Draghi alla Marmolada annuncia impegni sul clima mentre si cercano i dispersi

Continuano senza sosta le ricerche dei dispersi nella tragedia della Marmolada, dove un seracco di ghiaccio grande quasi come due campi di calcio si è staccato travolgendo 30 persone che si trovavano a percorrere i sentieri sottostanti. Il bilancio purtroppo ancora parziale è di 8 vittime, di cui tre identificati, 8 feriti di cui due in condizioni delicate e purtroppo ancora 13 dispersi sulle quali ci sono poche speranze di poterli trovare in vita. Le tre vittime identificate sono Filippo Bari, guida alpina, Tommaso Carollo e Paolo Dani.

Il premier Mario Draghi si è recato di persona a Canazei per vedere da vicino il luogo della tragedia. «Certamente dipende dal deterioramento dell’ambiente e dalla situazione climatica. Il Governo deve riflettere e prendere provvedimenti perché quanto è successo abbia una bassissima probabilità di succedere e anzi venga evitato».

Parallelamente alle ricerche è andato avanti anche il lavoro della Procura di Trento che ha aperto un’inchiesta per fare luce sull’acccaduto, Sono in molti a chiedersi infatti come mai, in un giorno di picco di calore annunciato dai meteorologi, siano state comunque autorizzate escursioni nella zona. Una valutazione difficile anche per gli studiosi che considerano il distacco di una parte della montagna come un fenomeno naturale dovuto in parte al cambiamento climatico che ha fatto aumentare le temperature. Il caldo record della giornata di ieri infatti ha certamente influito a sciogliere il ghiaccio che ha portato al collasso del seracco ma allo stesso tempo si continua a pensare se ci sia stato anche un errore umano perché sono davvero in pochi ad avere considerato che salire con quella temperatura avrebbe potuto essere pericoloso.

«Il seracco si è staccato sotto punta Rocca cadendo sulla via principale di salita della Marmolada – spiega Jacopo Gabrieli Ricercatore presso l’Istituto di Scienze Polari del CNR – Dal punto di vista tecnico i seracchi sono considerati instabili nel senso che i crolli sono uno dei problemi principali delle escursioni alpinistiche e non è possibile capire quando vadano a collassare. In pratica non si poteva prevedere, perché sono elementi dei ghiacciai profondamente instabili e oggi lo sono ancora di più a causa dei cambiamenti climatici».

Come hanno influito i cambiamenti climatici?

«C’è un caldo eccezionale. Siamo a giugno e abbiamo temperature in quota come nel mese di agosto che fanno si che ci sia acqua liquida che percola tra gli strati della montagna. Quindi se è pur vero che i seracchi cadono naturalmente i cambiamenti climatici influiscono su questo fenomeno».

Viste le temperature secondo lei la decisione di salire in vetta da parte degli alpinisti non è stata poco prudente?

«Ma direi di no, sicuramente le condizioni saranno state valutate al momento dalla guida alpina, magari ci devono essere delle accortezze maggiori. Io ad esempio non avrei avuto nessun problema ieri ad andare alla Marmolada ma se ci penso ora ho i brividi. Comunque resta il fatto che oggi ne parliamo perché ci sono state delle vittime se fosse capitato di notte nessuno lo saprebbe. L’aspetto del cambiamento climatico purtroppo si ripercuote ovunque. Oggi i ghiacciai, domani il mare e le meduse. Allora cosa facciamo non usciamo piu? Dobbiamo imparare ad adattarci, a prendere atto che la situazione è cambiata. Molte vie tradizionali probabilmente non saranno più percorribili. In Svizzera qualche settimana fa è caduto un seracco e sono morti due alpinisti e certamente al crollo avrà contributo anche il caldo ma dobbiamo abituarci. Alcuni ghiacciai come quelli della Valle D’Aosta sono monitorati perché sotto ci sono dei paesi ma sarà questa l’evoluzione generale e non c’è un piano. Il messaggio che dovrebbe passare è di cambiare abitudini dopo questo dramma. Si deve programmare il futuro in considerazione dei cambiamenti climatici e studiare tutte le azioni in grado di contrastarli».

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