta di armamenti israeliani all’Ucraina visto che Mosca ha più volte affermato «che chiunque fornisca armi all’Ucraina sarà considerato un obiettivo legittimo per le forze armate russe schierate in Siria». Anche di questo parleranno Eli Cohen e il presidente Volodomyr Zelensky.

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